Cinquant’anni fa veniva inaugurato il busto di mons. Saretta (seconda ed ultima parte)
Accorsero a rendere omaggio al loro Maestro e alla loro guida di un tempo, parecchi sacerdoti, ex Cappellani, provenienti dalle varie parti della Diocesi. Alcuni di essi non potendo essere presenti, scrissero nobilissime lettere riboccanti di stima e di affetto verso il grande scomparso.

Quest’anima si è gettata a capofitto a ricostruire con una visione cristiana, civile, sociale di vasta portata… Era il tempo del “carrettino” e fra le necessità, le indigenze, egli si manifestava irruente, violento domandando talvolta fino all’ultimo centesimo ai suoi collaboratori per sanare situazioni difficili. In mezzo a situazioni più impreviste egli sapeva salvare la impostazione cristiana di tutta la vita sandonatese. Agiva nonostante la sua salute cagionevole.
In particolare, affermava l’Arcivescovo, Mons. Saretta ricorda ai Sacerdoti che il Signore li ha mandati in mezzo al mondo per essere testimonianza dell’Eterno Sacerdote, e che il mondo oggi ha bisogno di Sacerdoti come Papa Giovanni XXIII che ha messo in ginocchio tutto il mondo con la carità di Cristo.
Veniva quindi cantato il «Libera me Domine» e l’Arcivescovo dava la assoluzione al tumulo. Successivamente, scoperto il busto in marmo, che il Prof. Francesco Rebesco, con mano d’artista ha scolpito ritraendone fedelmente un Mons. Saretta nel pieno vigore delle sue forze, sorridente e serio allo stesso tempo, e veniva da Mons. Cunial benedetto.
A questo punto, per ricordare le benemerenze oltre che civiche anche patriottiche del defunto, dalla Banda fu eseguita la Leggenda del Piave.
Mons. Dal Bo diceva perché il busto fu collocato sull’atrio del Duomo, e passava a leggere l’epigrafe scolpita sulla lapide posta sotto il busto: essa infatti dice:
L’Arciprete diceva che S. Donà, in questa circostanza, voleva accomunare nel ricordo e nel suffragio anche altri benemeriti sacerdoti che esplicarono la loro attività sacerdotale a fianco di mons. Saretta, quali Don Carlo Marcon, Don Giuseppe Zaio, salesiano, don Giuseppe Ferrarese, le cui salme avranno comune definitiva sepoltura nella tomba dei sacerdoti nel nostro Cimitero, e Mons. Primo Barbazza, ex Cappellano di S. Donà deceduto per tragico incidente appena pochi giorni prima.
Mons. Ettore Cunial (1905-2005)
Conosciamo un po’ più da vicino la figura dell’Arcivescovo mons. Cunial, uomo di chiesa di grande levatura, originario di Possagno (diocesi e provincia di Treviso), patria dello scultore Canova, dove nacque centodieci anni fa, il 16 novembre 1905, e di cui ricorrono quest’anno i dieci anni dalla morte, avvenuta sempre nella sua Possagno il 6 ottobre 2005.
Durante la prima guerra mondiale fu profugo in Sicilia. Il 7 luglio 1929 venne ordinato sacerdote dal Vescovo di Treviso, il beato mons. A. G. Longhin.
Fu quindi a San Donà, come cappellano di mons. Luigi Saretta.
Dopo un anno di ministero nella regione veneta, venne mandato nella capitale dal vescovo Longhin, su richiesta del futuro cardinale Pietro Pavan, per occuparsi della cura pastorale dell’Agro romano.
In occasione del cinquantesimo di episcopato (2003) mons. Cunial ebbe a dire di quegli anni: «Ricordo la povertà delle persone che vivevano in quella zona. Celebravamo la Messa in una stalla e la gente aveva bisogno di tutto».
Trascorse quindi quattro anni nel Seminario Minore come rettore. Nel 1936 fu nominato parroco di Santa Lucia alla Circonvallazione Clodia di Roma, per circa 17 anni.
Durante la seconda guerra mondiale nascose nei locali della chiesa ebrei e ricercati, aiutato da Vittorio Tredici (Giusto tra le Nazioni).
L’11 aprile 1953 Papa Pio XII conferì ad Ettore Cunial la nomina onorifica ad Arcivescovo di Soteropoli (antica sede soppressa), con l’incarico di secondo vicegerente (Vescovo ausiliare) della Diocesi di Roma.
Ricevette la consacrazione episcopale il 17 maggio 1953 dal cardinale Micara; co-consacranti erano mons. Traglia (primo vicegerente di Roma) e mons. Mantiero, vescovo di Treviso.
Nel 1960 venne nominato vicegerente (Vescovo ausiliare) per la diocesi di Roma, incarico che mantenne fino al 19 dicembre 1972, quando divenne canonico della Basilica Vaticana.
Dal 1954 sino alla fine degli anni sessanta mons. Ettore Cunial fu anche Assistente Ecclesiastico nazionale dell’ASCI (Associazione Scout Cattolici Italiani).
Furono anni (come ebbe egli a dire in un’intervista del 2001) in cui si puntò moltissimo sulla formazione dei Capi, sul loro ruolo nei confronti dei giovani, ed anche sulla definizione di quella particolare Chiamata che lo Scautismo vive nella sua essenza Cattolica: “la Chiamata a Nazareth, alla testimonianza del figlio di Dio, a Cristo che si pone ad obiettivo dell’intera educazione scout.”
Monsignor Cunial ribadì come l’ASCI si fosse fatta portatrice di questo messaggio, così forte e così incisivo da aver prodotto negli anni più vocazioni della stessa Azione Cattolica. Egli fu anche assistente del MASCI.
Mons. Cunial fu in parte critico con l’esperienza di unificazione nel 1974 tra l’ASCI e l’AGI a formare l’AGESCI poiché “si sarebbe dovuta trovare un’altra via per mettere in contatto Scautismo e Guidismo, e lui era pronto a discuterne, a cercare un modo perché l’immenso patrimonio di idee e persone prodotti dal Guidismo AGI e dallo Scautismo ASCI non andassero perduti, come poi – disse – è in parte successo.”
Mons. Cunial stimava molto i grandi personaggi che hanno contribuito a dare solidità di mezzi e di idee allo Scautismo ed al Guidismo Italiani: padre Ruggi (“Una delle più belle menti che io abbia conosciuto“), mons. Nobels, Enrico Dalmastri che lui avrebbe voluto addirittura Beato per l’altissima Fede e gli ideali che perseguiva così tenacemente. (fonte: Andrea Padoin, 2001)
Come arcivescovo nel 1955 conferì l’ordinazione presbiterale a padre Stefano Maria Manelli, fondatore dei Frati francescani dell’Immacolata e nel 1957 al futuro cardinale José Saraiva Martins.
Il 23 dicembre 1975 il beato Paolo VI lo nominò vice camerlengo di Santa Romana Chiesa, incarico che mantenne sino al 23 ottobre 2004 quando, all’età di 98 anni, presentò le sue dimissioni.
Alla sua morte, avvenuta a Possagno (ospite negli ultimi mesi di vita nel Collegio Canova dei padri Cavanis di cui era stato allievo) poche settimane prima di compiere i 100 anni, mons. Ettore Cunial era il più anziano vescovo al mondo e dopo di lui la sede dell’Arcidiocesi di Soteropoli risulta vacante.
A presiedere il funerale, svoltosi nella chiesa parrocchiale di Possagno, fu il vescovo di Treviso, Andrea Bruno Mazzocato.
Nell’occasione la diocesi di Roma era rappresentata da mons. L. Andreatta, che così ricordò il presule defunto: «Era un uomo di Dio, ricco di grande umanità, attento ai cambiamenti sociali e soprattutto sensibile ai problemi delle persone. Sapeva unire a un’acuta intelligenza una profonda cultura.
Era un uomo e un sacerdote ricco di profonda fede che leggeva i fatti della vita alla luce della Parola di Dio e che ha sofferto molto nel silenzio, subendo talora incomprensioni, torti e ingiustizie, ma mantenendo sempre la sua prudenza e saggezza».
A cura di M. F.
Fonti:
Foglietto Parrocchiale Parrocchia del Duomo di San Donà di Piave, nn. 28/3/1965, 9/5/1965, 13/6/1965
https://www.marcatrevigiana.it
https://www.zio-zeb.it/cunial.html (“Esperienze e Progetti” n. 138, Agosto – Ottobre 2001)
https://www.cunial.org/