La visita desiderata e gradita di Achille Ascari
A San Donà di Piave, alla fine di novembre, si sono tenuti due importanti incontri sulle problematiche del disagio sociale, in occasione di una desiderata e gradita visita di Achille Ascari, nostro concittadino e fondatore della comunità di S. Cristoforo di Amandola, in provincia di Ascoli Piceno.
Nell’affollatissimo auditorium comunale, Adriano Zamperini professore di Psicologia Sociale all’Università di Padova e Achille Ascari, hanno dibattuto sul tema “Giovani e adulti – alla ricerca di senso – tra modelli sociali e scelte personali”. Un tema provocato dalla situazione del nostro territorio, quello del Veneto Orientale, particolarmente colpito in quest’ultimo anno da una decina di suicidi, in maggior parte di giovani.
Ad una dettagliata ed attenta analisi del contesto sociale, presentata dal primo relatore, Achille Ascari ha offerto una riflessione sul significato della vita comunitaria: luogo di apertura, di confronto, di scelta, di accettazione, di dialogo; una scelta per persone mature e responsabili o per chi vuole diventarlo ma anche una possibilità per realizzare, dove ci si trova, un angolo di libertà e serenità.
Il giorno seguente, presso la sala del Consorzio di Bonifica di piazza Indipendenza, ancora Achille Ascari ha approfondito gli aspetti fondativi della realtà comunitaria, raccontandone, tra riflessioni profonde ed aneddoti, il cammino di questi 30 anni di vita ed il progetto per la nuova casa che sta per iniziare nella collina di fronte e per la quale, la macchina della solidarietà degli amici sandonatesi, che non è mai venuta meno, si è rimessa in moto.
Più di 400 persone hanno partecipato all’incontro e le aspettative non sono state deluse. Entrambi gli oratori, infatti, pur presentando ed evidenziando tutta una serie di situazioni difficili e di dipendenze che anche gli adulti, ma soprattutto i giovani, stanno vivendo in una società che sempre più giudica in base al successo e presenta modelli di vita senza ideali, hanno anche delineato una serie di percorsi e di scelte possibili per recuperare la fiducia in noi stessi e negli altri.
C’è un’esaltazione eccessiva del benessere e della indipendenza. La vita invece non può essere vissuta senza gli altri, perché è solo arricchendosi reciprocamente e condividendo degli ideali, che si fa esperienza ed esercizio di fiducia e si creano quei legami invisibili senza i quali è impossibile vivere. Dare gerarchia ai valori, progettare il futuro con l’ideale forte e saziante dell’amore universale unidirezionale e gratuito, è darà un senso al nostro esistere.
La comunità agricola di accoglienza
L’idea di una comunità nasce nel dicembre 1972 da un gruppo di persone la maggioranza delle quali impegnata, a diverso titolo, all’interno della scuola. Muovendo dagli stimoli del pedagogista brasiliano Paulo Freire, si cominciò a delineare che la comunità sarebbe stata un’alternativa alla vita di scuola, proponendo una scuola di vita. Una vita di fraternità, di familiarità non poteva che giocarsi su alcune opzioni: essere una comunità che vivesse una essenzialità e che fosse condividente, quindi accogliente ed in nulla discriminante. Ma quali ultimi accogliere come compagni di strada, per non cadere in qualunquismi frustranti per chi accoglie e deleteri per chi viene accolto? Tra le molte ultimità, sulla base delle attitudini emergenti e delle esperienze di ognuno, nel 1976 sono stati scelti i giovani tossico-alcool dipendenti.
Dal 1976 all’80 si maturarono conoscenze e approfondimenti sulla vita delle comunità, intensi e proficui contatti con realtà in Italia e all’ estero, che sembravano affini al progetto, permettendo di bere al pozzo della loro conoscenza.
Nel 1980, anno di inizio della comunità, fu messo a fuoco quello che sarebbe poi divenuto un elemento caratteristico: essere un piccolo segno, una comunità semplice, aperta al territorio e a basso indice istituzionale. Le difficoltà dell’avvio in Veneto, portarono a una ricerca altrove e fecero approdare a Bolgheri nel loivornese, in una cascina con terreno da lavorare in affitto. L’anno dopo la sede fu trasferita definitivamente nelle Marche, ad Amandola (Ascoli Piceno).
Sono passati trent’anni; circa 250 ragazzi e ragazze di varie regioni italiane, ma in maggioranza veneti e del territorio del Piave, hanno trovato accoglienza, calore, compagni di viaggio, amici per ricredere in se stessi, per scoprire le proprie capacità e potenzialità, per vivere l’esperienza esaltante – pur con tanti limiti e fragilità – del vivere insieme per crescere insieme. Molti di più, comunque, sono quelli che hanno trovato e continuano a trovare un punto di ascolto in cui potersi confrontare e trovare occasione di consiglio ed aiuto. Anche con loro siamo cresciuti.
Bisogna inoltre sottolineare come, grazie ai giovani che, a vario titolo, hanno fatto esperienza di vita comunitaria nel corso di questi trent’anni, nel territorio limitrofo siano sorti una decina di nuclei familiari impegnati chi nell’allevamento di bovini od ovini, con la relativa produzione di formaggi, chi nell’artigianato artistico (ceramica), chi nella scuola, chi nel sociale. Segni, anche questi, di una sempre miglior integrazione nel territorio.
La cooperativa sociale
Parallelamente alla Comunità, è stata creata vent’anni orsono anche una cooperativa sociale, con l’obiettivo di dare lavoro ai giovani della comunità e dei paesi vicini. Questa realtà lavorativa oggi è così formata da una attività agrituristica con ospitalità e ristorazione, da un centro ippico, da un centro di salute naturale, da un appezzamento di terreno utilizzato per la coltivazione di prodotti orticoli destinati a fornire il ristorante, dalla possibilità di noleggiare mountain bike e di fare percorsi nei dintorni (ed un libro di itinerari di produzione propria) e, nel periodo estivo, dalla possibilità di noleggiare delle piccole imbarcazioni e canoe per conoscere meglio il lago di San Ruffino che lambisce il ristorante. Le camere a disposizione sono tutte con servizi privati. Una metà di esse trova collocazione nei pressi del maneggio, sopra il centro di salute naturale; l’altra metà, sopra il ristorantino, sui bordi del lago. Nelle vicinanze, sempre vicino al lago, è stato da alcuni anni realizzato un Parco dei Cervi, in cui una decina di esemplari può vivere al sicuro, in un ambiente protetto e forniti di cibo nei momenti più critici dell’anno. È inoltre meta di visite, organizzate nell’ambito del Centro di Educazione Ambientale che è situato presso il ristorantino.
L’anno scorso, purtroppo, è stata comunicata la decisione, da parte della proprietà, di interrompere il rapporto di locazione. La comunità è quindi oggi di fronte alla necessità di trovare un’altra casa presso cui continuare questa esperienza di vita. È stato concluso il preliminare d’acquisto di un rudere, inserito in 3 ettari di terra, completamente da ricostruire. È stata ritenuta da tutti la migliore e la più economica tra le circa l0 opportunità che sono state trovate in quella zona. È senz’ altro comunque un grosso impegno sia economico sia di energie che vengono richieste, ma la vicinanza dei numerosi amici che ci hanno sostenuto in questi anni è sempre stata significativa e fa ben sperare anche per il futuro.
(da appunti gentilmente offerti dai soci)