72 anni fa San Donà veniva liberata e finiva la guerra
Alle 8 del mattino del 25 aprile 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), il cui comando era riunito nel Collegio Salesiano Sant’Ambrogio di Via Copernico a Milano, decise l‘insurrezione contro i nazi-fascisti. Sandro Pertini esortò dalla radio tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia, facenti parte del Corpo Volontari per la Libertà, ad attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa, giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate:
«Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine…» (dal proclama di Sandro Pertini del 25 aprile 1945).
Bologna era già stata liberata il 21 aprile. Genova aveva iniziato l’insurrezione il giorno prima, il 24 aprile, e già il 25 i tedeschi si arrendevano ai partigiani. Quello stesso giorno iniziò l’insurrezione a Milano, mentre a Torino il 26 aprile.
Anche a San Donà e in tutto il territorio le forze partigiane si mobilitarono…
Dal 26 al 29 aprile (giorno dell’arrivo – nel tardo pomeriggio – delle forze alleate americane e neo-zelandesi) in diversi luoghi del Basso Piave (San Donà, Musile, Noventa, Eraclea, Caposile…) ci furono scontri e combattimenti tra partigiani e forze nazi-fasciste (composte da tedeschi e italiani), con morti tra i partigiani, militari e civili inermi.
In particolare, il pomeriggio del 26 aprile i partigiani (molti erano giovani cattolici) fecero prigionieri tutti i tedeschi di San Donà: rimasero uccisi negli scontri tre partigiani ed un militare tedesco.
La Caserma San Marco (che si trovava nel luogo degli omonimi Giardini) e l’Oratorio Don Bosco (i Salesiani erano sfollati a Casa Montagner nella seconda settimana di ottobre 1944 e vi ritornarono l’8 maggio ’45) divennero le affollate prigioni per le milizie catturate dai partigiani (all’Oratorio furono rinchiusi oltre mille prigionieri tedeschi).
La lapide commemorativa
Il 26 aprile è pertanto ricordato come il giorno della liberazione di San Donà, come inciso in una lapide marmorea collocata sotto il porticato del Municipio:
I PATRIOTI DI SAN DONÀ FIERAMENTE IMPUGNANDO LE ARMI / CHE FURONO GLORIA DEI PADRI / IN UN IMPETO DI RIBELLIONE GENEROSO E INCONTENIBILE / IL 26 APRILE 1945 / DI TRE GIORNI PRECORRENDO LE ARMATE ALLEATE / LIBERAVANO QUESTA TERRA DAL GIOGO FASCISTA E TEDESCO / L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE CONSACRA LA STORICA DATA / PER AMMONIMENTO CONTRO TUTTE LE TIRANNIDI.
Entro il 1º maggio tutta l’Italia settentrionale era liberata.
La resa definitiva delle forze nazifasciste all’esercito alleato, che segnò la fine della guerra sul territorio italiano, si ebbe il 3 maggio, come stabilito formalmente dai rappresentanti delle forze in campo con la firma della resa di Caserta (29 aprile 1945).
La resa definitiva delle forze nazifasciste all’esercito alleato, che segnò la fine della guerra sul territorio italiano, si ebbe il 3 maggio, come stabilito formalmente dai rappresentanti delle forze in campo con la firma della resa di Caserta (29 aprile 1945).
Il giubilo del Parroco
Mons. Luigi Saretta, arciprete di San Donà, rimase assieme alla popolazione durante tutti gli anni anche di questa guerra, in particolare durante i tragici bombardamenti degli alleati che cominciarono a colpire San Donà a partire dal luglio 1944 e continuarono sino al 25 aprile 1945, con numerose vittime tra i civili, oltre che ad ingenti danni alle opere (il ponte sul Piave, l’Ospedale Umberto I, il Piccolo Rifugio…).
Queste le parole dell’Arciprete il 1 aprile 1945: “Auguro a tutti buona Pasqua. Siamo ancora in mezzo alle tribolazioni, agli spaventi e alla morte, ma coraggio! Con l’aiuto di Dio, supereremo tutte le prove e tornerà finalmente il giorno della pace e della gioia…“
Una settimana dopo, l’8 aprile, sempre dalle pagine del Foglietto, raccomandava di rimanere “attenti alle farfalle volanti”, gli ordigni lanciati dagli alleati che avevano già causato la morte di un giovane.
Il 15 aprile, quando ormai soffiava l’aria della liberazione, mons. Saretta ammoniva i fedeli a non cadere nella tentazione dell’odio e della vendetta che potevano scatenarsi: “L’ora che passa è arroventata da un clima di odio e di vendetta… Il nostro cuore è straziato, più che dalle rovine e dai quotidiani spaventi della guerra, dalle voci e dai propositi di vendetta che risuonano minacciosi anche in mezzo al popolo cristiano… Ciò è spaventoso: l’omicidio volontario è un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio. Bisogna finirla. Basta col sangue…”
Nelle giornate che seguirono, sicuramente questo monito fu tenuto presente (molti dei partigiani erano giovani cattolici, conosciuti da Saretta), visto il contenuto numero di vittime negli scontri nel Sandonatese.
Nelle giornate che seguirono, sicuramente questo monito fu tenuto presente (molti dei partigiani erano giovani cattolici, conosciuti da Saretta), visto il contenuto numero di vittime negli scontri nel Sandonatese.
Finalmente il desiderio di pace e libertà si concretizzò un paio di settimane dopo e, dalle pagine del Foglietto Parrocchiale del 13 maggio, il Parroco poteva esprimere il suo giubilo e fede, memore del voto fatto alla Vergine nel cortile dell’Oratorio il 24 settembre 1943:
“Finalmente liberi e riuniti con la nostra Patria!
In quest’ora solenne desiderata e conquistata con tanti sacrifici e con tanto sangue, il nostro primo pensiero deve essere di riconoscenza a Dio e alla Celeste Protettrice.
La Madonna ci ha salvato! A Lei ci siamo rivolti fino dal 24 Settembre del 1943 e per venti mesi in ogni casa e in tutte le manifestazioni religiose, con gli occhi gonfi di lagrime e le anime sazie di angoscia e di terrore, ogni giorno l’abbiamo invocata: Maria, Madre, salvaci! Salva la Parrocchia, salva i nostri figli, salva la nostra Patria; salva, solleva, conforta i nostri cuori affranti. E Maria ci ha salvato! (…)
Non so quante incursioni siano state compiute contro la nostra Cittadina, dal mese di luglio
dell’anno scorso fino all’ultima sera spaventosa, prima della liberazione. Furono sganciate
migliaia di bombe e spezzoni. S. Donà avrebbe dovuto esser distrutta. Invece… le sue rovine sono
molte, ma la struttura della Cittadina del Piave è intatta e in poco tempo potranno essere
cancellate le sue dolorose ferite. Maria ci ha salvato! (…)“
La festa nazionale della Liberazione
Su proposta del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, per il 1946 fu decretato: «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale» (articolo 1 del decreto legislativo luogotenenziale n. 185 del 22 aprile 1946).
La ricorrenza del 25 aprile venne poi celebrata anche negli anni successivi e dal 1949 è divenuta ufficialmente festa nazionale.
A cura di Marco Franzoi
Fonti
-Teker D.S. “Storia Cristiana di un popolo” (1994)
-Biason M. “Un soffio di libertà. La Resistenza nel Basso Piave” (2007)
-Foglietto Parrocchiale del Duomo di San Donà di Piave (1945)
-Perissinotto W. “Ancora un giro di giostra” (2006)
-Leandro e Arturo Rizzo – Testimonianze orali (2005-2006)
-Leandro e Arturo Rizzo – Testimonianze orali (2005-2006)
-https://www.sandonadomani.it
-https://www.storiadimilano.it/
-RAI Storia del 23/4/2015