Due giovani si sentono interpellati dall’evento del Concilio Vaticano II
Chi scrive queste righe sono una ragazza ed un ragazzo, rispettivamente di 21 e 22 anni, entrambi studenti universitari e capi scout nel gruppo della parrocchia: Irene e Mattia.
Vorremmo condividere in semplicità le impressioni e le riflessioni che sono scaturite dopo aver partecipato alle tre serate di spiritualità proposte dalla parrocchia del Duomo nei giorni 19, 20 e 21 febbraio scorsi. In queste tre serate due relatori (don Firmino Bianchin per le prime due e don Edy Savietto per l’ultima) hanno esposto alcune riflessioni sul Concilio Vaticano II, di cui quest’anno ricorre il cinquantennale.
Da dove siamo partiti?
Sentita in chiesa questa proposta, durante gli avvisi parrocchiali, ne abbiamo parlato insieme: ha vinto la curiosità e così ci siamo avvicinati alla proposta la prima sera, scegliendo poi di continuare a partecipare. Non è stata però una semplice curiosità di tipo culturale o nozionistico: non era questo, infatti, il taglio dato alla proposta né ciò che andavamo cercando. Quello che speravamo di trovare, in realtà, e che è stato proprio quello che abbiamo gustato, era un momento per poterci fermare un attimo e sentirci Chiesa all’interno della comunità cittadina e parrocchiale in cui viviamo ed operiamo. Non possiamo negare, però, di aver provato una certa titubanza, almeno all’inizio: il tema del Concilio Vaticano II ci sembrava quanto di più distante potesse esserci dalla nostra vita; dopotutto, da ventenni quali siamo, ci sembrava assolutamente strano che un evento avvenuto esattamente cinquant’anni fa potesse avere ancora qualcosa da dire ai nostri cuori.
E invece ci eravamo sbagliati.
Alla fine dell’ultima serata, commentando insieme le parole che avevamo appena ascoltato, non abbiamo potuto non riconoscere il coraggio di chi ha voluto proporre questo tema come filo conduttore delle tre serate di spiritualità, pur consapevole che una presentazione, a tratti anche di carattere storico, dei documenti conciliari potesse non essere proprio un titolo succulento per invogliare la partecipazione dei giovani. Invece forse era proprio quello di cui avevamo bisogno: la grande cultura, pure intrisa una straordinaria intensità ed umanità, con cui i due relatori hanno saputo presentare il tema è stato per noi una provocazione che ha toccato delle corde altamente sensibili e che ha fatto risuonare in noi alcuni interrogativi troppo spesso sopiti. Abbiamo trovato le parole di Don Firmino sulla Costituzione dogmatica sulla Chiesa (Lumen gentium) e sulla Costituzione sulla Divina Rivelazione (Dei verbum) – oggetto di riflessione delle prime due serate – attuali anche per chi, come noi, è nato trent’anni dopo l’apertura del concilio e (verrebbe da dire), pertanto, a Concilio già consolidato. La freschezza delle parole di questi due documenti ci ha presi un po’ in contropiede. Se lo scopo del Concilio Vaticano II era l’«aggiornamento» della Chiesa, come hanno ricordato a più riprese i relatori, non si può certo dire che non si siano fatti degli enormi passi in avanti, anche se l’opera di rinnovamento è un’operazione che richiede uno sforzo quotidiano.
Don Firmino, prima, e Don Edy, poi, hanno dimostrato davvero un’umanità autentica e piena nel constatare talvolta la difficoltà delle nostre comunità a mettere in atto questo grande rinnovamento: un cambiamento che non è ancora del tutto compiuto e che rende perciò ancora importantissime le riflessioni dei padri conciliari. Le grandi novità contenute nel prodotto del Concilio possono non sembrare più, dopo cinquant’anni, soprattutto per chi non ha vissuto questi cambiamenti in prima persona, delle grandi conquiste. Cercare di capire l’evoluzione storica e la genesi di questo rinnovato modo di pensare e vedere la Chiesa però ci ha fatto molto bene e ci ha aiutato sicuramente ad intravedere la direzione dei passi che devono essere ancora compiuti affinché la Chiesa del 2013 possa continuare ad essere aderente al Vangelo in questo mutato clima sociale e culturale.
L’appello interiore, frutto naturale delle provocazioni lanciate in queste tre serate, è stato di non poco momento e ci ha fatto riflettere soprattutto su alcune tematiche: che sono quelle, in definitiva, in cui sentiamo essere maggiore la nostra difficoltà come cristiani e come parte della comunità ecclesiale. Quello che abbiamo trovato in queste tre serate è stato anzitutto una «sosta alla sorgente», che era proprio ciò di cui avevamo bisogno: una «sosta» perché il recarci in chiesa per raccogliere questa proposta ci ha permesso di prenderci del tempo per riflettere sulla nostra vita spirituale e sul nostro cammino di fede; «alla sorgente» perché abbiamo ritrovato delle parole vere da cui ripartire e con le quali misurarci. È stato un po’ doloroso ammettere la nostra profonda ignoranza sul tema. Nonostante siamo entrambi cresciuti in ambienti educativi di impronta cattolica (lo sono le nostre famiglie, il catechismo che abbiamo frequentato, il gruppo scout a cui apparteniamo), molte cose per noi suonavano come inedite.
Che cosa mettiamo allora nello zaino al termine di questi incontri?
Lo sconvolgimento della prospettiva e ‘umiltà con cui la Chiesa ha avuto il coraggio di “guardarsi dentro” espresse nella Lumen gentium sono per noi state fonte di autentico stupore: il Concilio Vaticano II è stato infatti il primo Concilio convocato non per combattere eresie o divisioni interne, ma per ripensare la Chiesa, ponendo per la prima volta in risalto il ruolo attivo dei laici rispetto alla tradizionale superiorità gerarchica dei consacrati. Il prendere atto di questa consolidata novità ci ha fatto poi percepire un senso di responsabilità che spesso noi laici non solo non sentiamo, e, anzi, frequentemente neghiamo, demandando quest’onere alla sola componente del clero. Un altro spunto che ci ha messi in forte discussione, che è il nodo centrale della Dei verbum, è stata la frase di San Girolamo, citata appunto nella Costituzione, che afferma: «L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo!». Queste parole non lasciano scampo, non ammettono esitazioni, non accettano «se» e «ma». È con la Parola che noi fedeli dobbiamo confrontarci quotidianamente. Solo così la preghiera diventa un ascolto. Viceversa, come ci è sta- to sottolineato, rischiamo di costruirci una Fede a nostra misura ed ascoltare solamente noi stessi.
In terzo luogo, ed in chiusura, un altro forte spunto che queste serate ci hanno lasciato è stata una riflessione sull’importanza della comunità. La Chiesa è la comunità dei fedeli: la Chiesa siamo anche noi! Come i Padri con- ciliari sono partiti da una tradizione radicata e l’hanno messa in discussione, anche faticosamente (l’evoluzione dei diversi schemi delle Costituzioni conciliari ne è un chiaro esempio), così ogni comunità che voglia crescere (anche la nostra!) deve avere il coraggio di misurarsi con la Parola e ripartire da essa.
E adesso tocca a noi
Alla luce, soprattutto, di quest’ultima considerazione, e facendo tesoro di tutto il resto, ci siamo sentiti interpellati personalmente, come singoli e nelle realtà in cui operiamo (scoutismo, dimensione civica, università…), ad ulteriore riprova dell’attualità del messaggio conciliare.
Per i più curiosi…
Il sito della Parrocchia www.duomosandona.netsons.org offre i podcasts e le versioni stampabili delle tre relazioni.
Irene e Mattia