11 Febbraio 2025

Duomo di San Donà

S. Maria delle Grazie – Diocesi di Treviso

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Comunità

L’intervento del Vescovo all’apertura del nuovo anno pastorale

Vescovo Gianfranco Agostino GardinLa “risalita” battesimale ci fa essere testimoni e missionari nella comunità cristiana, nel mondo, nella storia.

Apertura dell’Anno Pastorale 2014-2015

Tempio di S. Nicolò, 19 settembre 2014

Fratelli e sorelle carissimi,

vi saluto tutti con affetto sincero e vi ringrazio di essere qui numerosi, questa sera. E così ci aiutiamo reciprocamente a sperimentare il nostro essere “chiesa”, a sentirci comunità radunata dall’amore del Padre, inviata da Cristo, sostenuta e resa una dallo Spirito.

1. Siamo riuniti in preghiera e nell’ascolto della Parola, perché siamo convinti che l’anno pastorale che sta davanti a noi è, ancora una volta, tempo di grazia per la nostra storia personale ed ecclesiale. È un tempo unico e irripetibile – il 2014-2015 ci è dato una sola volta–; tempo che domanda la nostra responsabilità, il nostro essere desti, con le lampade accese, in attesa dello sposo (cf. Mt 25,1-13); domanda la nostra disponibilità a metterci in ascolto di ciò che lo Spirito dice alla nostra chiesa (cf. Ap 2,7) in questo momento della sua storia; domanda la nostra volontà di seguire Gesù non a parole, ma in una sequela che prenda forma concreta dentro le situazioni che costituiscono il nostro “oggi”.

Tutto questo in una profonda fiducia e in un sereno affidamento «al pastore e custode delle nostre anime» (cf. 1Pt 2,25). Servendoci delle parole di Paolo a Timoteo, noi vogliamo poter dire: «Sappiamo infatti in chi abbiamo posto la nostra fede e siamo convinti che egli è capace di custodire fino a quel giorno (cioè fino alla sua venuta) ciò che ci è stato affidato» (cf. 2Tim 1,12).

2. In questo spirito di fiducia nel Signore e nel suo amorevole guidare la nostra storia, vorrei che leggessimo anche gli avvicendamenti che anche quest’anno sono stati operati in un certo numero di parrocchie, come pure a livello di compiti centrali della diocesi. Mi riferisco in particolare all’avvicendamento, anzitutto, del Vicario generale e poi del Vicario episcopale per il coordinamento della pastorale. Mentre esprimo ancora profonda gratitudine a mons. Giuseppe Rizzo e a mons. Lucio Bonomo, rinnovo l’augurio cordiale a mons. Adriano Cevolotto, primo e indispensabile collaboratore del vescovo, e a don Mario Salviato, impegnato, in maniera particolare, nel seguire il cammino delle Collaborazioni pastorali. Essi hanno già iniziato con disponibilità e con impegno il loro servizio.

Mi sia permesso di dire grazie anche ai sacerdoti che con spirito di obbedienza hanno accolto nuove destinazioni. Ma ringrazio anche i membri delle comunità parrocchiali, o di altre realtà ecclesiali, i quali, pur accogliendo con dispiacere il distacco da sacerdoti che hanno apprezzato e amato, sanno comprendere che dietro ai cambiamenti operativi è solo l’intento – mediante scelte delicate e necessariamente attente a tante situazioni – di sostenere il cammino delle comunità cristiane. E grazie anche ai parroci che hanno concluso definitivamente il loro servizio, svolto in lunghi anni di dedizione pastorale, e che mettono ancora generosamente il loro ministero presbiterale a disposizione delle nostra chiesa.

3. Questa nostra chiesa è chiamata a proseguire il suo cammino con coraggio, umiltà e determinazione.
Ci è chiesto di continuare ad annunciare e celebrare l’amore del Signore, a testimoniare la nostra speranza, a dare alla chiesa, che noi siamo, il volto visibile e concreto della carità, dell’accoglienza e della condivisione. Nelle nostre comunità cristiane gli impegni svolti negli ambiti della catechesi, della formazione cristiana, della liturgia, dell’animazione spirituale, della carità, e in altri campi, sono davvero tanti e coinvolgono un vasto numero di persone, come la Visita pastorale mi consente di constatare. Sono espressione di una vita cristiana che pulsa, che costruisce comunità, che consente a tante persone, di tutte le età, di camminare sulla strada che conduce a Dio.

Voglio ricordare anche come la nostra fede e la nostra appartenenza a questa chiesa sia stata alimentata e favorita, nell’anno passato e anche nel corso dell’estate che si sta concludendo, da esperienze vive e preziose. Penso, per esempio, alle tante e impegnative attività estive; penso anche ai pellegrinaggi: quello compiuto da varie parrocchie nella terra di Gesù o in altre terre del Nuovo Testamento; anche il pellegrinaggi compiuto dai presbiteri ordinati negli ultimi dieci anni sulle orme di san Paolo, a cui anch’io ho partecipato, per ritrovare insieme lo spirito e l’entusiasmo dell’Apostolo. Penso al consueto pellegrinaggio diocesano a Lourdes, con la partecipazione di numerose persone malate, esperienza sempre toccante di preghiera e di carità. Abbiamo anche fatto memoria, in maniere e circostanze diverse, di san Pio X, nel centenario della sua morte, per farci aiutare dalla santità di vita di questo figlio della nostra chiesa trevigiana: e qui penso al pellegrinaggio diocesano a Roma, assai partecipato, momento forte di fede e di gratitudine al Signore, oltre che di incontro con il Papa. Un ringraziamento particolare va a mons. Giuliano Brugnotto che ha seguito con dedizione instancabile l’organizzazione delle varie iniziative e celebrazioni del Centenario. E un sincero grazie anche alla parrocchia di Riese Pio X e al parroco mons. Giorgio Piva.

4. Ma voglio ricordare anche che nello scorso anno abbiamo intrapreso e cercato di praticare un itinerario di approfondimento del nostro Battesimo, per una crescita della consapevolezza della nostra identità di cristiani.
Come ci ha efficacemente ricordato don Paolo Pigozzo nella sua riflessione – per la quale gli esprimo un sincero ringraziamento da parte di noi tutti – abbiamo bisogno di essere ricondotti, come usava fare l’apostolo Paolo con i cristiani delle sue comunità, all'”evento-sorgente“, a ciò che si colloca alla radice del nostro essere cristiani. Che è poi quell’essere posseduti da Cristo che abbiamo ascoltato da Paolo in apertura dalla nostra celebrazione: «Fratelli, l’amore di Cristo ci possiede» (2Cor 5,14).
Davvero, per riprendere le parole del messaggio di quel giovane citato da don Paolo, “Quello lì” ci ha agganciati! Lo ha fatto con il Battesimo, facendoci morire e risorgere con Lui, e con tutto quello che è seguito e che continuamente viviamo soprattutto nella Liturgia.

Come è noto, rimarremo anche quest’anno sul tema del Battesimo, mettendo l’accento sulla “risalita battesimale”. Rifacendoci alla figura del battesimo per immersione, noi siamo usciti dal fonte come «creature nuove in Cristo» (cf. 2Cor 5,17); ma siamo chiamati a vivere e rivivere continuamente questa risalita, che è nello stesso tempo una immersione di battezzati e da battezzati nella comunità, nel mondo, nella storia, nelle vicende di tutti i giorni, nelle relazioni quotidiane.

5. Può essere che qualcuno dica, forse anche con qualche ragione: ancora il Battesimo? Non c’è il rischio di una ripetitività che produce stanchezza, assuefazione, diciamo pure noia? Si dice di solito che «la varietà è la madre del divertimento». Perché non passare ad un altro tema, aprire altri sguardi, collocarci in altri orizzonti?
Ma giustamente è stata richiamata, facendo riferimento anche alla prassi evangelizzatrice dell’apostolo Paolo, la necessità di ritornare e sostare su ciò che per il cristiano è essenziale, che motiva tutto il resto. Qualche anno fa si dibatteva sulla necessità che l’Europa civile riconoscesse le proprie radici cristiane. Ma prima di chiedere questo ad una collettività che si fa sempre più estranea alla sua storia cristiana, non dobbiamo forse noi ri-conoscere, ri-scoprire, ri-assumere, ri-appropriarci delle nostre radici cristiane: non semplicemente radici culturali, ma sacramentali, vitali, esistenziali?
Vorrei allora invitare voi e tutta la nostra chiesa, le nostre comunità parrocchiali, a continuare ad entrare ancora con interesse e con responsabilità dentro la nostra storia segnata radicalmente dal battesimo e chiamata ad essere storia battesimale, cioè storia di una vita resa continuamente nuova dall’amore salvifico e sanante di Cristo; con la capacità di scorgere e guardare con fiducia alle cose nuove che il Signore pone davanti a noi: «le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17).

E poiché questo obiettivo si colloca dentro il più ampio percorso di divenire “cristiani adulti in una chiesa adulta”, e dentro l’impegno di essere chiesa evangelizzante, che sa trasmettere la fede, credo che siamo tutti rimasti colpiti dalle parole di papa Francesco che sono state lette poco fa: «La prima motivazione per evangelizzare è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto». Ma, osserva il Papa, «se non proviamo l’intenso desiderio di comunicarlo, abbiamo bisogno di soffermarci in preghiera per chiedere a Lui che torni ad affascinarci» (Evangelii gaudium 264).

6. Le tappe del semplice itinerario che viene proposto quest’anno, per aiutarci a riflettere sulle richieste della “risalita battesimale”, non ci richiamano solo alcune esigenze irrinunciabili di una concreta vita battesimale coerente, ma ci riconducono sempre a Lui: a Colui nel quale siamo riconciliati, a Colui il cui amore ci possiede, a Colui che ci ha amati e ha dato la sua vita per noi (cf. 2Cor 5,14.18; Gal 2,20).
E così, come ci chiede il Papa, saremo testimoni e missionari nella misura in cui sapremo essere discepoli (cf. Evangelii gaudium 266); porteremo frutto se saremo tralci uniti alla vite (cf. Gv 15,1-6).
Abbiamo ascoltato anche altre parole del Papa che – pare a me – dischiudono altri itinerari che probabilmente dovremo compiere per crescere verso un fede adulta. Ci ha detto il Papa: «Tutta la vita di Gesù, il suo modo di trattare i poveri, i suoi gesti, la sua coerenza, la sua generosità quotidiana e semplice, e infine la sua dedizione totale, tutto è prezioso e parla alla nostra vita personale. Ogni volta che si torna a scoprirlo, ci si convince che proprio questo è ciò di cui gli altri hanno bisogno, anche se non lo riconoscano» (Evangelii gaudium 264). Questi “altri” siamo anzitutto noi: noi abbiamo bisogno tornare a scoprire Gesù. Non è forse vero che spreso impegniamo molte energie nel organizzare le nostre comunità (cosa lodevole, intendiamoci), ma troppo poche per “scoprire Gesù”?
Non mi soffermo a descrivere l’itinerario proposto per quest’anno, che si concretizzerà in sei momenti distribuiti nel corso dell’anno liturgico. Saranno illustrati dagli appositi strumenti offerti, come sempre, per accompagnare questo percorso. I sei momenti sono indicati nel pieghevole che avete ricevuto; sono espressi in sei verbi, ricavati dalla parola evangelica di sei domeniche, e hanno anche ispirato le invocazioni della nostra preghiera questa sera: invitare, testimoniare, sperare, servire, allargare, rimanere.

Mi permetto solo di chiedere a tutti di accogliere l’invito di questo percorso, anche per sentirci chiesa che cammina insieme e si aiuta con spirito fraterno a praticare la sequela di Gesù.

Il Signore, mediante il suo Spirito, ci apra al dono del suo amore e ci renda capaci di rispondervi.
La Madre di Dio, prima discepola di Cristo, e i nostri Santi patroni, ci sostengano nel cammino che la paternità di Dio schiude davanti a noi.

✠ Gianfranco Agostino Gardin

 

fonte: diocesi di Treviso