Ricordando il novembre 1966
Mentre il pensiero e la preghiera vanno per le persone morte e le popolazioni colpite nelle recenti alluvioni di Genova, Cinqueterre e Lunigiana, teniamo desta l’attenzione perché ci sia una migliore gestione del nostro territorio.
Ricorre quest’anno, proprio in questi giorni, il 45° anniversario dell’alluvione che nei giorni dal 3 al 6 novembre 1966 colpì più di seicento comuni d’Italia. Gli eventi maggiormente ricordati saranno l’allagamento di Firenze e la storica acqua alta di Venezia. Anche il territorio di San Donà, il cui Patrono, San Donato, Vescovo di Arezzo, è significativamente il Protettore dalle alluvioni, fu colpito dall’evento.
In quei giorni del novembre 1966 vennero allagati quasi 35.000 ettari (circa il 60 % della superficie) del “Basso Piave”. Molte zone a quota più bassa rimasero sommerse per più di un mese. Tra il 4 e 5 novembre, il 53% del territorio nord orientale del Comune di San Donà veniva sommerso dall’acqua di colma dei collettori di bonifica Grassaga, Bidoggia e Navigabile. Vennero evacuate 950 abitazioni, con una punta massima di quasi mille profughi e sfollati.
L’alluvione fu causata da una serie di eventi meteorologici sfavorevoli. Il 2-3 novembre si ebbero infatti straordinarie precipitazioni – sia in pianura, che in montagna – che resero difficoltoso il lavoro delle idrovore, che pompavano acqua in canali già in piena.
Il giorno successivo, 4 novembre, nelle prime ore del giorno cominciarono ad arrivare in pianura le acque di piena dei fiumi Piave e Livenza. L’argine del canale Brian ruppe, sulla sinistra idrografica, a valle di Stretti, così tutte le idrovore che scaricavano l’acqua in questo collettore dovettero essere bloccate: varie zone del territorio cominciarono a sommergersi.
Un forte vento di scirocco causò poi una violenta mareggiata, che superò ovunque il cordone dunoso della costa e sommerse il retroterra compreso fra il Porto di Lido e la foce del Livenza, a Porto Santa Margherita.
Durante la notte del 5 novembre il Piave raggiunse il massimo livello di piena. Cominciarono così le tracimazioni su più punti degli argini, fino alla rottura dei medesimi presso Zenson e Negrisia, con il conseguente allagamento di gran parte del territorio.
Il drammatico evento causò grandi pene a moltissime famiglie, costrette all’esodo, ingenti perdite di bestiame, danni agli immobili, alla produzione agricola, alle attrezzature ed impianti…
Fortunatamente non si ebbero ben più gravi conseguenze poiché gli argini, delimitanti il centro urbano di San Donà, ressero la spinta dell’acqua, che arrivò quasi a lambire il loro apice, sommergendo per alcuni metri le golene.
La città divenne allora la sede operativa dei soccorsi e per la gestione dell’emergenza.
Nel Foglietto Parrocchiale del 20 novembre 1966, l’Arciprete Dal Bo dedicò ampio spazio all’avvenimento:
“(…) Le Autorità locali di ogni genere, i Sacerdoti e volenterosi privati si adoperarono con giornate e notti di intenso lavoro per porre al sicuro le famiglie, e la loro opera, grazie a Dio, è valsa a scongiurare ogni perdita di vite umane.
Gli alluvionati furono fatti affluire nei vari centri di raccolta che, man mano il bisogno si presentava, venivano allestiti (…)
In tutto il Comune coloro che dovettero abbandonare le loro case non furono certamente meno di millecinquecento, senza contare quelli che trovarono alloggio presso parenti.”
Tutti si rimboccano le mani per offrire, a diverso livello, gli aiuti necessari, nonché l’ospitalità ai sinistrati e soccorritori:
“La prima casa ad aprire le sue porte per accogliere i sinistrati fu il nostro Orfanotrofio, poi l’Asilo S. Luigi, quindi l’Ospedale Civile nella parte dell’Ex Sanatorio e in seguito l’Asilo di Mussetta e le Scuole elementari del Centro, di Via Venezia, della Scuola Differenziale e la Scuola Media R. Onor.”
L’Oratorio Don Bosco offrì il suo contributo alla gestione dell’emergenza, allestendo la mensa per i vari reparti di vigili del fuoco, polizia e militari affluiti a San Donà da altre zone ed alloggiati nelle Scuole di via Carbonera. Già sabato 5 novembre è funzionante nell’Oratorio un centro di raccolta di indumenti, coperte, materassi e altri generi di prima qualità.
In quei drammatici giorni, il clero e i religiosi furono protagonisti nell’assistere e prendere iniziative, coinvolgendo le comunità parrocchiali ed i gruppi giovanili. Ad esempio, il salesiano don Ottorino Cariolato mobilitò gli scout dell’Asci San Donà 1°, di cui allora era assistente.
Don Gino Perin, oggi nostro arciprete allora giovane vicerettore del Seminario di Treviso, e alcuni professori di teologia organizzarono due giorni di volontariato di tutti i teologi per spalare il fango nella zona di Zenson di Piave.
Innumerevoli furono gli episodi di autentico altruismo vissuti dall’«Alta Squadriglia» e dai Rovers del Clan «Caimani del Piave», coordinati da Giovanni Biancotto, scout di vecchia data.
Valter Ghiotto ricorda che “sono ancora in molti a San Donà che ricordano con simpatia e gratitudine quegli scout, i quali nei giorni dell’alluvione si vedevano per strada a tirare o a spingere carretti a mano, carichi di generi vari di soccorso, che andavano a distribuire agli alluvionati lungo il Canale Navigabile.”
Mons. Dal Bo concludeva il suo articolo del Foglietto Parrocchiale con un augurio:
“Sono state giornate dolorose e le conseguenze, per tante famiglie, si faranno sentire, purtroppo, ancora a lungo. I Cittadini sandonatesi hanno risposto all’appello di solidarietà verso i concittadini alluvionati con una gara di offerte di indumenti, generi alimentari e denaro (…)
Che il Signore scampi in avvenire il nostro paese e l’Italia da così gravi calamità e ci siano per tutti giorni sereni.“
Dopo circa una settimana fu ripristinata la normale situazione idrometrica nei tre bacini Cirgogno, Ongaro Superiore (in cui ricade il centro urbano di San Donà) e Ongaro Inferiore; ad un mese dall’invasione del mare, riemersero i terreni del litorale e, finalmente, dopo 44 lunghi giorni di allagamento, anche le acque alluvionali del bacino di Caposile sparirono dalla superficie dei campi.
San Donato, protettore dalle alluvioni
Da tanto tempo non cadeva la pioggia, le campagne erano riarse e i raccolti in pericolo. I sacerdoti pagani incolparono allora il Vescovo di Arezzo Donato, perché dicevano che gli dei erano offesi dalla sua predicazione e, adirati, avevano deciso di non mandare più la pioggia.
Chiamato in giudizio, per dimostrare la loro falsità, Donato invocò la pioggia che improvvisamente cadde abbondante su giudici e accusatori, lasciando però completamente asciutto il santo.
Per questo suo potere sulle forze della natura è invocato come protettore dalle alluvioni.
Marco Franzoi
Bibliografia
“La Grande Alluvione”, A. Battistella, E. Bergamo, A. Milanese (pagg. 32-35) (2006)
“La bonifica nel Basso Piave”, L. Fassetta (pagg. 104-109) (1977)
Foglietto Parrocchiale del 20 novembre 1966
“Più futuro che passato. Biografia di un ambiente educativo”, M. Franzoi (pagg. 61-63) (2009)
Sito web www.sandonadomani.it
“S. Donato di Arezzo”, don A. Bardelli (pag.11) (2003)