Si riporta il testo completo della ricerca relazionata nella riunione del 12 novembre 2012 del Consiglio Pastorale Parrocchiale (CPP) dal dott. Francesco Brichese.
Qual è la situazione economica e sociale del territorio sandonatese? Ci sono situazioni di “povertà”? In che modo la situazione è aggravata dall’attuale congiuntura?
Sono queste le domande che si è fatto il Consiglio pastorale della parrocchia del Duomo di S. Donà di Piave, alla ripresa delle attività dopo la pausa estiva, al fine di poter consapevolmente rivolgere ai fratelli più sfortunati una parola di partecipazione e di speranza.
Nel tentativo di dare risposta a queste domande, sarebbe ingenuo fare affidamento alle sole percezioni di senso comune, dal momento che non sempre la percezione dei fatti corrisponde alla loro reale dimensione.
Innanzitutto, non si può escludere che nel sandonatese non sussistano fenomeni di povertà [1]. Anzi, se come risulta dai dati del Rapporto Caritas 2012 ai centri di ascolto (cda) e ai servizi socio-assistenziali si rivolgono sempre più nuove categorie di poveri, è molto probabile che anche nel nostro territorio possano diffusamente esserci volti nuovi del disagio che tuttavia rimangono invisibili nel sommerso del vivere quotidiano.
Ci si riferisce alle storie di povertà degli italiani e a “situazioni di povertà estrema che coesistono tuttavia con una vita apparentemente normale, magari vissuta all’interno di una abitazione di proprietà”.
Se si tralascia questo ambito e si rivolge l’attenzione principalmente alle attività produttive e all’occupazione nel nostro territorio, si ha modo di ritenere che nell’ultimo quinquennio le attività economiche hanno conosciuto una seppure debole crescita e solo nell’ultimo anno l’economia del territorio considerato ha risentito del peggioramento del clima di fiducia conseguente al deterioramento del quadro congiunturale.
Nel Veneto l’occupazione tra il 2004 e il 2011 è aumentata del 6,7%, passando da 2 a 2,134 milioni di lavoratori. Nella provincia di Venezia, nello stesso periodo, si è passati da 345.000 a 357.000 unità (+3,5%).
Per il sandonatese [2] si dispone dei dati relativi al solo quinquennio 2005-09: gli occupati sono passati da 39 mila a 43 mila nel 2008, per poi scendere a 41 mila nel 2009 (-4,9%).
La crisi produttiva e la pesante contrazione del prodotto interno lordo (PIL) dell’ultimo anno hanno trovato un immediato riflesso sul mercato del lavoro, ma non tanto in termini di caduta occupazionale, quanto invece in termini di un maggior ricorso alla cassa integrazione guadagni (cig).
L’aumentato ricorso agli ammortizzatori sociali ha determinato tuttavia una diminuzione delle ore lavorate. Le ore autorizzate di cassa integrazione guadagni (cig) del Veneto nel 2010 sono state di 124,5 milioni di ore corrispondenti a un aumento pari a 10 volte il dato di 4 anni prima. (13 milioni di ore).
In provincia di Venezia nel 2011 sono state raggiunte 14 milioni di ore di cig mentre non si dispone del dato relativo al sandonatese. Senza tali ammortizzatori il tasso di occupazione sarebbe stato meno favorevole di quello misurato.
A ciò si è accompagnato anche un aumento degli inserimenti nelle liste di mobilità (ex-collocamento), aumento confermato anche dai dati del Centro per l’impiego di San Donà di Piave.
Nel 2011 il numero di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità ha sfiorato le 35 mila unità in Veneto, in ulteriore aumento rispetto l’anno precedente.
Tale andamento è interamente attribuibile all’espansione dei licenziamenti collettivi (aziende con più di 15 dipendenti, “grande mobilità”), cresciuti del 15% rispetto al 2010. In controtendenza il dato del cip di S. Donà di Piave: -27% (99 lavoratori ad agosto 2012).
I licenziamenti individuali (aziende con meno di 15 dipendenti, “piccola mobilità”), pur rimanendo la frazione più consistente (quasi 23 mila), sono rimasti pressoché invariati. Nel Basso Piave la piccola mobilità interessa circa 550 unità.
I disoccupati, tra il 2005 e il 2011 in Veneto, sono passati da 91 mila unità a 112 mila, portando il tasso di disoccupazione regionale dal 4,2 al 5%.
Il dato percentuale in provincia di Venezia è leggermente più sfavorevole (5,4%) e peggiora a livello del sistema locale di lavoro (sll) di S. Donà di Piave (6,4% nel 2010) [3]. A titolo di confronto si consideri che attualmente il dato a livello nazionale viaggia oltre il 10%.
Gli immigrati sono ormai da anni entrati a far parte stabilmente della forza lavoro impiegata nel sistema economico del Veneto.
In termini di stranieri residenti in Veneto, tra il 2006 e il 2010, le unità sono passate da 350.000 a 505.000, pari a un aumento del 44%.
Nella provincia di Venezia siamo passati da 45 mila a 76 mila immigrati mentre nel Basso Piave l’incremento è stato da 8 a 13 mila unità.
La percentuale di stranieri sulla popolazione regionale è passata dal 7,34% al 10,22%. A livello provinciale, la quota di stranieri sulla popolazione è inferiore al dato Veneto (8,76%), ma la crescita nel quinquennio di riferimento è stata più vigorosa (+68%).
Nel sandonatese gli stranieri residenti sono passati dal 6,9 al 10,4% della popolazione.
Peraltro gli immigrati risultano essere gli utenti tradizionali dei servizi della Caritas. Secondo il citato Rapporto 2012 infatti l’incidenza degli stranieri che si rivolgono ai cda è del 70,7% a livello nazionale e raggiunge i valori massimi nel Centro e nord Italia (rispettivamente 74,7 e 73,5%) [4].
Come nel resto del Paese, il tessuto produttivo regionale e provinciale rimane caratterizzato dalla predominanza di imprese di piccola dimensione.
Fra il 2005 e il 2009, nonostante l’accelerazione del processo di selezione competitiva delle imprese causato dalla crisi internazionale del 2008, il numero delle imprese venete dell’industria e dei servizi ha avuto modeste oscillazioni attorno al dato medio di 440.000 unità.
Anche per la provincia di Venezia l’andamento di mantenimento delle posizioni è analogo (74.000 unità locali). Analogo andamento anche nel territorio del Basso Piave con circa 11.650 unità locali.
Al contrario, nel settore agricolo tra i due censimenti dell’agricoltura (2000-2010), il numero di aziende agricole della provincia di Venezia si è ridotto di circa 1/3, in sintonia con il calo avvenuto a livello regionale. A livello sandonatese il calo misurato è stato del 28%.
La produzione industriale è cresciuta del 2,4% nel 2011 a livello regionale, mostrando un progressivo rallentamento e una diminuzione nel primo trimestre 2012.
L’attività produttiva è stata sostenuta nei comparti dei beni strumentali (macchine utensili, elettriche ed elettroniche) e dei beni intermedi (gomma e plastica, prodotti in metallo) mentre è rimasta sostanzialmente stabile nei comparti dei prodotti di consumo, penalizzati dal calo della domanda interna.
Le ripercussioni della crisi economica sul mercato del lavoro e sulle imprese hanno finito per deprimere i redditi e i consumi delle famiglie venete.
Tra il 2007 e il 2009 il reddito disponibile è calato dell’1,5% in termini reali e i dati più recenti disponibili solo a livello nazionale, parlano di una ulteriore contrazione dell1% nel biennio successivo.
Nei periodi di avversità la ricchezza [5] delle famiglie può contribuire a mantenere relativamente stabile il livello dei consumi, anche in presenza di un calo del reddito disponibile.
In Veneto si stima che nel 2010 tale ricchezza ammontasse a poco meno di 148.000 euro pro capite (142.000 in Italia). Su tale importo, il valore dell’abitazione pesa per il 55%.
Secondo i dati dell’Agenzia del territorio, il numero delle abitazioni per la provincia di Venezia è passato da 450.562 del 2006 a 478.824 del 2010 (aumento di circa 28 mila unità, pari al 6,3%). Tale incremento è imputabile quasi esclusivamente alle abitazioni di tipo “civile” (A2) ed “economico” (A3) mentre per quelle di tipo “popolare” (A4) e “ultrapopolare” (A5) si è registrato un decremento. Non si dispone di dati disaggregati a livello locale.
I debiti delle famiglie, favoriti dai bassi tassi di interesse, sono aumentati nel quinquennio 2002-07 (+ 10%), per poi scendere bruscamente nel successivo triennio.
La crisi ha inciso sensibilmente sui consumi delle famiglie venete. Tra il 2007 e il 2010 la spesa media mensile, in termini costanti, si è ridotta del 6,5%, arrivando a essere pari a 2.778 euro nel 2010 (un livello simile al 2005). La contrazione a livello veneto è stata superiore a quella registrata in media in Italia. Essa è stata più intensa per le famiglie con capofamiglia non occupato, per famiglie giovani [6] e quelle anziane (oltre 65 anni). Inoltre, maggiormente colpiti sono stati i nuclei in cui il capofamiglia aveva un più basso livello di istruzione.
Non è possibile con questi pochi dati pervenire a delle valutazioni sullo stato di salute del nostro territorio. L’analisi dovrebbe essere integrata con numerosi altri elementi statistici e di maggior dettaglio per l’area del Basso Piave.
Dai pochi elementi raccolti si può desumere che l’andamento negativo della congiuntura economica ha provocato evidenti contraccolpi anche nell’economia del comprensorio sandonatese.
Ne ha risentito il tessuto produttivo con l’uscita dal mercato delle unità meno efficienti, in particolare nel settore edilizio. Il commercio al dettaglio ha risentito della diminuzione dei consumi delle famiglie, frenati dalla debolezza del reddito delle famiglie e dalle incerte prospettive del mercato del lavoro.
Tuttavia, come in alcuni quadri di autori minori del settecento veneziano in cui i paesaggi e le liete scene dell’arcadia sono quasi occultate dall’uso di tinte scure e opprimenti, non sembra che la situazione economica del territorio presenti i caratteri preoccupanti e drammatici di alcune aree di crisi industriale o di degrado sociale di molte parti d’Italia.
Il diffuso livello di insoddisfazione sembra più dipendere dal grado di percezione soggettiva del proprio benessere inteso come distanza tra l’adeguatezza del proprio reddito e la soddisfazione del complesso delle proprie condizioni di vita (“felicità“).
Considerati i numerosi fattori che concorrono alla definizione delle condizioni economiche e sociali di un’area, per poter pervenire a una valutazione complessiva sarebbe necessario poter disporre di ulteriori dati disaggregati relativi alla struttura delle famiglie, al loro grado di indebitamento, al titolo di possesso delle abitazioni, all’occupazione dei giovani e delle donne.
Ma poiché l’obiettivo dell’indagine della Parrocchia del Duomo è quello di conoscere le situazioni di maggior difficoltà e disagio, un particolare approfondimento meritano i dati relativi alla qualità e all’entità delle situazioni di povertà e di esclusione sociale nel nostro territorio.
Infatti, si debbono ormai ritenere superati i parametri che misurano la povertà solo nell’aspetto economico e monetario. La povertà resta certamente una carenza di risorse monetarie, ma questa definizione è necessario integrarla con una pluralità di dimensioni di natura sociale e culturale, come le condizioni di salute, il livello di istruzione, l’accesso e la qualità ai servizi. Cioè occorre soffermarsi sulla dimensione “qualitativa” della povertà, nel senso di una differenza di destino e di opportunità.
Considerata nei nuovi termini, povertà significa anche una società ingessata, dove chi nasce nel disagio ha poche possibilità di mobilità sociale verso l’alto. La rimozione di tutti quegli ostacoli che impediscono l’ascesa sociale dei singoli (le “nuove povertà“), minacciano e viziano la stessa nozione di democrazia, in cui dovrebbe essere implicita la nozione di giustizia sociale e pari opportunità. Per cui non basta che lo Stato attraverso la propria carta costituzionale dichiari il diritto alla non-povertà, occorre che questo enunciato trovi sostanza nei fatti [7].
Note
[1] Per la prima volta nella storia della società di massa, l’Occidente torna a fare i conti con la povertà intesa non solo in termini economici e monetari, ma anche sociali e culturali.
In Italia la povertà è stata a lungo terreno del pensiero cristiano. Nel mondo anglosassone invece la povertà ha sempre costituito oggetto di un inquadramento scientifico ed economico alla cui analisi seguiva spesso il varo di programmi di assistenza pubblica. Negli anni ’80 la società italiana aveva maturato l’idea del superamento della povertà. Ora, dopo un ventennio in cui si percepiva un benessere diffuso, ci si risveglia con un’altissima percentuale di persone a rischio di povertà, non solo immigrati.
In una società fortemente segmentata, la povertà non è facilmente individuabile. Non essendo più legata alla vecchia ripartizione in classi, essa non è socialmente o geograficamente percepibile. Ci possono essere infatti artigiani benestanti e laureati poverissimi.
[2] Territorio del Basso Piave cui fanno parte i comuni di Ceggia, Eraclea, Fossalta di Piave, Jesolo, Meolo, Musile di Piave, Noventa di Piave, San Donà di Piave e Torre di Mosto.
[3] Il sistema locale del lavoro di S. Donà di Piave comprende il comune di Zenson di Piave (TV) e i comuni veneziani di Ceggia, Eraclea, Fossalta di Piave, Jesolo, Meolo, Musile di Piave, Noventa di Piave, San Donà di Piave e Torre di Mosto.
[4] L’incidenza degli stranieri è più bassa nel Mezzogiorno (51,4%) a causa di un elevato numero di poveri italiani.
[5] La ricchezza delle famiglie è data dalle attività reali (abitazione, terreni, ecc.), da quelle finanziarie (depositi, titoli, azioni, ecc.) al netto delle passività (mutui, prestiti personali, ecc.).
[6] Capofamiglia di età compresa tra 15 e 39 anni.
[7] “Addio sogni di ricchezza”, G. Sangiuliano, Il Sole 24h, 14 ottobre 2012.
Riferimenti bibliografici
– Tabelle statistiche, Direzione sistema statistico, Regione Veneto, 2012;
– “L’economia del Veneto”, Banca d’Italia, 2012;
– “Addio sogni di ricchezza”, G. Sangiuliano, Il Sole 24h, 14 ottobre 2012;
– “Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale”, Commissione di indagine sull’esclusione sociale, 2010;
– “I ripartenti”, Rapporto Caritas, 2012.