Oratorio don Bosco

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19 Novembre 2023La comunità in festa per Bepi Arvotti alla S. messa delle 9.30 La festa per i 90 anni di Bepi Arvotti, fratello salesiano Domenica 19 novembre 9.30 S. messa in Duomo: Ascolta l'omelia della messa Ascolta i saluti e messaggi inviati a Bepi Le foto della messa10.30 Spostamento all'Oratorio don Bosco e festa  Bepi Arvotti ringrazia tutti per la festa in occasione dei suoi 90 anni https://youtu.be/2LQIvN7_rx8 [...]Continua a leggere…
1 Maggio 2022Omelia di don Silvio Zanchetta Saluto e ringraziamenti di don Paolo Carnio Ringraziamenti di don Filippo Spinazzè [...]Continua a leggere…
31 Agosto 2020Come comunicato dal Rettor Maggiore don Artime (18 aprile 2020), il 17 febbraio 2020 si è aperta ufficialmente la Causa di beatificazione del salesiano mons. Giuseppe Cognata. Tra i vescovi consacranti nell’ordinazione episcopale di mons. G. Cognata nella Basilica del Sacro Cuore a Roma il 23 aprile 1933 vi era anche il Venerabile mons. Luigi M. Olivares (1873-1943), salesiano dall’amabilità del tratto, l’affabilità del volto e la delicatezza d’animo (cfr. don P. Cameroni, “Come stelle nel cielo”, pag. 206). In particolare ricordiamo mons. Olivares per la sua presenza sei anni prima (il 15 maggio 1927) ai festeggiamenti ed alla cerimonia della posa della prima pietra dell’Oratorio Don Bosco, quando i Salesiani ancora non erano arrivati a San Donà di Piave.  Infatti, il consiglio generale di Torino presieduto dal Rettor Maggiore – il Beato don Filippo Rinaldi (che mons. Saretta incontrò a San Donà l’1 giugno 1926) – approvò la loro venuta solo il 24 agosto 1928. Ebbene, il nuovo Servo di Dio mons. Giuseppe Cognata fu all’Oratorio di San Donà domenica 21 novembre 1971, solennità di Cristo Re, per l’ordinazione sacerdotale di don Bruno Zamberlan: si tratta della prima ed unica ordinazione sacerdotale che si è tenuta nella chiesa dell’Oratorio. Don Bruno è uno dei ragazzi che frequentavano il suo cortile e allora veniva ordinato sacerdote salesiano. In uno dei cartelli di cui era ornato l’Oratorio per l’occasione si leggeva: “L’Oratorio che ti vide spensierato fanciullo ti riceve oggi Ministro del Signore”. Originario della frazione Fiorentina, don Bruno completò i suoi studi religiosi in Uruguay, partendo come novizio da San Donà nel 1959, assieme all’amico e confratello salesiano Antonio Cibin. La Santa Messa dell’Ordinazione iniziò alle ore dieci, con dodici salesiani concelebranti, mons. Silvio Barbisan – cerimoniere del vescovo di Treviso – e l’Ispettore salesiano dell’Uruguay. Mons. Cognata presiedette l’Eucarestia ed impose le mani. La corale del Duomo eseguì con solennità i canti, mentre la chiesa dell’Oratorio era stipata da una gran folla di fedeli, tra i quali i genitori, i parenti ed i ragazzi delle associazioni. In quell’occasione, nella chiesa dell’Oratorio fu definitivamente smantellata la balaustra che delimitava il presbiterio, secondo la  riforma liturgica del Concilio Vaticano II. La festa per il novello sacerdote continuò alle 12.30 con il pranzo in refettorio con oltre cento invitati. Don Bruno celebrò la sua prima S. Messa per i giovani alle 8.45 in quella stessa chiesa dell’Oratorio domenica 12 dicembre. Di lì a breve ritornò in Uruguay… Mons. Giuseppe Cognata visse molti anni nel silenzio e nascondimento, sopportando nella fedeltà una pesantissima prova. Nativo di Agrigento, egli conobbe i Salesiani da fanciullo e ne divenne parte dal 1901. Nel 1908 emise i voti perpetui alla presenza del Beato don Michele Rua, primo successore di San Giovanni Bosco; l’anno successivo fu ordinato sacerdote. Papa Pio XI nel 1933 lo nominò vescovo di Bova, diocesi povera e disagiata nell’Aspromonte calabrese, dove si viveva una vita quasi primitiva. Nello stesso anno mons. Cognata diede inizio alle Suore Salesiane Oblate del Sacro Cuore, che lo aiutarono nell’impegnativo lavoro pastorale. Segretamente, mons. Cognata da anni si era offerto vittima a Dio per il ritorno del padre massone alla vita cristiana ed ai Sacramenti. Alcuni anni dopo arrivò la durissima e lunghissima prova causata da aspre calunnie. Contro di lui, infatti, nel 1939 si scatenò una bufera che gli causò il divieto di governo del suo Istituto religioso e la rinuncia alla diocesi. Il Vescovo accettò in silenzio e si offrì, come modello di perfetta obbedienza ed oblazione. Accolse il suo nuovo stato di vita come compimento del voto fatto a Dio per ottenere la grande grazia della conversione del padre, che morrà credente. Dal 1952 al 1972 venne accolto nell’Istituto Salesiano E. di Sardagna di Castello di Godego (TV), dove svolse un assiduo ed apprezzato ministero di confessore e guida spirituale. Sino alla morte, egli visse nella preghiera, nell’umile e fecondo lavoro sacerdotale. Chi lo avvicinava aveva l’impressione di aver incontrato un santo, della dolcezza di San Francesco di Sales, devotissimo all’Ausiliatrice e grande maestro d’intimità con Gesù. Intanto, nel 1962, chi lo aveva calunniato, prima di morire ritrattò tutto quello che aveva detto contro di lui. Giovanni XXIII, con grande gioia, riabilitò mons. Cognata, il quale poté così partecipare dal 1963 al 1965 al Concilio Vaticano II su invito di Paolo VI, che il 6 agosto lo aveva nominato vescovo di Farsalo. Il 29 gennaio 1972 – due mesi dopo l’ordinazione di don Zamberlan all’Oratorio di San Donà – mons. Giuseppe Cognata ebbe la gioia di vedere l’Istituto delle Suore Oblate ottenere il pieno riconoscimento pontificio. Il 22 luglio di quell’anno, si spense a Pellaro (Reggio Calabria), la sede iniziale dell’attività missionaria delle Salesiane Oblate. Il vescovo salesiano mons. Tito Solari, che lo conobbe nei suoi anni a Castello di Godego, ha detto di lui: “Nel suo cuore, nel dolore più profondo, è maturato un amore straordinario: comprensivo, paziente, tenero, forte e allo stesso tempo dolce. Come Gesù sul Calvario: così è vissuto negli anni dell’esilio.” È innegabile che nella sua storia l’opera salesiana di San Donà “vanti” ottimi protettori. Marco Franzoi [...]Continua a leggere…
18 Agosto 2020Mostra sulla vita di don Valerio Caramaschi in occasione del 25° anniversario della morte, attraverso i suoi dipinti, le opere d’arte, le omelie e altri documenti. Chiesa dell’Oratorio don Bosco da sabato 22 agosto a sabato 5 settembre Presentazione della mostra e della figura di don Valerio a cura di don Riccardo Michielan domenica 23 agosto ore 18.00 nell’Aula Magna dell’Oratorio don Bosco. Link ad altri articoli su don Valerio Caramaschi in questo sito [...]Continua a leggere…
16 Agosto 2020Santa messa di insediamento di don Nicola Munari, nuovo direttore dell’Oratorio don Bosco. Sabato 22 agosto ore 19.00 Chiesa dell’Oratorio Benvenuto don Nicola! [...]Continua a leggere…
26 Gennaio 2020 Ascolta l’omelia di mons. Enrico dal CovoloSan Giovanni Bosco, la cui festa liturgica è il 31 gennaio che quest’anno cade di venerdì, si è festeggiato solennemente in Duomo con la partecipata Messa delle 9.30: il 26 gennaio è anche la prima domenica della Parola, voluta da Papa Francesco. Ha presieduto l’Eucarestia mons. Enrico dal Covolo, Vescovo salesiano titolare di Eraclea (Cittanova) ed originario di Feltre. Tra i sacerdoti concelebranti, oltre all’Arciprete mons. Paolo Carnio, vi erano anche i tre sandonatesi don Francesco Cibin (da Natal, Brasile), don Alberto Maschio (da Belluno) e don Alberto Poles (da Verona); poi c’erano don Massimo Zagato direttore dell’Oratorio, il parroco di Mussetta don Edmondo Lanciarotta,  don Lorenzo Camporese (Parroco di Casarsa), don Gianfranco Coffele sdb, don Franco Campello sdb, don Lorenzo Piola sdb, don Michele Peruzzi sdb e don Gino Busatto. L’occasione della festa è stata doppia, perché ricorrono anche i sessant’anni di presenza nell’Oratorio del salesiano coadiutore Giuseppe (Bepi) Arvotti che, dall’allora Ispettore don Fava, fu inviato “provvisoriamente” a San Donà arrivandovi l’1 febbraio 1960. Ha la sua verità, quindi, la risposta ad alta voce di un bambino quando il Vescovo ha chiesto chi si festeggiava: “Bepi!” seguito dal sorriso ed applauso di tutti. Ha poi ricordato il direttore dell’Oratorio don Massimo che per conoscere don Bosco a San Donà bisogna conoscere Bepi… Alla fine dell’Eucarestia, prima delle note dell’inno a Don Bosco “Giù dai colli” intonato dalla Banda dell’Oratorio, è stata consegnata una pergamena di augurio di Papa Francesco portata da Roma dallo stesso mons. Dal Covolo. In un altro momento di festa tenutosi poi nel teatro dell’Oratorio il Sindaco Andrea Cereser ha consegnato a Bepi Arvotti le chiavi della città.  M.F.         Link di approfondimento al sito dell’Oratorio don Bosco:Le foto della festa In festa con Don Bosco…e con Bepi! (di Giando) Celebrare la paternità di don Bosco  (di Wally Perissinotto) [...]Continua a leggere…
19 Gennaio 2020DOMENICA 26 GENNAIO Insieme a don Bosco si festeggiano i 60 anni di Giuseppe “Bepi” Arvotti a San Donà: 9.30 S. Messa in Duomo 11.30 Sorpresa in Teatro “don Bosco” La sua presenza, il suo carisma ed il suo entusiasmo tra noi da 60 anni. Grazie!Bepi Arvotti premiato dal Rotary nel cinquantennale (2010) Il nostro Bepi – Intervista del C.F.P. don Bosco [...]Continua a leggere…
21 Agosto 2019A SUO TEMPO TUTTO COMPRENDERAI SABATO 31 AGOSTO 2019 ore 15.00 Nel Duomo di Santa Maria delle Grazie professione perpetua di alcuni religiosi e religiose salesiani: Silvia Celotto fma, Claudia Simonetto fma, Gloria Tibaldi fma, Giovanni Marchetti sdb, Marco Mazzorana sdb, Doriano Peruzzi sdb, Giovanni Filippo Pojer sdb, Filippo Spinazzè sdb (vedi sul sito Donboscoland) [...]Continua a leggere…
22 Febbraio 2018Segnaliamo un bel articolo di Famiglia Cristiana: racconta come don Alberto Maschio, salesiano sandonatese e direttore del nostro Oratorio don Bosco dal 2007 al 2013, ha fatto rifiorire l’oratorio a Schio (Vicenza), che ora è diventato una risorsa per tutta la comunità. Ha cominciato dalla presenza costante accanto ai giovani e da regole chiare: «La prima è salutare e rispettare l’ambiente», ragazzi e genitori l’hanno seguito. È segretario, centralinista, custode, direttore di una comunità di nove religiosi, economo, incaricato dell’oratorio e fa anche… il prete. «Ma, prima che sacerdote, sono diventato salesiano», precisa. Alla base di tutto pulsa il “cuore oratoriano” di un uomo che ha trascorso buona parte della vita in oratorio, prima da ragazzino, poi da sacerdote. Forte delle esperienze a Porto Viro (Rovigo) e a San Donà di Piave (Venezia) — «il più bell’oratorio del mondo», dice orgoglioso. Alcuni passaggi dell’intervista a don Alberto: «L’oratorio deve rispondere a un bisogno di educazione, quindi deve avere una proposta chiara, cristiana. Chi sceglie noi, è perché percepisce nelle nostre attività uno spirito educativo, accogliente. Questo significa una presenza costante, devi esserci tutti i pomeriggi. Il nostro oratorio è sempre aperto, anche a Natale e Pasqua. E io sono qua, anche se ci sono solo tre ragazzi. Vuol dire trascorrere tutta l’estate fra campi scuola e Grest. Non ricordo di aver mai fatto ferie personali». Il prete non può fare tutto da solo. Io provoco i laici: “Iscrivi tuo figlio all’oratorio, e tu cosa fai? Non ti lasci coinvolgere?”. Così è nato il gruppo adulti, una quarantina di persone. Chiedo loro un cammino di fede, di comunione e di servizio… Leggi tutto l’articolo nel sito di Famiglia Cristiana [...]Continua a leggere…
28 Gennaio 2018La tradizionale festa in ricordo di San Giovanni Bosco ha un carattere particolare in questo 2018, a 130 dalla morte del Santo, avvenuta il 31 gennaio 1888: ed è appunto una Festa perché per la fede è una “salita al Cielo”, cioè un ritorno al Padre. Come ricordato dal direttore dell’Oratorio, don Massimo Zagato, all’inizio dell’Eucarestia in Duomo, proprio il 24 settembre di quest’anno si ricordano i 90 anni dall’arrivo dei primi tre Salesiani a San Donà, accolti con gran giubilo ed onori. Anche il parroco don Paolo Carnio, che ha presieduto la Messa, ha ricordato l’instancabile zelo di mons. Saretta per volere i Salesiani nella cittadina che aveva ereditato dalla prima guerra mondiale distruzioni, fisiche e morali, e un gran stuolo di orfani. Per offrire a questi ragazzi dei ceti popolari un’educazione per divenire onesti cittadini e buoni cristiani, il parroco di allora aveva pensato con lungimiranza al metodo educativo di don Bosco e quindi ai suoi “figli”, i Salesiani. E quest’anno, sono appunto trascorsi 100 anni dalla fine di quella tragica guerra, terminata la quale il dott. Pietro Perin, cooperatore salesiano, regalò all’amico mons. Saretta una statua dell’Ausiliatrice con il Bambino Gesù. Nell’anno di combattimenti nel Basso Piave 1917-18, il Perin era rimasto assieme alla popolazione rimasta in territorio invaso dagli asburgici, come i sacerdoti e le suore di San Donà. E quella fu la statua che Saretta mise nel centro del Duomo per ottenere la grazia dell’arrivo dei Salesiani. Già, perché dalla richiesta al definitivo loro arrivo trascorsero ben otto anni! La conferma della tanto desiderata venuta dei religiosi si ebbe solo nell’agosto 1928 e allora mons. Saretta, che tanto si era prodigato, proferì con gioia incontenibile ai superiori di Torino: “Grazie! Stamattina quando ho ricevuto la sua desideratissima da Torino, ho pianto di consolazione. È un mese che la statua dell’Ausiliatrice stava esposta, in mezzo alla chiesa, perché il popolo la invocasse con particolare fervore e secondo la mia intenzione. E la buona madre celeste ha finalmente esaudito i miei voti più ardenti” . È la statua collocata nell’omonimo altare del Duomo, portata in processione nella festa patronale del 24 settembre. In questa domenica 28 gennaio la festa è continuata con la benedizione della nuova statuetta dell’Ausiliatrice, collocata in alto quasi a benedire e proteggere quanti frequentano l’Oratorio. È una copia (prodotta nella “Scuola del marmo” gestita dai salesiani a Sant’Ambrogio di Valpolicella) della statuetta della “Madonna portinaia” posta all’entrata dell’Oratorio, fatta collocare dal direttore don Moretti nel 1949. Egli insegnava ai suoi ragazzi a salutarla prima di entrare: “Ave Maria, Santa Maria”… Sempre alla presenza del parroco don Paolo e del sindaco Andrea Cereser, il direttore ha benedetto gli ultimi lavori completati lo scorso anno: la manutenzione delle murature esterne e l’adeguamento ad aule scolastiche degli ambienti dell’ultimo piano dell’ala più recente. Concludendo la piccola cerimonia, don Massimo ha ringraziato i Sandonatesi per il bene che vogliono a quest’opera educativa e per quanti hanno contribuito per il buon esito degli interventi, annunciando anche i prossimi lavori di risistemazione del porticato presso il campo da calcio in programma per i prossimi mesi estivi. L’immancabile pioggia di caramelle non poteva non coronare nel migliore stile salesiano la bella mattinata di Festa. Marco Franzoi omelia di Mons. Paolo Carnio alla messa per la festa di San Giovanni Bosco, Duomo ore 9:30 ringraziamento di don Massimo Zagato Inno a don Bosco svelamento statua Maria Ausiliatrice Discorso don Massimo Zagato saluto del sindaco Andrea Cereser benedizione statua Maria Ausiliatrice    Vedi altre foto nel sito web dell’Oratorio don Bosco [...]Continua a leggere…
18 Maggio 2017Il 15 maggio del 1927 si teneva la cerimonia della posa della prima pietra dell’Oratorio Don Bosco di San Donà di Piave. Ripercorriamo i tratti essenziali delle vicende che portarono alla chiamata dei Salesiani a San Donà e quindi alla costruzione dell’edificio che per tutti i Sandonatesi è l’”Oratorio”. La storia dell’Opera salesiana di San Donà di Piave, l’Oratorio Don Bosco appunto, non può non iniziare richiamando il nome di mons. Luigi Saretta, l’arciprete che guidò il popolo sandonatese per 46 anni (1915-1961), attraverso due guerre mondiali. Da giovane insegnante a Treviso, don Saretta aveva conosciuto con interesse ed ammirazione il metodo educativo di don Bosco. Dopo le distruzioni della prima guerra mondiale, combattuta nel territorio nell’anno 1917-18, il parroco di San Donà era pressato dall’esigenza di raccogliere e educare i tanti ragazzi orfani, privi di un’adeguata istruzione e spesso anche di una casa. Già nel 1916 Saretta sarebbe stato ricevuto assieme a tre giovani dal Rettor Maggiore don Albera, a Torino, per il suo progetto per una Casa per i giovani. Il 13 settembre 1920 il parroco scrisse un’accorata lettera ad un superiore salesiano, probabilmente l’Ispettore don Giraudi: “(…) Confidando nella provvidenza divina ho stanziato subito la costruzione di un orfanotrofio, dove raccogliere i fanciulli orfani per mantenerli ed educarli cristianamente e dove nello stesso tempo aprire un rifugio alla gioventù maschile della vasta parrocchia (a fine anni ’20, la parrocchia, che coincideva con l’intera San Donà, contava 18.000 persone, ndr) seminata più che da rovine materiali, di spavento e miserie spirituali in causa della guerra. L’edificio, bello e grandioso, volge al suo termine e io non so a chi meglio rivolgermi per affidare l’istituzione che ai benemeriti Figli di don Bosco, verso i quali ho avuto sempre la più grande venerazione (…)” L’iniziale idea dell’arciprete era quella di far convivere la realtà oratoriana con quella dell’Orfanotrofio, attuale Casa Saretta. La risposta concreta all’appello però tardava, nonostante i contatti, le richieste garbate ma pressanti, le visite e le promesse. Nel frattempo (1925) l’arciprete acquistò un appezzamento di terreno edificabile, presso il cimitero, da destinarsi al futuro edificio dell’Oratorio. Il terreno, già di proprietà Saccomani, nell’intenzione iniziale del parroco doveva in realtà essere destinato alla costruzione di un “terzo fabbricato”, in aggiunta cioè all’Orfanotrofio e agli adiacenti laboratori. Nell’atto di compravendita, di qualche mese dopo, viene tuttavia definita la destinazione d’uso della proprietà immobiliare: “ricreatorio e campo sportivo, nonché scuola professionale”. Infine, la tenacia ed insistenza di Saretta, che faceva propri i bisogni e le aspettative della popolazione, vinsero la prudenza dei superiori della Congregazione, favorevolmente colpiti dalla sua “preziosa benevolenza per i Salesiani” e dalla sua “mirabile attività di illuminato zelo”. Il Rettor Maggiore, Beato Filippo Rinaldi a San Donà Nel 1926 il Rettor Maggiore, il beato don Filippo Rinaldi, in visita all’Orfanotrofio, rimase positivamente colpito e promise la presenza dei Salesiani a San Donà per il settembre 1927 (si concretizzò però nel 1928), esortando l’ispettore don Festini ad accontentare le richieste del parroco e della popolazione sandonatese, “…anche a costo di sacrifici”. Il primo disegno dell’edificio, a cura dell’ing. salesiano Giulio Valotti di Torino, nel dicembre 1926 arrivò a Saretta, che non mancò di fornire alcuni suggerimenti. La posa della prima pietra Il 1927 è l’anno in cui vengono riconosciute le “virtù eroiche” di don Giovanni Bosco, che porteranno alla sua beatificazione e poi (l’1/4/1934) alla sua canonizzazione. E già il 2 gennaio mons. Saretta presenta il programma per l’erigendo Oratorio. Nel mese di maggio i fedeli di San Donà sono invitati a pregare la Vergine Maria per ottenere la benedizione sulla grandiosa opera. L’8 maggio il salesiano don G. Acerbi viene da Belluno per illustrare l’opera di don Bosco, alla messa e al vespro, e al fioretto serale intrattiene sulla devozione a Maria Ausiliatrice. Il francescano p. O. Rasselle lo coadiuva nell’opera di sensibilizzazione per il compimento dell’opera, da ottenersi “con la preghiera, col sacrificio, con l’aiuto finanziario”. Lunedì 9 maggio il salesiano don Carnelutti tiene alla sera nel salone dell’Asilo una conferenza con proiezioni sulla vita di don Bosco. Il 12 maggio arriva a San Donà il vescovo di Nepi Sutri, il salesiano mons. Luigi Olivares (Venerabile). Egli ogni sera predica sul sistema educativo del futuro Santo don Bosco. La sua parola semplice ed umile suscita una grande impressione positiva e qualcuno già comincia a chiamarlo il “Santo Vescovo”. Finalmente, con la protezione di Maria Ausiliatrice, tanto invocata per il buon fine dell’Opera, la posa della prima pietra avvenne con solennità e presenza di un numerosissimo popolo e le autorità religiose e civili domenica 15 maggio 1927. Probabilmente la prima pietra è collocata nella parte centrale dell’edificio, cioè sotto l’attuale atrio o presso l’ufficio del direttore. Iniziano i lavori e… arrivano i Salesiani I lavori, diretti dall’ing. Ennio Contri, iniziarono il 3 agosto 1927; ad inverno appena inoltrato la struttura di mattoni della prima parte dell’edificio aveva già la copertura dei coppi: a fine 2010 questa parte dell’Oratorio è stata, con sostituzione delle capriate in legno e la risistemazione della soffitta. Finalmente, con festosa e trionfale accoglienza, nel giorno della festa patronale lunedì 24 settembre 1928, arrivarono in treno a San Donà i primi tre Salesiani: il direttore don Riccardo Giovannetto, il chierico Luigi Ferrari e il coadiutore Mauro Picchioni. I tre Salesiani, per alcuni mesi, furono ospitati nell’Orfanotrofio, gestendo il collegio per i 67 orfani maschi, mentre in un’altra ala isolata del medesimo Istituto, gestita dalle Suore di Maria Bambina, c’erano anche le orfanelle. Mons. Luigi Olivares (1873-1943) Il Venerabile mons. Olivares, che presenziò alla posa della prima pietra dell’oratorio di San Donà, nacque a Corbetta (Milano) il 18 ottobre 1873, quinto di quindici figli. Alla famiglia, e specialmente alla madre, egli dovette quella fine e aristocratica educazione religiosa e civile che lo distinse nell’apostolato. Cresimato nel 1881, entrava successivamente nel pre-seminario di Seveso e poi di lì a Monza per il Liceo e la Filosofia. Frequentò i corsi di Teologia nel Seminario Maggiore di Milano, sotto la guida di don Pasquale Morganti, futuro vescovo di Bobbio e di Ravenna, che era stato alunno dell’oratorio di Valdocco. Il chierico Olivares alla sua scuola apprese a conoscere ed amare il grande apostolo della gioventù don Giovanni Bosco. Fu durante questa sua permanenza a Milano che conobbe e avvicinò i Salesiani, verso i quali si sarebbe un giorno orientata la sua vocazione. Ordinato sacerdote il 4 aprile 1896, fu inviato come vicerettore del collegio Arcivescovile di Saronno. Qui trascorse otto anni rivelandosi sacerdote zelante, esemplare, indefesso nel suo lavoro, di un’eccezionale attività accompagnata da quella paternità che fu tipica di don Bosco. Per la sua assistenza premurosa e vigile veniva chiamato “la presenza di Dio”. Nel 1904 ottenne finalmente di entrare nella Congregazione salesiana. Terminato il noviziato a Foglizzo Canavese e dopo appena sei anni di vita salesiana, fu inviato come parroco nel santuario di Santa Maria Liberatrice a Roma-Testaccio. A fare il suo nome era stato lo stesso cardinale Ferrari, a cui il Papa San Pio X aveva chiesto quale dei Salesiani da lui conosciuti gli sembrasse più adatto per un luogo così pastoralmente difficile. Al Testaccio il nuovo parroco darà il meglio di se stesso, conquistando con la bontà il cuore del suo gregge e trasformando, in pochi anni, un rione tumultuoso e anticlericale in una parrocchia fervente e dinamica. Ricercatissimo direttore spirituale, ebbe il confessionale “assediato da mane a sera”. E il suo amore per tutti, anche per i nemici della Chiesa e del bene, fu eroicamente sublimato nel sacrificio: è noto l’affronto che gli si fece in pubblica strada con l’insulto e la percossa al volto, a cui don Luigi rispose offrendo evangelicamente l’altra guancia. Il 15 luglio 1916 Benedetto XV promuoveva questo zelante parroco salesiano alle sedi episcopali di Sutri e Nepi. Il novello vescovo tra i suoi propositi scriverà: “La tessera della mia vita episcopale, voglio che sia la carità: sincera, paziente, benefica, spirituale, disposta ad ogni sacrificio”. Le sue cure più intense furono per il popolo, che richiamò alla pratica dei doveri cristiani; per i poveri, verso i quali fu di una larghezza e generosità senza confini; per i piccoli e gli adolescenti che avvicinava sovente nelle scuole, nelle associazioni parrocchiali e per strada. Ebbe cure specialissime per l’Azione Cattolica che raccomandava ai parroci, anche quale atto di obbedienza alle direttive pontificie. Nelle visite alle parrocchie, al mattino presto, non appena si apriva la chiesa, era immancabilmente presso il confessionale, e vi restava per lunghe ore senza stancarsi, ascoltando tutti con paziente bontà, e a tutti dispensando la sua parola rassicurante e illuminante. Il suo zelo poi nel dispensare la Parola di Dio ebbe dell’incredibile. Aveva un dire facile e chiaro, semplice ed arguto, bonario ed amabile, che scolpiva la verità nella mente degli uditori, e soprattutto li trascinava alla pratica del bene. E allorché toccava gli argomenti preferiti – l’Eucaristia, la Madonna, il Paradiso – la sua voce calda e convinta aveva risonanze di cielo. La nota caratteristica della figura di monsignor Olivares fu l’amabilità del tratto, l’affabilità del volto, la delicatezza d’animo. Amò straordinariamente i suoi sacerdoti, comprendendoli e difendendoli sempre. “Non l’ho mai sentito parlar male di alcuno… In realtà il suo cuore era impassibile ad ogni rancore o avversione o risentimento”. Amò e fu riamato dalla povera gente. “Riceveva tutti nella sua casa e si può dire a tutte le ore, solendo affermare che la casa del vescovo era la casa di tutti e lui diceva esser a disposizione di tutti”. Riceveva ed ascoltava ognuno, accompagnandolo poi fino al portone con la berretta in mano. Quando andava a Roma si caricava sempre di pratiche e di commissioni affidategli dalla povera gente. Tornava carico di pacchi, pacchetti, documenti, provviste domestiche. Interiormente distaccato da ogni comodità, ripeteva spesso la frase di don Bosco: “Il denaro è un buon servitore, ma un cattivo padrone”. Testimoniò il suo segretario: “Per amore di povertà non si preoccupò di abbellire, di cambiare nulla nei palazzi, nella villa. Non mutò nemmeno i pagliericci sui quali dormì per parecchi anni, felice e contento. I familiari domandavano il cambio, ma egli rispondeva sorridendo: ‘Ci si sta così bene!’. Un bel giorno gli cambiarono il pagliericcio e misero anche a lui una rete metallica. Si lamentò, mostrò rincrescimento, ma poi, benché a malincuore, si adattò e tacque”. Fu un uomo profondamente umile: “Con chiunque stesse, sembrava sempre destinato ad occupare l’ultimo posto”. E fu uomo di profonda pietà. Lasciò scritto uno dei parroci che visse più a lungo con lui: “Amò in maniera straordinaria la preghiera; vederlo pregare era uno spettacolo che non si dimenticava. Credo di non averlo mai visto seduto in chiesa, ma sempre in ginocchio, con il volto tra le mani o fisso nel tabernacolo, come se i suoi occhi vedessero qualcosa di soprannaturale. Nelle ore libere dal ministero o dai ricevimenti, quasi mai si tratteneva in camera e, se qualcuno cercava il vescovo, lo trovava sicuramente in chiesa. Dire che pregava continuamente è dir poco. È il modo con cui pregava e l’impegno che sempre metteva nella preghiera che stupiva”. Morì il 19 maggio 1943 a Pordenone dove si era recato per predicare un corso di esercizi spirituali ai giovani liceali dell’istituto salesiano. La fama di santità seguita alla sua morte fu immediata e vasta. Uno dei medici che lo aveva avuto in cura nell’ospedale di Pordenone confessò: “Fin quando la Chiesa cattolica possiede campioni come questo, è destinata a sempre nuovi e maggiori trionfi. Uomini così possono predicare il Vangelo e pretendere di essere ascoltati anche da increduli”. (sintesi da www.sdb.org) A cura di Marco Franzoi       [...]Continua a leggere…
28 Gennaio 2017In occasione del mese di don Bosco,  il nostro Oratorio ha proposto una conferenza sulla santità laicale dal titolo “Santità per tutti: si può?” Il 27 gennaio 2017 è intervenuto don Pierluigi Cameroni, postulatore delle Cause dei Santi della Famiglia Salesiana.   Ascolta la prima parte della relazione (27 minuti) , clicca qui   Ascolta la seconda parte della relazione (28 minuti), clicca qui     [...]Continua a leggere…
6 Gennaio 2017Fonte: Oratorio don Bosco Tutti gli incontri si svolgeranno alle 20.45, presso il Teatro Don Bosco, via XIII Martiri, 86 – San Donà di Piave. Proseguendo l'iniziativa “Famiglia diventa ciò che sei!”, l'Oratorio Don Bosco, propone tre incontri per riflettere sull'amore nella famiglia.   Nella società postmoderna, mutamenti sociali e cultura del provvisorio sembrano relegare la famiglia in una posizione sempre più marginale. In tempi in cui è più facile divorziare che cambiare fornitore di energia, dove i giovani preferiscono la convivenza all’impegno del matrimonio, dove non è più cosa ovvia che papà e mamma vivano sotto lo stesso tetto, l’Esortazione Apostolica Amoris Laetitia di Papa Francesco si pone come strumento per le famiglie che già esistono e per quelle che si stanno formando, ribadendo che: «l’annuncio cristiano che riguarda la famiglia è davvero una buona notizia». La famiglia rimane infatti, e nonostante tutto, l’ambito dove è più evidente che l’essere individui isolati non soddisfa, perchè l’uomo è per sua natura un essere relazionale. In famiglia impariamo a vivere la nuzialità, la paternità, la maternità, la filiazione e la fraternità. Se queste relazioni sono fondate sull'amore non solamente istintivo, ma, secondo gli orizzonti di “Amoris Laetitia”, coltivato ed accompagnato in tutte le sue fasi, anche le più drammatiche, ne consegue un’esperienza di gioia che dà gusto e senso all’esistenza. Proseguendo l’iniziativa “Famiglia diventa ciò che sei”, l’Oratorio Don Bosco propone tre incontri sulla letizia dell’amore in famiglia che non vogliono essere semplici conferenze ma esperienze e testimonianze di vita vissuta.   Venerdì 13 Gennaio 2017 ore 20.45  CASA DOLCE CASA – La famiglia: un luogo che introduce alla vita o allontana dal mondo? Da nucleo fondamentale di acquisizione di relazioni ed esperienze, la società contemporanea ha ridotto la famiglia ad uno degli elementi del sistema e nemmeno il più importante. Necessita quindi riposizionarla nella società, al fine di entrare in “Amoris Laetitia” cogliendone le chiavi di lettura e l’intenzione di fondo, scongiurandone una lettura disincantata o ideologica. Relatore: don Andrea Bozzolo, Docente Ordinario di Teologia   Venerdì 20 Gennaio 2017 ore 20.45 DUE CUORI E UNA CAPANNA? – La missione più grande di un uomo e di una donna nell'amore è rendersi, a vicenda, più uomo e più donna. Alla scoperta della “forma bella” dell’amore coniugale: la forma cristiana della sponsalità, il racconto di come nella vita di ogni giorno questa forma di amore viene vissuta nella fedeltà e nell’obbedienza fino al sacrificio di sé, in un legame indissolubile e fecondo che contribuisce all’edificazione della Chiesa. Relatore: Costanza Miriano, Giornalista e Scrittrice   Venerdì 3 Febbraio 2017 ore 20.45 IL MATRIMONIO E' LA TOMBA DELL'AMORE? – Amoris Laetitia: una via concreta per ''dare vita'' alla famiglia. Far “parlare” Amoris Laetitia, perché ci indichi le “istruzioni per l’uso” valide per ogni stagione dell’amore, il cammino per la “costruzione” di relazioni di affetto e familiari che possano essere fecondamente indissolubili. Relatori: Laura Boccenti, Docente di Filosofia Marco Invernizzi, Reggente Naz.le di Alleanza Cattolica   Moderatore degli incontri Dott. Angelo Sergio Vianello, Notaio       [...]Continua a leggere…

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