Il digiuno nel tempo di Quaresima, assieme alla preghiera e alla carità, ci aiuta a camminare – disponibili e liberi – nella fede.
Nelle riflessioni che seguono si fanno delle proposte concrete di digiuno (da ciò che ci rende schiavi e tristi) per questo tempo quaresimale.
Il nostro secolo ha l’ossessione delle diete, ma non conosce più il digiuno, perché il digiuno non è faccenda di calorie o di dimagrimenti, ma ha a che fare con un altro cardine della buona vita: la temperanza. Il digiuno è educazione dei desideri, delle passioni, del cuore, dello spirito, dell’intelligenza. Il digiuno e la temperanza per essere apprezzati e poi coltivati hanno bisogno di persone capaci di vedere dei valori in cose che si chiamano limite, moderazione, sobrietà.
In realtà se guardiamo bene la nostra gente, oltre gli spettacoli televisivi, ci accorgiamo che sono sempre più le persone che vivono vite temperate, che attribuiscono valore al limite (nell’uso delle risorse, del tempo, del lavoro, dei profitti, nel consumo), che moderano i propri bisogni, che li arricchiscono diminuendoli.
Ne incontro tanti, e ogni giorno di più, ma non se ne parla nella sfera pubblica, perché non fanno audience e si ritiene che non portino voti.
La civiltà che ci ha preceduto era scandita dai digiuni, perché l’asprezza della vita era sostenibile solo educando passioni, intelligenza e volontà: la povertà può diventare, ed è diventata, vita buona e degna solo se accompagnata dai digiuni, che moltiplicano il valore del poco cibo e della festa dei poveri.
È anche la mancanza della “cultura della Quaresima” che sta decretando da noi la “morte del carnevale” (e il boom di Halloween, che è il suo opposto), che è stato davvero sentito e vissuto finché lo precedevano e attendevano i digiuni di cibo e di festa.
Il digiuno, infine, alimenta e rafforza, non riduce, la voglia di vivere, la generatività della vita: non a caso la grande filosofia greca aveva indicato in Penia (indigenza, mancanza) il genitore di Eros. Ogni creatività, dall’arte alla famiglia all’impresa, richiede il desiderio di ciò che non si ha o non si è ancora. La radice di ogni vera crisi è lo spegnersi del desiderio del non ancora. (Luigino Bruni, Avvenire)
In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: “Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”. Gesù disse loro: “Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro?
Insomma, leggendo così le cose, non sembra tutto diverso e più desiderabile? Sì, desiderabile persino il digiuno che ci rende forti piuttosto che indebolirci, felice piuttosto che mesti!
Il cristiano è chiamato dunque a digiunare amando, e poiché digiuniamo amando l’Amore che si è espresso nella totalità della croce, non possiamo che digiunare nella letizia.
Il digiuno cristiano è un digiuno lieto, e non solo per fugare da noi le facce buie dei farisei, che digiunavano per farsi vedere dagli uomini, ma perché chi ama è intimamente lieto.
Di recente abbiamo scritto che “quando si parla di digiuno o di astinenza si rischia di cadere nell’eccessivo e poco fruttuoso devozionalismo legato al non mangiare carne il venerdì e al digiuno il “Mercoledì delle Ceneri” e il “Venerdì Santo”.
Non che tutto ciò non debba essere rispettato o tenuto in considerazione, ma si tratta di farlo con intelligenza e cuore libero. Il rischio è che diventi un cappio che nulla ha a che fare con la Quaresima, che ci vuole disponibili e liberi”.
Dunque si tratta di una scelta d’amore partendo dalla riflessione sulla Parola di Dio e dal cuore, puntando verso qualcosa che davvero ci rende schiavi e tristi.
Pensiamo a quale digiuno significativo potrebbe essere limitare l’uso del cellulare, della sigaretta, dell’alcool, delle “parolacce”, del computer, dell’i-pod, della play station, della televisione, ecc. E tutto ciò non per se stessi, ma offrendo a Dio ogni cosa.
Il ricordo della morte di Gesù è strettamente legato con la Resurrezione che è avvenuta nella storia una volta per sempre e fino alla Resurrezione dei morti. Anche quando digiuniamo, siamo in regime di festa allora, di “collocazione provvisoria” della croce come dice don Tonino Bello: “La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre “collocazione provvisoria”. Il Calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale” (…)
Poiché la fede e la vita si incontrano tutti i giorni in questo dinamismo di morte e resurrezione, diviene interessante un “decalogo” per il digiuno:
“Digiuna di giudicare gli altri, scopri Cristo che vive in loro;
digiuna di parole che feriscono, riempiti di frasi che risanano;
digiuna di scontentezza, riempiti di gratitudine;
digiuna di arrabbiature, riempiti di pazienza;
digiuna di pessimismo, riempiti di speranza cristiana;
digiuna di preoccupazioni, riempiti di fiducia in Dio;
digiuna di lamentarti, riempiti di stima per la meraviglia che è la vita;
digiuna di pressioni e insistenze, riempiti di una preghiera incessante;
digiuna di amarezza, riempiti di perdono;
digiuna di dare importanza a te stesso, riempiti di compassione per gli altri;
digiuna di ansia per le tue cose, compromettiti nella diffusione del Regno;
digiuna di scoraggiamenti, riempiti di entusiasmo nella fede;
digiuna di tutto ciò che ti separa da Gesù, riempiti di tutto ciò che a Lui ti avvicina”.
(Marco Pappalardo)
(I testi sono tratti da: Associazione Salesiani Cooperatori – Proposta Formativa annuale 2013 – 2014. “Cooperatori santi per giovani santi”)