Intervento del Vescovo all’Assemblea sinodale diocesana
DIOCESI DI TREVISO – CAMMINO SINODALE
ASSEMBLEA SINODALE DIOCESANA
del 17 novembre 2017
Intervento del Vescovo
Carissimi fratelli e sorelle dell’Assemblea Sinodale,
vi saluto tutti con gioia. Non ho bisogno di ricordare a tutti noi che siamo giunti ad un momento importante del nostro Cammino Sinodale: ne abbiamo tutti consapevolezza.
Ma è decisivo, anche se siamo convinti che, per certi aspetti, abbiamo portato a compimento un impegno laborioso, aver chiaro che quanto avviene questa sera non è tanto una conclusione, ma è semplicemente un inizio. Vorremmo aiutare la nostra Chiesa a collocarsi ai “blocchi di partenza” per un percorso futuro.
Non intendo, con questo, minimizzare il molto lavoro svolto da molti (e penso in particolare, con sincera gratitudine, alla Commissione Sinodale e alle sue lunghe 16 riunioni – ma ne è già in programma un’altra il prossimo 4 dicembre); credo che si possa dire che, al di là dei risultati, si tratta di una significativa esperienza di Chiesa. Fin dall’inizio, del resto, abbiamo pensato che questo Cammino non era destinato a finire qui. Abbiamo cercato di attuare un discernimento che non era fine a sé stesso, ma era in vista del futuro che ci attende.
Qualche ora fa don Stefano, nostro efficiente e intelligente Segretario, mi ha chiesto di che cosa avrei parlato questa sera. Gli ho risposto: dirò che siamo arrivati all’inizio. Ha commentato con le celebri parole riferite al Vaticano II: Ah, tantum aurora est! È proprio così: questa è soltanto un’aurora.
Per restare all’immagine dell’aurora, credo che dobbiamo guardarci da un duplice rischio: che non sia solo un’aurora boreale, fantasmagorica nei colori, ma dove il sole non si alza nel cielo; che non sia neppure – secondo rischio – un’aurora del solstizio d’inverno nei paesi del Nord, in cui il sole tramonta poche ore dopo essere sorto. Ci sarà chiesta una tenace perseveranza, fatta di concretezza, realismo, ma anche di reale fiducia nello Spirito. Vogliamo che lo stupore e l’entusiasmo dei due di Emmaus che hanno incontrato il Risorto non si attenui o, peggio, non si spenga. Vengono in mente le parole di Gesù: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia» (Mt 7,24). Vogliamo costruire sulla roccia “mettendo in pratica”, cioè mettendo mano alle prassi della nostra Chiesa e delle nostre comunità.
Aggiungo un paio di considerazioni su ciò che sarà oggetto delle votazioni di questa sera.
Anzitutto alcune battute sulla scelta-chiave, che propone una specie di “stagione nuova” dei vari Consigli.
Vorrei servirmi semplicemente di una vivace provocazione, che trovo assai pertinente a quanto siamo chiamati ad approvare. La traggo da un ampio recente articolo del teologo Giuliano Zanchi, il quale così ha scritto (in un paragrafo dal titolo Una Chiesa in cui ci si ascolta):
Una Chiesa capace di ascoltare si dà soltanto se l’ascolto ritorna a essere un’attitudine permanente dei legami che la costituiscono. Solo una Chiesa in cui ci si ascolta diventa capace di ascoltare. (…)
Riattivare quella attitudine specifica del popolo di Dio era stato uno degli impegni della riforma conciliare, che non si era limitata a generiche espressioni di principio, ma aveva sollecitato l’introduzione di reali pratiche di ascolto, formalizzate nell’invenzione di nuovi organismi di partecipazione alla vita pastorale della Chiesa. La nascita dei vari ‘consigli pastorali’, introdotti a diversi livelli dell’organigramma ecclesiastico, voleva tradurre in pratiche concrete quegli auspici di una corresponsabilità più allargata nella vita della Chiesa. A distanza di tanti anni tutti concordano nel constatare il fallimento, almeno nelle sue ambizioni più alte, di quel progetto di un ascolto istituito. I consigli pastorali diocesani e parrocchiali sono rimasti luoghi di una consultazione puramente formale, mai veramente efficaci nel produrre un ripensamento comunitario della vita pastorale, salvo rarissime eccezioni che non hanno mai avuto la forza di divenire una profezia. (…) L’organizzazione delle curie (…) ha finito per assorbire direttamente quella funzione di discernimento e di impostazione che dovrebbe provenire da un intreccio di relazioni dentro la Chiesa molto più composito e articolato. Il risultato in questi anni è stato, non solo l’ulteriore ridursi dello spazio di ascolto ma, in conseguenza di questo, uno sconsolato abbandono della stessa speranza di vederlo prima o poi davvero realizzato. (…) Questo recente passato di mancata ‘corresponsabilità’ pastorale (…) sta riemergendo come auspicio di una vera «sinodalità», che papa Francesco non si stanca di richiamare come questione di fondo di una riforma della Chiesa.
Favorire e organizzare un vero ascolto nella Chiesa è un compito che viene messo alla prova
dagli strumenti concreti messi in campo per renderlo effettivo. La storia ci dirà se in futuro ne saremo capaci. Il presente ci dice che è necessario.
Non c’è bisogno di alcun commento. Chiedo soltanto: riusciremo a far sì che si attui una vera, proficua e fruttuosa ripartenza di questo frutto del Concilio?
Una seconda breve considerazione riprende quanto già segnalato nella introduzione alle schede, dove si diceva: «Senza dubbio le scelte da votare non si presentano come progetti di grande consistenza, capaci di produrre cambiamenti di notevole spessore in tutta la vita e la prassi pastorale della Diocesi». E si ricordava che si tratta di un avvio di processi, che partono da progetti particolari, quelli, appunto, concisamente indicati nelle scelte da votare.
Chi leggesse solo le scelte ultime del nostro Cammino Sinodale come sono formulate
nelle schede consegnate, potrebbe reagire dicendo: «Tutto qua? E ci voleva tanto lavoro?!».
Ma si tenga conto (e eventualmente si dica ad altri) che … tantum aurora est. Noi siamo mossi dalla volontà di imprimere – passi l’espressione presuntuosa – un “nuovo corso” alla nostra Chiesa, sulla spinta di Evangelii gaudium (come, del resto, intendevano fare anche i Sinodi diocesani del passato); ma siamo consapevoli che quanto verrà scelto questa sera non è e non sarà “il” nuovo corso”, o “il” cambiamento: vuole essere più modestamente “un” cambiamento, forse modesto. Si tratta del primo cambiamento, convinti che si dovrà continuare, che ce ne vorranno altri. Ma tutti, il primo e i successivi, da condurre con pazienza e con una costanza che dovremo sempre invocare dal Signore Risorto.
Credo che questo sarà necessario ripetercelo spesso, a cominciare dal Documento Sinodale che consegneremo tra meno di un mese a tutta la Diocesi.
Per questo nell’introduzione alle schede inviate a tutti voi si è usata per la prima volta la formula “Cammino Sinodale 2017”. Rifletteremo se sarà il caso di parlare di un Cammino Sinodale 2018 (e successivi…). Dovremo comunque applicarci – non certo semplicemente ripetendo, bensì valorizzando l’esperienza di quest’anno – ad un lavoro sinodale ancora proteso a far crescere la nostra Chiesa nella capacità di porre Gesù Cristo al centro della sua vita e di impegnarsi nella cura della fede degli adulti.
† Gianfranco Agostino Gardin
fonte: www.diocesitv.it