Stranieri… non estranei
Venerdì 30 aprile scorso al Centro Leonardo da Vinci di San Donà di Piave, organizzata dal Comitato del Veneto Orientale per l’Immigrazione, Conferenza Sindaci della Venezia Orientale e patrocinata dal Comune di San Donà di Piave, si è tenuta una tavola rotonda su alcuni spunti di riflessione, richiamati dal volantino che la pubblicizzava: “L’Arcobaleno della Cittadinanza (Progetto popoli & Culture), esperienze di cittadinanza condivisa; le vie per una convivenza solidale riconoscendo la ricchezza multiculturale“.
Come ha ricordato nell’introduzione il presidente del Comitato, Antonio Sforzin, che si è attivato per organizzare la serata, le prime esperienze con gli immigrati nella nostra città risalgono al 1989, a flussi appena iniziati, quando si tenne un primo corso di lingua italiana alla Scuola L. Schiavinato; in seguito venne avviato l’ufficio immigrati presso le ACLI di San Donà e quindi fondato l’attuale Comitato per l’immigrazione, cui aderiscono una trentina di associazioni del Sandonatese, tra le quali una decina di stranieri.
Don Giancarlo Ruffato, moderatore della tavola rotonda, ha avviato gli interventi, ricordando l’importanza di “pensare insieme, essendo diversi”. Egli ha sottolineato che, dopo i primi anni di “emergenza”, in cui si è puntato soprattutto ad una buona accoglienza, è ora tempo di passare ad una buona politica dell’immigrazione.
Al tavolo, oltre al moderatore, erano presenti l’assessore Leo alle Politiche sociali ed i rappresentanti dei rumeni, marocchini, nigeriani e bengalesi, alcuni di loro già cittadini italiani.
Il filo comune degli interventi è stata la preoccupazione per l’attuale crisi economica, che ha costretto molti degli immigrati a ritornare nel loro Paese o comunque a dover affrontare come singoli o come famiglia grandi difficoltà dovute al momento presente: il dover pagare l’affitto, la spesa, le bollette, ecc. avendo perso il lavoro. Alcune associazioni di San Donà stanno svolgendo un prezioso lavoro di aiuto in questa situazione emergenza.
Una richiesta diretta all’amministrazione comunale è stata quella di assicurare degli spazi per feste e momenti di ritrovo dove poter rivivere assieme le proprie tradizioni d’origine e farle vivere ai propri figli.
Nonostante le difficoltà del momento, molti degli (ex)immigrati presenti hanno espresso il sostanziale raggiungimento delle aspettative sperate quando arrivarono nel nostro Paese (anche da clandestini) e quindi un senso di gratitudine per le possibilità di lavoro, per gli aiuti ricevuti e per gli amici incontrati in Italia.
In particolare, Daniel Saboanu ha richiamato alcune esperienze vissute nella nostra città: l’accoglienza e la possibilità di lavorare nei sindacati, nelle associazioni di volontariato (quale l’ASTEA); alcune edizioni della festa tra immigrati ed italiani vissute nell’Oratorio Don Bosco; le trasmissioni a Radio San Donà; la collaborazione nel Forum della Città del Piave; la Messa dei popoli in Duomo… Queste, assieme ad altre, sono occasioni concrete per costruire l’integrazione.
Ora però sorgono preoccupazioni per i figli, che si trovano a chiedere ai propri genitori il perché sono accusati, quando si crea una cultura del sospetto verso un’intera nazionalità, in seguito a fatti di cronaca. Altro motivo di pensiero è legato alla cittadinanza incompleta dei figli: al compimento della maggiore età si “scoprono” stranieri, nonostante siano nati in Italia, siano andati a scuola e abbiano vissuto sempre qui, in questa terra e cultura. In Italia, infatti, non c’è il riconoscimento del diritto di territorio, secondo cui un bambino nato in una determinata nazione ne acquisisce automaticamente la cittadinanza. È grande il rischio che i diritti non riconosciuti possano portare a fatti come quelli della sommossa di Parigi di qualche anno fa…
Alcune ulteriori considerazioni sintetiche possono completare quanto è emerso, anche con gli interventi del pubblico, e magari fornire alcune linee di intervento:
– c’è ancora molto da lavorare per prevenire il luogo comune degli “immigrati” tutti uguali, appartenenti quasi ad una categoria omogenea. In realtà esistono grandi diversità tra le numerose nazionalità e, poi, tra le diverse persone, ognuna con il suo proprio carattere, esperienze, origini. Ciò implica che ancora, soprattutto tra adulti, è necessaria maggiore conoscenza, scambio. A questo proposito, i corsi di lingua, oltre a servire a superare il grande ostacolo della possibilità di comunicazione, sono belle occasioni di conoscenza reciproca, personale.
– Viene manifestato un desiderio di dialogo anche tra le diverse associazioni di immigrati, per discutere e condividere le difficoltà, per trovare soluzioni comuni e condivise, e anche per promuovere campagne unitarie contro problemi quale quello della droga… Si è proposta l’idea di un sito delle associazioni di immigrati e di creare occasioni di festa per la promozione delle diverse culture.
– C’è da lavorare con progettualità e sinergia tra associazioni, sindacati, amministrazioni, ecc. per attuare il sostegno del lavoro, della scuola…
– Notando la quasi assenza delle donne all’incontro, si è presa l’occasione per lanciare la proposta di un maggiore loro coinvolgimento anche nelle attività scolastiche, nei gruppi di genitori che collaborano nella scuola.
– C’è da crescere tutti (italiani e immigrati) nelle regole della convivenza, ossia nell’educazione allacittadinanza. Senza le basi di un rispetto per le persone, per le istituzioni, per le regole della vita comune, dei rapporti di lavoro, non si può nemmeno iniziare a costruire integrazione.
– C’è in ogni caso una grande speranza per il futuro delle nuove generazioni, cui i genitori hanno aperto la strada in questo Paese che li ha aiutati e che a loro volta cercano di aiutare. Il cammino dell’integrazione va fatto assieme, superando la distinzione tra “noi” e “loro”.
A cura di Marco Franzoi