“Non perdiamo la capacità di piangere per tante vite derelitte e tante speranze spezzate”
Il Vescovo alla veglia di preghiera in ricordo dei migranti vittime dei naufragi invita a lasciarci scuotere
Fonte: Sito diocesi di Treviso
Il brano della chiamata di Abramo fa da filo conduttore alla riflessione del Vescovo durante la veglia di preghiera, venerdì 3 ottobre, in memoria delle vittime del terribile naufragio di un anno fa al largo di Lampedusa, quando morirono 368 migranti.
Dallo scorso 22 marzo sono passati per le strutture Caritas 299 persone, di cui 28 donne, 13 minori non accompagnati e altri 13 accompagnati. In grande maggioranza si tratta di somali, eritrei e siriani. Attualmente 37 sono in carico alla Caritas Tarvisina, altri 14 in altre strutture del territorio, mentre tutti gli altri si sono allontanati dal territorio italiano, magari per raggiungere famigliari all’estero.
L’invito del Vescovo a non restare indifferenti di fronte a tali tragedie è risuonato forte: “Questi eventi appartengono all’umanità di cui facciamo parte. Ci lasciano forse senza parole, ci mettono di fronte alla nostra impotenza; ma non ci lascino indifferenti. Chiediamo che non ci lascino indifferenti, che ci rendano capaci di compassione”.
Un appello che papa Francesco aveva proprio durante la sua visita a Lampedusa: “Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere”. “Chiediamo, questa sera – ha concluso il Vescovo -, di non perdere la capacità di piangere. Convinti che Dio ha pianto e piange su queste vite derelitte, su queste speranze spezzate, su questa umanità segnata da così grandi ferite”.
La veglia è proseguita con l’accensione da parte di ogni presente di una piccola candela, segno che con il contributo di ciascuno si può illuminare il cammino dell’umanità, anche nelle difficoltà o nel dolore, e con l’ascolto di una serie di brani del Nuovo Testamento sulla carità, ma anche di alcuni versetti del Corano sulla speranza del credente di essere esaudito da Allah.
Al termine, l’impegno personale di ciascuno di lavorare per un mondo migliore, capace di riconoscere in ogni persona un fratello, è stato suggellato da una firma particolare: su un foglio bianco ognuno ha posto la propria impronta digitale.