Le campane del Duomo di San Donà – Cenni storici e musicali
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Accanto alla chiesa arcipretale di San Donà di Piave, intitolata a Santa Maria delle Grazie, ma per i sandonatesi semplicemente “il Duomo”, svetta un campanile ragguardevole, non soltanto per la sua imponenza – 76.5 metri di altezza fino alla cima dell’angelo e 8 metri di lato della “canna” quadrata – ma anche per il “concerto” di campane che esso ospita, di cui daremo alcuni cenni storici e musicali.
Il rapporto massa/diametro colloca le campane del Duomo di San Donà nella categoria medio- leggera rispetto ai canoni campanari mitteleuropei [1], mentre rispetto ai parametri comunemente adottati in Italia esse rientrano decisamente nelle categorie superiori.
Con il suo peso complessivo di quasi nove tonnellate (8.842 kg), il concerto del Duomo di San Donà è il settimo in Veneto e il secondo nella provincia di Venezia, superato soltanto dalle dieci tonnellate (10.365 kg) delle campane della Basilica di S. Marco a Venezia, mentre con le sue tre tonnellate (3.312 kg) il “campanone” del Duomo di San Donà è l’ottava campana più grande in Veneto.
Cenni storici
Prima Guerra Mondiale
Da oltre un secolo, le campane del campanile del Duomo di San Donà sono fornite dalla premiata, e tuttora attiva, Fonderia De Poli.
Si ha infatti notizia di una fornitura effettuata dalla ditta De Poli di Udine, quattro campane installate su un castello di ferro: un DO di 3.600kg; un RE di 2.500 kg; un MI di 1.500 kg; e una campanella (“sonello”) di 250 kg [2].
Complessivamente questo gruppo pesava 7.850 kg, cioè circa una tonnellata in meno dell’attuale, ma consisteva di quattro, anziché di sei campane. E comunque il vecchio “campanone” era più pesante dell’attuale.
Quelle campane furono benedette nel 1855 e restarono in servizio fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Purtroppo tutte le campane andarono perdute nelle drammatiche settimane che seguirono la rottura del fronte a Caporetto, nel tardo ottobre del 1917.
Nell’ultimo anno della Grande Guerra, l’esercito austro-ungarico operò una sistematica requisizione di campane nei territori occupati, ma anche in quelli dell’impero, allo scopo di recuperare metallo da fondere per produrre armi e munizioni.
I documenti negli archivi hanno rivelato come, almeno nei territori dell’impero, la scelta delle campane da requisire venisse condotta dai militari austriaci con metodo e scrupolo, con apposite commissioni tecniche che stilavano liste di priorità, vagliando gli impatti storico-artistici, socio- politici, e anche quelli musicali. Gli austriaci, poi, registravano meticolosamente le caratteristiche delle campane da avviare alla fusione [3], forse già preconizzando un vittorioso dopoguerra, quando quella documentazione avrebbe consentito di ricompensare, con accurate ricostruzioni e restauri, quelle comunità che con i loro sacrifici avevano sostenuto lo sforzo bellico dell’impero.
È lecito dubitare che l’esercito austroungarico abbia impiegato altrettanta amorevole cura nelle requisizioni operate nei territori italiani del Nord-Est, occupati durante la rapidissima avanzata che spostò la linea del fronte dall’Isonzo al Piave, dopo Caporetto.
Tuttavia, non c’era soltanto l’esercito germanico a mettere a rischio le campane nei territori del Nord-Est, poiché durante la drammatica e disordinata ritirata verso la linea del Piave, il genio militare italiano fece sistematicamente brillare ogni infrastruttura che potesse offrire un vantaggio tattico se caduta nelle mani del nemico. Erano momenti concitati, il nemico avanzava rapidamente, e non si andava molto per il sottile. Gli italiani sacrificarono non soltanto ponti e depositi di materiali ma anche campanili, perché potevano diventare comodi punti di ricognizione per il nemico.
Così avvenne che, alle ore 23 del 7 novembre 1917, quindi due settimane dopo lo sfondamento a Caporetto (24 ottobre), mentre San Donà stava per essere invasa dall’avanguardia dell’esercito germanico e veniva sgomberata, il genio militare italiano fece brillare il campanile e poi anche il ponte sul Piave [4].
Il campanile di San Donà fatto brillare con a terra alcune delle campane apparentemente ancora integre (tratta da A. Battistella e A. Milanese “Per non dimenticare” – Grafiche Noventa Srl – 1998, pag. 16)
Nell’archivio fotografico delle Belle Arti [5] si trova documentazione fotografica delle requisizioni austriache dei resti di campane recuperate dalle macerie dei campanili fatti brillare dagli italiani in varie località lungo la linea del fronte del Piave. La prima fotografia sembra essere un centro di raccolta e classificazione del materiale campanario recuperato e requisito.
Resti di campane recuperate dalle macerie di campanili fatti brillare e da avviare alla fusione per la produzione di materiale bellico (fonte: archivio fotografico delle Belle Arti [5])
La seconda fotografia mostra delle truppe austriache che requisiscono le campane, integre o distrutte, per avviarle alla fusione per la produzione di materiale bellico.
L’esercito austroungarico requisisce le campane (fonte: archivio fotografico delle Belle Arti [5])
Primo Dopoguerra
Pochi anni dopo la fine della Grande Guerra, il governo italiano varò un ampio programma di restauro di chiese, campanili e campane nei territori del Friuli, Veneto, e Trentino che più di altri avevano subìto danneggiamenti e requisizioni in quegli ultimi dodici durissimi mesi di combattimenti che vanno da Caporetto (24 ottobre 1917) all’armistizio (4 novembre 1918).
In pochi mesi, fra il 1921 e il 1922, l’imponente campanile del Duomo fu rapidamente ricostruito nella sua forma attuale, con un’altezza di 71 metri (76metri compreso il primo angelo in legno) e la canna di 8 metri di lato. Osservando lo zoccolo alla base (9.35 metri di lato) si nota che esso è più basso di 20 cm dalla parte del Duomo: questo apparteneva infatti al precedente campanile, il cui crollo ebbe un impatto tale da farlo parzialmente sprofondare nel terreno [6].
Operai che costruiscono i pilastri del nuovo ponte sul Piave (1921): a destra, sullo sfondo, si vedono le impalcature del costruendo nuovo campanile del Duomo di San Donà (fonte: archivio personale Filiberto Battistella)
Le prime tre campane del peso complessivo di 7.200 kg, intonate in LA, SI, e DO#, furono fuse il
18 febbraio 1922 dalla ditta G.B. De Poli di Udine (la stessa che aveva già fornito le quattro campane del distrutto campanile), collaudate il 10 maggio, insediate nella cella campanaria del campanile nel marzo 1923, e suonate per la prima volta nel Sabato Santo del 31 marzo 1923. Nel luglio del 1923 fu aggiunto anche un “sonello” di 200 kg [2].
Un decennio dopo, fra il 1930 e il 1932, la ditta De Poli, ma stavolta a Vittorio Veneto, fuse e installò sul campanile di San Donà delle nuove campane e un sonello.
Trascorse un altro decennio, e nel 1940 si ebbe la rottura del campanone, come testimoniato dalle parole del parroco mons. Saretta nel Foglietto Parrocchiale (F.P.) del 25 agosto 1940:
“Rottura della campana grande -Una grande sciagura si è di nuovo abbattuta sulla nostra Chiesa: anche la terza campana, quella grande, il campanone si è spezzato, proprio nella festa della Madonna Assunta e con la sua voce prima rauca e poi fessa ci ha annunziato la sua morte improvvisa. Non vi posso esprimere tutta l’amarezza che ho provato per questa disgrazia, sebbene essa non sia giunta inaspettata.
Purtroppo i lavori dell’immediato dopo guerra, si sa, furono compiuti in fretta e anche le campane, fuse con materiale bellico, rivelarono subito la loro origine affrettata. Si ruppe presto la più piccola, poi la seconda e, dopo diciott’anni di vita, è morta anche la Campana grande! Diciotto anni sono pochi per un uomo, ma per una campana sono un nulla […] È veramente dunque una sciagura quella che si è abbattuta sulla nostra Chiesa.
Perché la rifusione di una campana, specialmente oggi, rappresenta, oltre tutto il resto, una spesa enorme. Si tratta di una campana non comune: essa pesa quasi trentacinque quintali! E non è facile che il lavoro venga eseguito in modo da ottenere il perfetto accordo con le altre campane […] Bisogna che ritorni presto più forte, più sonora, più armoniosa la nostra Campana grande. Anche le altre sarebbero mortificate e tristi senza di lei […] Perciò abbiamo già preso accordi con la Ditta De Poli di Vittorio Veneto per i lavori necessari, senza nessuna esitazione, senza perdere un minuto di tempo.”
Finalmente nel F.P. del 20 ottobre 1940 l’arciprete scriveva:
“Mentre scriviamo queste righe, il campanone rifuso ritorna nella cella a riprendere il suo posto fra le altre sorelle […] L’animo è ripieno di gioia, come per il ritorno di una persona cara e desiderata […] Il suo viaggio da Vittorio Veneto a San Donà (tramite il mezzo offerto gratuitamente dal direttore della Plip) è stato un viaggio trionfale. A Conegliano i cittadini hanno fermato il convoglio, per ammirare la superba campana, che risplendeva sul carro come un gioiello […]”.
Secondo Dopoguerra
La Seconda Guerra Mondiale passò senza danni per il Duomo, il campanile (utilizzato come rifugio per la popolazione durante i bombardamenti Alleati del 1944-45), e per le campane.
Quattro delle sei campane attualmente in servizio sono ancora quelle originali degli Anni ’30, e gli unici due interventi manutentivi effettuati nel Secondo Dopoguerra furono: nel 1956, la seconda rifusione – dopo quella del 1940 – del campanone (LA2); e, nel 1978, la rifusione della seconda campana più grande (SI2).
Vista la frequenza con cui si rompono le campane più grandi, verrebbe da pensare che queste siano intrinsecamente più fragili, come se la violenza degli urti con gli enormi battagli potesse causare danni maggiori, enfatizzati magari da qualche difetto nella lega o nel processo di fusione di oggetti di più di tre tonnellate.
La foto seguente mostra l’interno campana in SI2, la seconda più grande e anche la più giovane delle sei, essendo stata rifusa nel 1978. Si notano le scheggiature sul bordo, forse causate dall’entità delle vibrazioni, ma ad impressionare è soprattutto la profonda ammaccatura procurata dal battaglio sull’interno del paraboloide.
Visto che il piano di oscillazione del battaglio è fisso, solidale con il castello dove è imperniata la campana, un tipico modo per distribuire lungo la circonferenza interna del paraboloide gli urti e quindi l’usura, e quindi per prolungare la vita delle campane, è quello di sfruttare il tipico aggancio a corona posto sulla sommità delle campane, che consente di smontarle dal castello, di ruotarla (es. di 45 gradi, quindi consentendo fino a 4 rotazioni), e di fissarla nuovamente al castello.
Nella stessa foto, ma ancora meglio nella successiva, si può vedere l’imbragatura di sicurezza applicata al battaglio, per evitare che esso, spezzandosi, possa essere scagliato lontano dalla torre come un proiettile. Uno spesso cavo di acciaio attraversa il battaglio in diversi possibili punti di rottura, così garantendo un’efficace ancoraggio dello stesso al castello in ogni evenienza.
A sinistra dettaglio del battaglio della campana in SI2 (la seconda più grande).
Nella foto a destra si vede la stessa campana da diversa prospettiva (foto degli autori dell’11 marzo 2023)
Dettaglio del battaglio del “campanone” (LA2), con gli ancoraggi di sicurezza. Sullo sfondo il giovane Edoardo Rotondi, appassionato di campanaria, che ha accompagnato gli autori dell’articolo nel sopralluogo sulla cella campanaria l’11 marzo 2023, centesimo anniversario dell’apertura del Duomo [foto P. Franzoi]
Nel F.P. luglio 1956il parroco mons. Saretta commentava così la seconda rottura del “campanone”: “La campana grande non suona più. Si è spaccata nella festa di S. Pietro (29 giugno, ndr) […]
Ma il suo silenzio non sarà lungo. Il popolo cristiano di S. Donà ama le sue sonore e armoniose campane, specialmente la campana grande che nei giorni solenni portava sempre una nota grave di maestà e di trionfo.
Perciò abbiamo preso subito contatto con la Ditta Fonditrice e speriamo che il sacro bronzo risalirà presto nella cella campanaria per unirsi al concerto delle altre campane sorelle minori.
La spesa per la rifusione non è piccola, ma non abbiamo avuto un momento di incertezza: siamo certi che i buoni e generosi fedeli della Parrocchia ci aiuteranno a pagare […]
E confidiamo che nessuna famiglia di S. Donà si rifiuterà di dare il suo obolo perché ritorni presto a squillare dall’alto del campanile il nostro Campanone, che è forse il più grande della Diocesi.”
Infatti, già in quel Foglietto e nei successivi, per vari mesi, si riportano le numerose e generose offerte per avere nuovamente attivo il “campanone”.
Intanto nel F.P. 29 luglio 1956 si dava notizia che:
“La campana è discesa dal campanile. È discesa lentamente, come fosse umiliata e dolorante. E subito è partita per… la Casa di cura. Ora è già in fonderia e se tutto va bene, il 10 agosto sarà di ritorno a S. Donà, per risalire sulla cella campanaria e cantare con le altre sorelle, l’invito alla grazia e all’amore per la prossima festa della Madonna Assunta”.
Nel F.P. del 19 agosto 1956 il Parroco comunica:
“La campana è rifusa. L’abbiamo vista appena terminata la fusione. L’Ingegnere della Ditta ci ha assicurato che il lavoro si è svolto con tutti i segni e le garanzie di una buona riuscita […] Spero di potervi annunziare oggi stesso quando, in un giorno di questa settimana, si farà il trasporto e la posa in opera.”
E finalmente, nel F.P. del 26 agosto 1956 viene dato il lieto annuncio:
“La Campana è tornata. Non abbiamo potuto ancora sentirla, ma siamo sicuri che starà bene in concerto con le altre e rinnoverà il tono solenne e maestoso, che la rendeva così imponente prima della rottura.”
Si è già riferito che ad effettuare entrambe le rifusioni del campanone, nel 1940e nel 1956, fu la fonderia De Poli di Vittorio Veneto, che, alla fine del 1978, rifuse anche la seconda campana più grande, il SI2, quella che batte il Mezzogiorno, poiché essendosi incrinata aveva perso l’intonazione.
Particolare della scritta sulla campana del Mezzogiorno: “RIFUSA NELL’ANNO 1978. PAPA GIOVANNI PAOLO II” [foto M. Franzoi]
Il mistero della settima campana
Dagli archivi della fonderia De Poli emerge che, nel 1930, era stata fornita al Duomo di San Donà anche una campana di 1.280 kg, 127 cm di diametro, e intonata in RE. Ebbene, non solamente oggi questa campana non c’è più, ma per le sue dimensioni neppure troverebbe posto nel telaio.
Con ogni probabilità l’attuale telaio risale all’intervento di rifusione del campanone del 1956, quindi se ne deduce che già in quell’anno la misteriosa campana in RE non c’era già più.
Né gli archivi della canonica né quelli della ditta De Poli offrono documentazione che lo attesti, ma è vox populi che la settimana campana in RE sia stata sacrificata nel 1956 per la rifusione del campanone.
D’altronde, come vedremo nella seconda parte dell’articolo, il RE era anche la nota musicalmente più sacrificabile.
La caduta dell’angelo
L’ultimo evento drammatico e memorabile occorso alle campane del Duomo di San Donà ebbe luogo nella notte dell’8 agosto 1966. Durante un violento temporale, sul campanile si abbatté un fulmine di tale potenza che il parafulmine non riuscì a dissipare tutta l’energia. La scarica elettrica attraversò la statua dell’angelo in cima al campanile, fatta di legno ricoperto da una lamina di rame, e innescò una lenta combustione. Dopo alcune ore, prima dell’alba, la struttura della statua cedette e precipitò rovinosamente al suolo, provvidenzialmente, senza procurare danni al campanile, alle campane, o alle numerose persone presenti sul posto.
Di quella statua andata distrutta è rimasta la testa, conservata ed esposta in un locale di Udine [6]. L’attuale angelo, interamente in bronzo e alto 5,5 metri, fu installato sul campanile nel luglio 1967 con l’intervento di un elicottero [6].
Poiché dopo quella notte di agosto del 1966 non ci sono stati altri eventi memorabili per le campane del Duomo di San Donà, possiamo passare a dare qualche ragguaglio sugli aspetti musicali.
Cenni musicali
Le campane del concerto del Duomo di San Donà sono intonate sulla scala pentatonica (cinque note) di LA maggiore (LA+).
La scala pentatonica si ottiene prendendo cinque delle sette note della corrispondente scala diatonica, e più precisamente i toni I, II, III, V e VI.
Le campane del Duomo di San Donà sono intonate proprio sulle note della scala pentatonica di LA
maggiore, ovvero LA, SI, DO#, MI, FA#.
Ma ci sono sei campane e le note intonate sono cinque; quindi due delle campane suonano la stessa nota. Infatti il “sonello” – la campana più piccola e acuta – intona un DO# come la terza campana più grande e grave, ma si tratta di due note distanziate di un’ottava, rispettivamente il DO#3 (terza ottava) e il DO#4 (quarta ottava). Si noti infatti nella tabella sotto come le lunghezze d’onda e i diametri delle due campane in DO# sono nel rapporto 1:2, osservazione fondante della teoria musicale sviluppata da Pitagora.
Nella figura seguente si trovauna visualizzazione delle note delle campane di San Donà sulla tastiera del pianoforte.
Le note delle campane di San Donà sulla tastiera del pianoforte
Il DO#4 del “sonello” o “campanello di richiamo”, essendo la nota più acuta e squillante, in passato era usato per richiamare i fedeli alle funzioni religiose, e si suonava poco prima dell’inizio della SS. Messa. Oggi il sonello è suonato alle 7.15 per annunciare la prima Messa festiva.
Scheda delle campane di San Donà di Piave
Nella figura seguente si dà una rappresentazione in scala delle proporzioni fra i diametri delle campane (misurazioni reali) e le lunghezze delle onde sonore delle corrispondenti note (calcolate teoricamente).
Nei valori percentuali riportati nelle due colonne più a destra nella tabella si può notare il piccolo sfrido esistente fra i rapporti dei diametri (realmente misurati) delle campane e le lunghezze d’onda teoriche delle note. Infatti, l’intonazione di oggetti di dimensioni enormi come le campane è raramente perfetta.
Proporzioni fra diametri e lunghezze d’onda delle campane del Duomo di San Donà
La torre campanaria vista da Piazza Rizzo [foto M. Franzoi]
Nella foto (sopra) e nel corrispondente schema (sotto) è rappresentata la posizione delle campane del concerto del Duomo di San Donà come si può osservare dal centro di Piazza Attilio Rizzo (ex Foro Boario).
Schema della cella campanaria e campane viste da Piazza Rizzo
Nella seguente tabella successiva sono riportate le combinazioni di campane suonate nelle diverse occasioni.
Nota: Il segno “-” indica che le campane suonano contemporaneamente; “/” indica un intervallo tra una campana e l’altra (suono a martello); “+” indica a seguire. Per il riferimento del numero rispetto alla singola campana si veda lo schema della torre campanaria.
Il sonello (1932) [foto M. Franzoi]
La tonalità di LA maggiore
La tonalità di LA maggiore è anche quella di capolavori come la Settima Sinfonia di Beethoven [7], la “Polonaise” per pianoforte di Chopin [8], e il quintetto “La Trota” di Schubert [9]. Sono tre brani che hanno in comune un carattere gioioso, spensierato, si direbbe quasi un ingenuo e giovanile entusiasmo.
È certamente arduo trarre conclusioni incontrovertibili in materia di sensazioni e sentimenti, ma forse questi sentimenti di gioia sono gli stessi che provano i sandonatesi quando le cinque campane del Duomo vengono suonate “a distesa” [10].
È vero che il repertorio musicale in LA maggiore, oltre ai tre celeberrimi brani citati, ne comprende anche molti altri [11] dove il carattere gioioso non è poi così evidente, tuttavia, in un serio studio sulle caratteristiche delle diverse tonalità musicali [12], un critico ha scritto che: “la tonalità di LA maggiore è adatta a esprimere un amore innocente, la speranza di rivedere l’amato nel momento della partenza, una giovanile allegria, o la fede in Dio”.
E, a proposito di fede religiosa, le note delle quattro campane più grandi (gravi) escluso il SI2, intonano la sequenza LA2, DO#3, MI3, e FA#3 che è esattamente l’inizio del tradizionale canto della “Salve Regina”. Per un breve istante, all’inizio della distesa, quando il sistema elettromeccanico che mette in oscillazione le campane è appena partito, come nell’avvio di una processione mariana, si può percepire distintamente l’incipit del canto popolare:
SAL-VE RE-GI-NA LA2–DO#3 MI3–FA#3–MI3
ma poi subito la melodia si confonde in una gioiosa ma disordinata cacofonia, e da quel momento in poi il motivo del Salve Regina riaffiora soltanto di tanto in tanto. È quasi impossibile difficile produrre melodie tentando di sincronizzare l’oscillazione delle campane. Melodie complesse si possono ottenere soltanto tramite martelli meccanici che battono sulla campana ferma, controllati da speciali tastiere (a corde) o pulsanti (elettrici).
Tutte le campane del concerto del Duomo di San Donà, escluso il “sonello”, oltre al battaglio sono dotate anche di un martello elettromeccanico esterno, che potrebbe consentire di suonarle senza oscillazione. Infatti, grazie ai martelli, un tempo si poteva suonare anche “L’ora che Pia”:
È L’O-RA / CHE PI-A / LA SQUIL-LA / FE-E-DEL
MI3-LA2-LA2 / DO#3-LA2-LA2 / DO#3-SI2-SI2 / DO#3-SI2-LA2
Nella foto sotto si vede il dettaglio del martello elettromeccanico del vice-campanone (SI2).
In primo piano, particolare della campana in SI2 (quella del Mezzogiorno).
A destra si vede il martello a cupola per far suonare la campana senza l’oscillazione.
A sinistra, in basso c’è il sonello [foto M. Franzoi]
Purtroppo, però, oggi i martelli delle campane più piccole (MI3, FA#3) sono arrugginiti e non funzionano più. Come si può vedere nella foto seguente, che ritrae il dispositivo di controllo delle campane presso la sagrestia del Duomo, oltre ai tasti delle sequenze preprogrammate a oscillazione (in alto a sinistra), sono disponibili anche tre tasti (in basso a destra) per suonare a martello le campane maggiori LA2- SI2-DO#3.
Dettaglio del controllore delle campane collocato nella sagrestia del Duomo.
In evidenza, in alto a sinistra,i bottoni per attivare le sequenze a oscillazione preimpostate.
In basso a destra, i bottoni per controllare i martelli delle tre campane maggiori [foto P. Franzoi]
La qualità sonora delle campane di San Donà
Ricercando in rete si trovano giudizi di esperti campanari che lodano la qualità artistica delle decorazioni e quella costruttiva (qualità e quantità di bronzo utilizzato nella fusione) delle campane del Duomo di San Donà. La qualità visiva delle campane non è facilmente accessibile al pubblico, mentre la qualità del suono, potente e squillante, è del tutto palese.
Eppure un commentatore ha notato che: “Si percepisce però che le campane non sono comunque in grado di dare il massimo del loro potenziale. Infatti la cella completamente aperta con larghissimi finestroni non influenza positivamente il suono. Inoltre, le campane sono montate su castello e ceppi in ferro […] Immaginare questo concerto montato come si deve su castello in legno e magari con i classici finestroni mi fa venire i brividi” [13].
Per concludere, una poesia sulle campane
Nel Foglietto Parrocchiale del 2 novembre 1947 fu pubblicata la poesia di Guido Scarpa “Le campane di S. Donà di Piave”:
O dolci bronzi miei, quanto soavi siete,
con quelle voci sì sonore e liete!
Quanti ricordi, voi mi procurate!
Quante lacrime, già sono sgorgate!..
Questa è tristezza sì, ma è pure amore,
perché, piangendo, io son felice in cuore.
Al tempo stesso, mentre voi suonate,
due donne io vedo, oh mie campane amate!
Una è la mamma mia, che tanto amai,
e l’altra, una bambina deliziosa,
ch’io, presto, spero aver come sposa,
Perché l’ho vista e non la scordo, ormai!
M’han dato: bei ricordi ed un amore soave,
le tue campane, oh San Donà di Piave!..
Paolo Franzoi e Marco Franzoi
Riferimenti
[1] https://www.campanologia.it/contenuto/pagine/01-ATS/ATS-I03/ATS-I03-03-Tabelle.htm
[2] Costante Chimenton(1928, rist.1981),S.DonàdiPiave e lesuccursalidiChiesanuovaePassarella.-M. StavoltaEditore,TomiIe II. [3] https://imagazine.it/notizie-trieste-gorizia-udine-friuli/2686-cultura-e-spettacolo-il-suono-dei-rintocchi-nella-bufera [4] https://www.duomosandona.it/il-campanile-e-gli-angeli-del-duomo-di-san-dona/
[5] https://catalogo.beniculturali.it/detail/PhotographicHeritage/0500346948
[6] Marco Franzoi (2017) Il Duomo di San Donà di Piave. Note storiche artistiche architettoniche. Digipress Book
[7] Settima(51) Beethoven: Symphony no. 7 in A major, op.92 – YouTube
[8] (51) Chopin – Polonaise, Op. 53 (Kissin) – YouTube
[9] (51) Schubert Ensemble: Schubert “Trout” Quintet, 4th Movement. – YouTube
[10] https://www.youtube.com/watch?v=696HlsOkCjE [11] https://en.wikipedia.org/wiki/A_major
[12] Rita Steblin (1996),A History of Key Characteristics in the Eighteenth and Early Nineteenth Centuries, University of Rochester Press, p. 123, ISBN 0835714187.
[13] https://www.freeforumzone.com/mobile/d/7749410/San-Don%C3%A0-di-Piave/discussione.aspx?p=1&pl=1&idm1=84948853
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano Edoardo Rotondi per le preziose informazioni fornite sugli argomenti trattati nell’articolo.