La lunetta del Galletti nel Duomo
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Sopra la bussola in legno della porta principale del Duomo di San Donà di Piave si può ammirare l’opera del sandonatese Giuseppe Galletti (1911-93), che ricopre appunto la lunetta, nascosta all’esterno dal pronao.
Il dipinto a mezza luna fu completato dell’artista sandonatese nell’autunno 1940.
L’annuncio dell’imminente completamento di quest’opera venne dato nel Foglietto Parrocchiale dell’1 settembre 1940:
“Qualcuno si chiederà: quando finirà il dipinto che sta nascosto dietro l’armatura – sopra la porta maggiore?
Siamo lieti di poter dire che ormai il lavoro è quasi perfetto e ci pare anche di poter assicurare che il grande quadro sarà veramente il poema sacro della Parrocchia di S. Donà verso la celeste Protettrice. Fin d’ora ci rallegriamo col giovane ma valente prof. Giuseppe Galletti, che in quest’opera afferma trionfalmente le sue preziose doti di artista cristiano.”
Il valente artista aveva ventinove anni.
Finalmente, qualche settimana dopo, mons. Saretta, che è uno dei personaggi ritratti, può descrivere l’articolata scena sacra nel Foglietto Parrocchiale del 13 ottobre 1940:
“È la grande pittura della lunetta sovrastante la porta principale della nostra Chiesa: Opera del giovane concittadino prof. Beppi Galletti, figlio del cav. Idillio. L’idea che l’artista ha voluto esprimere è veramente il poema della devozione di S. Donà verso la Vergine santissima e i Suoi Santi Protettori.
Nel mezzo del grandioso quadro troneggia appunto la Madonna, che stringe al petto il figliuolo divino.
Alla sua destra e sinistra campeggiano maestosi, in piedi, S. Donato e S. Liberale, il protettore della Parrocchia e quello della Diocesi. S. Liberale sostiene la Chiesa, che rappresenta la Parrocchia, ed è in atto di affidarla all’Arciprete, che è proteso ai suoi piedi, attorniato dal Clero. S. Donato Vescovo contempla con compiacenza la scena che si svolge e anch’egli è attorniato da varie categorie di fedeli, uomini, donne, bambini, religiosi, tutti protesi verso la Madre. Anche un incredulo, di fronte a una manifestazione così calda di fede, esortato dal Religioso che gli sta vicino, è scosso e si associa all’omaggio della folla.
Il Pittore ha sentito profondamente questo poema di fede e di amore e l’ha espresso con rara potenza.
Le difficoltà provenienti dalla moltitudine delle figure e dai loro diversi atteggiamenti sono state superate con molta perizia, e il quadro appare una unità bene fusa e portata ad esprimere l’unico concetto dominante. Tutti i personaggi nella loro varia grandezza, posizione ed espressione sono fatti servire per esprimere plasticamente l’idea centrale: la Parrocchia protesa verso i suoi Protettori celesti (specialmente verso la Vergine), e i Protettori benevoli e pronti verso i loro devoti.
Il pittore, pur servendosi di schemi tradizionali dell’antica Scuola Veneta, ha saputo esprimersi in forma originale, e senza accettare le bizzarrie e le stranezze di certe correnti ultra moderne, ha saputo rendere in maniera squisitamente moderna e aderente alla nostra sensibilità i pensieri e i sentimenti della sua vita e della vita religiosa di tutto il popolo.
L’aspetto dell’assieme è piacevole assai per la indovinata distribuzione di masse, per la colorazione veramente superba, per la vita che anima tutti i personaggi.
Con questo lavoro, lo diciamo con gioia, l’artista si è rivelato un Maestro nell’arte divina dei colori.”
Si può aggiungere a questa descrizione anche un’annotazione riguardante la composizione generale della scena, per la cui disposizione l’Artista sembra essersi ispirato ad altre due opere presenti nel Duomo: la vetrata di S. Tiziano e S. Donato e la pala d’altare del Cherubini.
L’opera presenta una costruzione simmetrica ed è suddivisa in tre settori da due colonne.
Al centro del settore centrale (e anche di tutta la scena), c’è la Vergine in trono con suo Figlio; ai due lati San Donato (con la veste del Vescovo) e San Liberale (con la corazza del soldato).
Il pastorale del Santo d’Arezzo e l’asta della bandiera del Santo d’Altino sono inclinati specularmente (qui l’Artista potrebbe essersi ispirato alla vetrata della cappella feriale) a formare una grande “V”; questi poi, assieme alle due colonne verticali, sembrano comporre anche una grande “M”, le iniziali della Vergine Maria.
A cura di Marco Franzoi
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Giuseppe Galletti
(tratto da www.sandonadomani.it)
Nato a San Donà di Piave nel 1911, dopo aver frequentato negli anni ’28-’29-’30 il Liceo artistico di Venezia e seguito il corso di pittura dal ’34 al ’39 all’Accademia di Belle Arti, assieme a Guido Cadorin e Virgilio Guidi, divenne subito, per le sue chiare doti artistiche, assistente presso la stessa cattedra di pittura dell’Accademia veneziana, assumendone poi la titolarità e insegnando anche scenografia e ornato.
Instancabile é stata la sua attività sia didattica che espositiva sin dal 1932 avendo partecipato alle più importanti rassegne in Italia ed all’estero, allestendo numerose personali a Venezia, Milano, Roma, Trieste, Ancona, Bologna, Mestre, nonché a Parigi, Vienna, Bordeaux, Zurigo, Ginevra, Losanna, Sion, Mexico City, ecc.
La sua vita artistica é stata un crescendo mirabile tanto che nel 1950 ebbe l’ambito riconoscimento di partecipare alla Biennale di Venezia, allorché la selezione era rigorosa e, paradossalmente, era più facile passare per la cruna di un ago. Lui era un “maestro” e la sua presenza una garanzia di rigorosa serietà.
Uno degli aspetti peculiari della pittura di Bepi Galletti é certamente la genuinità dell’ispirazione “castigata e schietta” come l’ha definita Giuseppe De Logu, illustre maestro e Direttore dell’Accademia di Venezia dove Galletti insegnava. Abitava a Venezia, ma con lunghi soggiorni a San Donà.
Nel 1963, Galletti abitava già a Venezia, ma volle rendere un omaggio alla sua città natale preparando i bozzetti per i mosaici realizzati nella Cappella del Cimitero da Valeria Ottone e Paolo Paolino.
Sua opera è anche il ritratto di mons. Angelo Dal Bo presente nella sacrestia del Duomo. L’artista sandonatese morì a Venezia nel 1993.