Solenne apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II discorso del Santo Padre Giovanni XXIII
Quest’anno ricorrono i cinquant’anni dall’apertura del concilio Vaticano II. Per ricordare quell’evento di grazia, riproponiamo i passi più salienti del discorso di apertura pronunciato da papa Giovanni XXIII l’11 ottobre 1962. “Gaudet Mater Ecclesia” è un testo ancora attualissimo, capace di suscitare e rianimare l’autentica speranza cristiana. (Lettera agli amici N.54)
SOLENNE APERTURA DEL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII
Giovedì, 11 ottobre 1962
Venerabili fratelli,
1. La madre chiesa si rallegra perché, per un dono speciale della divina provvidenza, è ormai sorto il giorno tanto desiderato nel quale qui, presso il sepolcro di san Pietro, auspice la vergine Madre di Dio, di cui oggi si celebra con gioia la dignità materna, inizia solennemente il concilio ecumenico Vaticano II.
I concili ecumenici nella chiesa
2. 1. Tutti i concili – sia i venti ecumenici sia gli innumerevoli e da non sottovalutare provinciali e regionali – che sono stati celebrati nel succedersi dei secoli, attestano con evidenza la vitalità della chiesa cattolica e sono iscritti come lumi splendenti nella sua storia.
2. Nell’indire questa grandiosa assemblea, il più recente e umile successore del principe degli apostoli, che vi parla, si è proposto di riaffermare ancora una volta il magistero ecclesiastico, che non viene mai meno e perdura sino alla fine dei tempi; magistero che con questo concilio si presenta in modo straordinario a tutti gli uomini che sono nel mondo, tenendo conto delle deviazioni, delle esigenze, delle opportunità dell’età contemporanea.
3. Iniziando questo concilio universale, il vicario di Cristo, che vi sta parlando, guarda, com’è naturale, al passato, e quasi ne percepisce la voce incitante e incoraggiante: volentieri infatti ripensa alle benemerenze dei sommi pontefici che vissero in tempi più antichi e più recenti, e che dalle assemblee dei concili, tenuti sia in oriente che in occidente dal quarto secolo fino al medio evo e agli ultimi tempi, hanno trasmesso le testimonianze di tale voce veneranda e solenne. Esse acclamano senza sosta al trionfo di quella società umana e divina, cioè della chiesa, che assume dal divin Redentore il nome, i doni della grazia e tutto il suo valore. (…)
5. Dopo quasi venti secoli, le situazioni e i problemi gravissimi che l’umanità deve affrontare non mutano; infatti Cristo occupa sempre il posto centrale della storia e della vita: gli uomini o aderiscono a lui e alla sua chiesa, e godono così della luce, della bontà, del giusto ordine e del bene della pace; oppure vivono senza di lui o combattono contro di lui e restano deliberatamente fuori della chiesa, e per questo tra loro c’è confusione, le mutue relazioni diventano difficili, incombe il pericolo di guerre sanguinose.
6. Ogni volta che vengono celebrati, i concili ecumenici proclamano in forma solenne questa corrispondenza con Cristo e con la sua chiesa e irradiano per ogni dove la luce della verità, indirizzano sulla via giusta la vita dei singoli, della convivenza domestica e della società, suscitano e irrobustiscono le energie spirituali, innalzano stabilmente gli animi ai beni veri e sempiterni. (…)
Origine e causa del concilio ecumenico Vaticano II
3. 1. Quanto all’origine e alla causa del grande avvenimento per il quale ci è piaciuto adunarvi, è sufficiente riportare ancora una volta la testimonianza, certamente umile, ma che noi possiamo attestare come sperimentata: la prima volta abbiamo concepito questo concilio nella mente quasi all’improvviso, e in seguito l’abbiamo comunicato con parole semplici davanti al sacro collegio dei padri cardinali in quel fausto 25 gennaio 1959, festa della Conversione di san Paolo, nella sua patriarcale basilica sulla via Ostiense. Gli animi degli astanti furono subito repentinamente commossi, come se brillasse un raggio di luce soprannaturale, e tutti lo trasparirono soavemente sul volto e negli occhi. Nello stesso tempo si accese in tutto il mondo un enorme interesse, e tutti gli uomini cominciarono ad attendere con impazienza la celebrazione del concilio.
2. In questi tre anni è stato svolto un lavoro intenso per preparare il concilio, con il programma di indagare più accuratamente ed ampiamente quale fosse in questa nostra epoca la condizione della fede, della pratica religiosa, dell’incidenza della comunità cristiana e soprattutto cattolica.
3. Non a torto questo tempo speso nel preparare il concilio ci sembra sia stato quasi un primo segno e dono della grazia celeste.
4. Illuminata dalla luce di questo concilio, la chiesa si accrescerà, come speriamo, di ricchezze spirituali e, attingendovi il vigore di nuove energie, guarderà con sicurezza ai tempi futuri. Infatti, introducendo opportuni emendamenti ed avviando saggiamente un impegno di reciproco aiuto, la chiesa otterrà che gli uomini, le famiglie, le nazioni rivolgano davvero le menti alle realtà soprannaturali.
5. È dunque dovere di coscienza ringraziare fervidamente il sommo Datore di ogni bene per la celebrazione di questo concilio, e magnificare con esultanza la gloria di Cristo Signore, che è Re vittorioso e immortale dei secoli e dei popoli.
Opportunità di celebrare il concilio
4. 1. C’è inoltre un’altra cosa, venerabili fratelli, che è utile proporre alla vostra considerazione sull’argomento. Ad aumentare la santa letizia che in quest’ora solenne pervade i nostri animi, ci sia cioè permesso osservare davanti a questa grandiosa assemblea che l’apertura di questo concilio ecumenico cade proprio in circostanze favorevoli di tempo.
2. Spesso infatti avviene, come abbiamo sperimentato nell’adempiere il quotidiano ministero apostolico, che, non senza offesa per le nostre orecchie, ci vengano riferite le voci di alcuni che, sebbene accesi di zelo per la religione, valutano però i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio. Nelle attuali condizioni della società umana essi non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della chiesa.
3. A noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo.
4. Nello stato presente degli eventi umani, nel quale l’umanità sembra entrare in un nuovo ordine di cose, sono piuttosto da vedere i misteriosi piani della divina provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della chiesa.
5. Questo è facile arguire se si considerano con attenzione i problemi e i pericoli di natura politica ed economica del giorno d’oggi. Essi tengono così occupati gli uomini da distogliere i loro interessi e le loro preoccupazioni dal fatto religioso, che è di pertinenza del sacro magistero della chiesa. Questo modo di agire non manca certo di errore, e dev’essere giustamente riprovato. Tuttavia nessuno può negare che queste nuove situazioni indotte hanno almeno questo vantaggio, che vengono così eliminati quegli innumerevoli impedimenti con cui un tempo i figli del secolo erano soliti ostacolare la libera azione della chiesa. (…)
Compito principale del concilio: difendere e diffondere la dottrina
5. 1. Quel che più di tutto interessa il concilio è che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace.
2. Tale dottrina abbraccia l’uomo integrale, composto di anima e di corpo, e a noi, che abitiamo su questa terra, comanda di tendere come pellegrini alla patria celeste.
3. Ciò mostra in qual modo si deve ordinare questa vita mortale, affinché, adempiendo i nostri doveri, ai quali siamo tenuti verso la città terrena e quella celeste, possiamo raggiungere il fine a noi prestabilito da Dio. In altri termini, tutti quanti gli uomini, sia singoli che come società, finché questa vita lo permette, hanno il dovere di tendere senza tregua a conseguire i beni celesti, e servirsi per far questo delle realtà terrene, in modo però che l’uso dei beni temporali non rechi pregiudizio alla loro felicità eterna. (…)
In che modo va sviluppata oggi la dottrina
6. 1. Ciò premesso, venerabili fratelli, diventa chiaro che cosa è stato demandato al concilio ecumenico per quanto riguarda la dottrina.
2. Il ventunesimo concilio ecumenico – che si avvale dell’efficace e importante aiuto di persone che eccellono nella scienza delle discipline sacre, dell’esercizio dell’apostolato e della rettitudine nel comportamento – vuole trasmettere integra, non sminuita, non distorta, la dottrina cattolica, che, seppure tra difficoltà e controversie, è divenuta patrimonio comune degli uomini. Questo non è gradito a tutti, ma viene proposto come offerta di un fecondissimo tesoro a tutti quelli che sono dotati di buona volontà.
3. Però noi non dobbiamo soltanto custodire questo prezioso tesoro, come se ci preoccupassimo della sola antichità, ma, alacri, senza timore, dobbiamo continuare nell’opera che la nostra epoca esige, proseguendo il cammino che la chiesa ha percorso per quasi venti secoli.
4. Ma il nostro lavoro non consiste neppure, come scopo primario, nel discutere alcuni dei principali temi della dottrina ecclesiastica, e così richiamare più dettagliatamente quello che i padri e i teologi antichi e moderni hanno insegnato e che ovviamente supponiamo non essere da voi ignorato, ma impresso nelle vostre menti.
5. Per intavolare soltanto simili discussioni non era necessario indire un concilio ecumenico. Al presente bisogna invece che in questi nostri tempi l’intero insegnamento cristiano sia sottoposto da tutti a nuovo esame, con animo sereno e pacato, senza nulla togliervi, in quella maniera accurata di pensare e di formulare le parole che risalta soprattutto negli atti dei concili di Trento e Vaticano I; occorre che la stessa dottrina sia esaminata più largamente e più a fondo e gli animi ne siano più pienamente imbevuti e informati, come auspicano ardentemente tutti i sinceri fautori della verità cristiana, cattolica, apostolica; occorre che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione. Va data grande importanza a questo metodo e, se è necessario, applicato con pazienza; si dovrà cioè adottare quella forma di esposizione che più corrisponda al magistero, la cui indole è prevalentemente pastorale.
In che modo vanno combattuti gli errori
7. 1. Aprendo il concilio ecumenico Vaticano II, è evidente come non mai che la verità del Signore rimane in eterno. Vediamo infatti, nel succedersi di un’età all’altra, che le incerte opinioni degli uomini si contrastano a vicenda e spesso gli errori svaniscono appena sorti, come nebbia dissipata dal sole.
2. Non c’è nessun tempo in cui la chiesa non si sia opposta a questi errori; spesso li ha anche condannati, e talvolta con la massima severità. Quanto al tempo presente, la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando. Non perché manchino dottrine false, opinioni, pericoli da cui premunirsi e da avversare; ma perché tutte quante contrastano così apertamente con i retti principi dell’onestà, ed hanno prodotto frutti così letali che oggi gli uomini sembrano cominciare spontaneamente a riprovarle, soprattutto quelle forme di esistenza che ignorano Dio e le sue leggi, riponendo troppa fiducia nel progressi della tecnica, fondando il benessere unicamente sulle comodità della vita. Essi sono sempre più consapevoli che la dignità della persona umana e la sua naturale perfezione è questione di grande importanza e difficilissima da realizzare. Quel che conta soprattutto è che essi hanno imparato con l’esperienza che la violenza esterna esercitata sugli altri, la potenza delle armi, il predominio politico non bastano assolutamente a risolvere per il meglio i problemi gravissimi che li tormentano.
3. Così stando le cose, la chiesa cattolica, mentre con questo concilio Ecumenico innalza la fiaccola della verità cattolica, vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati. All’umanità travagliata da tante difficoltà essa dice, come già Pietro a quel povero che gli aveva chiesto l’elemosina: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il nazareno, cammina!” (At 3,6). In altri termini, la chiesa offre agli uomini dei nostri tempi non ricchezze caduche, né promette una felicità soltanto terrena; ma dispensa i beni della grazia soprannaturale, i quali, elevando gli uomini alla dignità di figli di Dio, sono di così valida difesa ed aiuto a rendere più umana la loro vita; apre le sorgenti della sua fecondissima dottrina, con la quale gli uomini, illuminati dalla luce di Cristo, riescono a comprendere a fondo che cosa essi realmente sono, di quale dignità sono insigniti, a quale meta devono tendere; infine, per mezzo dei suoi figli manifesta ovunque la grandezza della carità cristiana, di cui null’altro è più valido per estirpare i semi delle discordie, nulla più efficace per favorire la concordia, la giusta pace e l’unione fraterna di tutti.
Promuovere l’unità nella famiglia cristiana e umana
8. 1. Questa sollecitudine della chiesa nel promuovere e tutelare la verità deriva dal fatto che, secondo il piano di Dio, “il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1Tm 2,4), senza l’aiuto dell’intera dottrina rivelata gli uomini non possono pervenire a una assoluta e saldissima unità degli animi, cui sono collegate la vera pace e l’eterna salvezza.
2. Purtroppo tutta la comunità dei cristiani non ha ancora pienamente e perfettamente raggiunto questa visibile unità nella verità. La chiesa cattolica ritiene suo dovere adoperarsi attivamente perché si compia il grande mistero di quell’unità che Cristo Gesù con ardentissime preghiere ha chiesto al Padre celeste nell’imminenza del suo sacrificio; essa gode di pace soavissima, sapendo di essere intimamente unita a Cristo in quelle preghiere; di più, si rallegra sinceramente quando vede che queste invocazioni moltiplicano i loro frutti più generosi anche tra coloro che stanno al di fuori della sua compagine. Se ben consideriamo, questa stessa unità, che Cristo impetrò per la sua chiesa, sembra quasi rifulgere di un triplice raggio di luce soprannaturale e salvifica, a cui corrispondono: l’unità dei cattolici tra di loro, che deve essere mantenuta fermissima e brillare come esempio; poi, l’unità che consiste nelle pie preghiere e nelle ardenti speranze con cui i cristiani separati da questa sede apostolica aspirano ad essere uniti con noi; infine, l’unità basata sulla stima e il rispetto verso la chiesa cattolica che nutrono coloro che seguono le diverse forme di religione non ancora cristiane.
3. A questo proposito – per quanto tutti gli uomini che nascono siano stati anch’essi redenti nel sangue di Cristo – c’è veramente da dolersi che tuttora gran parte del genere umano non partecipi ancora di quelle fonti di grazia soprannaturale che ci sono nella chiesa cattolica. Ne deriva che alla chiesa cattolica, la cui luce illumina tutte le cose e la cui forza di unità soprannaturale ridonda a vantaggio di tutta la comunità umana, si applicano perfettamente queste belle parole di san Cipriano: “Perfusa di luce, la chiesa del Signore diffonde i suoi raggi sul mondo intero; è però un’unica luce che viene irradiata dovunque, né viene scissa l’unità del corpo. Estende i suoi rami su tutta la terra per il copioso rigoglio, espande a profusione i rivoli che scaturiscono con abbondanza; ma è unico il capo e unica l’origine e unica la madre fertile per le fortunate fecondità: da lei siamo partoriti, siamo nutriti dal suo latte, siamo vivificati dal suo spirito” (De Catholicae Ecclesiae unitate, 5).
Venerabili fratelli,
4. Questo si propone il concilio ecumenico Vaticano II, il quale, mentre raccoglie insieme le migliori energie della chiesa e si sforza con zelo di far accogliere dagli uomini più favorevolmente l’annunzio della salvezza, quasi prepara e consolida la via per realizzare quell’unità del genere umano, che è come il necessario fondamento, perché la città terrena si organizzi a somiglianza della città celeste “il cui re è la verità, la cui legge è la carità, la cui grandezza è l’eternità” (S. Agostino, Ep. CXXXVIII, 3).
(…)