1600 pellegrini della diocesi a Roma
Alla tomba del pontefice trevigiano i pellegrini hanno vissuto la celebrazione eucaristica presieduta dal nostro vescovo Gianfranco Agostino Gardin, in seguito hanno visitato le basiliche romane e mercoledì 10 settembre partecipato all’udienza di papa Francesco in Piazza S. Pietro.
Tra i trentamila presenti in piazza i pellegrini trevigiani erano tra le prime file ed a loro il papa ha rivolto un saluto al termine della catechesi: “Sono lieto di accogliere i pellegrinaggi della Diocesi di Treviso, nel centenario della morte di San Pio X, Pontefice animato da grande zelo pastorale”.
Dopo aver salutato i Vescovi presenti, il Santo Padre è andato a salutare i nostri seminaristi accompagnato da mons. Gardin. Ad accoglierlo il rettore del Seminario, don Pierluigi Guidolin (che ha prestato il suo servizio anche nella nostra parrocchia negli anni ’90), al quale il Papa ha rivolto un caloroso invito a “formare preti in gamba, uomini misericordiosi”. Papa Francesco ha poi chiesto ai giovani alunni e agli educatori del Seminario di pregare per lui e per il suo ministero.
Questa una sintesi dell’omelia del vescovo alla celebrazione eucaristica fatta nella basilica di San Pietro con 1600 pellegrini e oltre sessanta sacerdoti concelebranti, tratta dal sito diocesano:
Il vescovo Gianfranco Agostino Gardin, ha ricordato l’importanza di trovarsi “nel centro della Chiesa, presso la tomba di Pietro, presso la sede del Successore di Pietro, il Papa, che domani avremo la gioia di incontrare e di ascoltare” nell’udienza generale del mercoledì. “Qui ci viene spontaneo riaffermare il nostro amore e la nostra fedeltà alla Chiesa, madre, maestra e custode della nostra fede, spazio irrinunciabile della nostra sequela di Gesù. Qui vogliamo dire anche il nostro amore e la nostra fedeltà al Papa, e sentire che tra i nostri doveri di membri della Chiesa vi è anche quello di sostenere il suo impegnativo e gravoso ministero con la nostra preghiera”.
E ricordando la sofferenza con cui il cardinale Sarto visse le fasi del Conclave del 1903, quando si andava profilando la sua elezione, mons. Gardin ha sottolineato che “ancora una volta, di fronte ad un nuovo e più pesante compito di responsabilità, che lui percepiva come una croce e non certo come una desiderabile promozione, il credente, il figlio che amava la madre Chiesa, il discepolo di Gesù, pronunciava il suo sì. Era il suo amore a Cristo, del quale voleva essere fedele ministro, era il suo amore alla Chiesa, che aveva da sempre servito con dedizione totale, che prevalevano su tutto. Un amore più grande di ogni timore, o di ogni aspirazione umana, ben lontana, del resto, dal suo animo. Era la sua santità, che proprio nell’esercizio del ministero di Successore di Pietro – come osservano i suoi biografi – si sarebbe manifestata in tutta la ricchezza dei suoi doni, nella sua docilità allo Spirito, nella sua capacità di consumarsi per gli altri, di donarsi totalmente”.
“Certamente non mancò, in quel 1903, chi temeva che quel prete di campagna, dall’esperienza ecclesiale piuttosto circoscritta – ha sottolineato il vescovo Gardin -, avrebbe mostrato tutti i suoi limiti nel condurre la Chiesa presente nella varietà delle culture e delle nazioni; o sarebbe stato intimorito dalla complessità e molteplicità dei problemi della Chiesa universale, o dalle impegnative relazioni con i grandi della terra. Ma il prete di campagna, guidato soprattutto dal suo istinto evangelico e dal suo spirito di pastore che si prende cura con passione delle sue pecore, seppe governare la Chiesa con coraggio e con determinazione, oltre che con amore. La sua obbedienza allo Spirito che guidava il suo ministero si scorge, tra l’altro, nelle riforme che egli seppe introdurre nella vita ecclesiale, portando al vertice della Chiesa l’esperienza di quel “vissuto quotidiano” delle parrocchie e delle diocesi e di quel contatto con i fedeli che faceva parte della sua storia personale. Un celebre storico della chiesa ebbe ad affermare di lui che fu «il più grande riformatore della vita interna della Chiesa dopo il Concilio di Trento» (R. Aubert): con buona pace di chi vuole fare di san Pio X una sorta di simbolo del tradizionalismo”.
E a proposito dell’opera riformatrice di Pio X, il Vescovo ha ricordato che “il Santo Papa Pio X ci aiuta a capire che la docilità allo Spirito e il desiderio di avvicinare la chiesa al suo modello che è Cristo ci rendono aperti al nuovo che sempre scaturisce dal Vangelo. Lo ha ricordato anche qualche giorno fa Papa Francesco, invitando a non aver paura dei cambiamenti nella Chiesa, quando rappresentano quegli “otri nuovi “necessari per contenere il “vino nuovo” che è Gesù e il suo messaggio”. “E forse si può dire che, senza alcune linee impresse da Papa Pio X alla vita della Chiesa, il Vaticano II non sarebbe arrivato a maturare alcune sue decisioni” ha aggiunto il Vescovo ricordando che la basilica di san Pietro fu la grande aula di quel Concilio ecumenico.
“Noi avvertiamo che questo santo Pastore ci sollecita a camminare con fiducia sulla strada di un impegno evangelico ed ecclesiale aperto, intenso, capace di rinnovarsi, attingendo sempre dalla luce della Parola e dall’insegnamento della Chiesa maestra”.
Al termine dell’omelia mons. Gardin ha ricordato ciò che sta al cuore della persona e della vita di Giuseppe Sarto, che “è in fondo la ragione per cui noi siamo qui. E’ la sua santità. Noi siamo qui a venerare e a pregare il santo: il cristiano, il prete, il vescovo, il papa che ha saputo compiere un vero e concreto cammino di santità” Alla fine della celebrazione i pellegrini si sono recati in processione alla cappella in cui è custodita la salma di san Pio X. “Per la nostra Chiesa diocesana – ha concluso mons. Gardin -, per la Chiesa universale, per ciascuno di noi, chiediamo il dono di una più intensa relazione, di un più vivo amore a Cristo. Chiediamo il dono di farci ogni giorno suoi autentici discepoli”.
Fonte: Sito web Diocesi Treviso