Cent’anni fa i fedeli entravano per la prima volta nel Duomo
L’11 marzo 1923, quarta domenica di Quaresima, i fedeli entrarono per la prima volta nel Duomo di San Donà di Piave, ricostruito sulle macerie del precedente edificio sacro, consacrato nel 1842.
“Tutto il popolo si raccolse nella chiesa provvisoria (dove c’è ora la canonica, ndr), intonò le litanie, pose il simulacro della Madonna Ausiliatrice (la statua tuttora presente della Madonna delle Grazie, donata dal dott. Perin nel 1918, ndr) sulle spalle dei forti giovani del Circolo S. Giovanni Evangelista, e con le donne, con tutti i bimbi, i vecchi, gli esploratori, in processione, con un fremito nell’anima attraversò la via principale, girò attorno al nuovo tempio, e poi irruppe in questo con gioia quasi infantile, cantando e piangendo, come se finalmente, con questa esplosione, si chiudesse per sempre un’epoca di dolore, e una nuova venisse inaugurata, quasi riparatrice a quella di lacrime e di sospiri” (Chimenton).
Dopo le distruzioni dell’anno bellico 1917-18 combattuto nel Basso Piave, la chiesa fu ricostruita su progetto dell’architetto Giuseppe Torres, “dov’era” (Longhin) e “più bella e più grande di prima” (Chimenton).
Quando però, cent’anni fa, fu aperta per la prima volta al culto (per ufficiarvi ancora saltuariamente per diversi mesi), l’interno era ancora spoglio.
Mancavano infatti l’altare maggiore (1924), gli altari e le pale delle cappelle laterali dedicati a: Maria Bambina e San Vincenzo Ferrer (1925); Beata Vergine Maria delle Grazie (1927); transito di San Giuseppe (1927); Battesimo di Gesù (1927); sant’Antonio di Padova (1930); Cristo Redentore, ora alle Opere di Misericordia corporali (1933). Non c’erano poi: i quadri degli Apostoli lungo il perimetro della navata né quelli della Via Crucis, gli affreschi del Ravenna (1927), le balaustre ed i manufatti in ferro battuto della ditta sandonatese Striuli, le vetrate istoriate della Corvaja-Bazzi (1935-40) e, all’esterno, nemmeno il pronao (1924).
Mancando però pure i banchi, i fedeli di San Donà poterono ammirare nella sua interezza il nuovo pavimento della navata, che ora ha una superficie di ca. 465 mq: allora aveva qualche metro quadro in più, non essendoci ancora il foro a pavimento per il riscaldamento, eseguito nel 1965. Il manufatto è secondo lo stile e fattura del terrazzo alla veneziana e fu predisposto dalla ditta Ivanoe Zavagno di Spilimbergo.
Nel 2015, ad 85 anni, il sandonatese Germano Marin ne ha predisposto un fedele modello di cm 80 x 155, applicando in miniatura la stessa tecnica dell’originale presente in Duomo, grazie ad un paziente lavoro svolto nell’arco di quattro mesi. Il prezioso manufatto permette di avere una visione completa – pur virtuale – delle fasce e specchi policromi giallo ocra, rosso, bianco, grigio chiaro e antracite.
Marco Franzoi