Suor Giovanna Fregonese a 25 anni dalla morte. Un’eredità da non perdere
Ha testimoniato l’amore
Un cippo sul ciglio del Canale Navigabile.
Su quel cippo un nome: Suor Giovanna Fregonese. E’ precipitata nel canale, annegando. Aveva accompagnato a casa con l’auto una ragazzina di Menegaldo, che frequentava la scuola di lavoro a Casa Saretta.
Chi era?
Una suora di 37 anni, apparteneva alla Congregazione delle suore di carità, popolarmente chiamate Suore di Maria Bambina. Antonietta era nata a Fossalta di Piave il 18 settembre 1943, nella famiglia patriarcale dei Fregonese. Giovanissima aveva iniziato a lavorare nella sartoria Cella di San Donà di Piave. Ma un mattino disse al suo principale: “le do gli otto giorni, mi licenzio”, “ma perché? Ti aumento lo stipendio” disse il signor Cella.
“Non è per i soldi che mi licenzio”
“Ma allora perché? Ti sposi?”
“No non non mi sposo”
“Ma allora?”
“allora mi faccio suora.”
Quella di Antonietta non era una decisione improvvisa, era stata maturata lungamente nella preghiera, con la diligente ricerca della volontà di Dio e con la guida di un saggio direttore spirituale. Così Antonietta Fregonese il 23 settembre 1965 entrava come religiosa nell’istituto delle suore di Maria Bambina. Il 25 marzo 1968 faceva la professione religiosa ed assumeva anche il nome di Giovanna. Noi sandonatesi l’abbiamo conosciuta con questo nome. Le notevoli doti di intelligenza consigliarono i superiori di suor Giovanna di farle completare la sua formazione culturale: così dapprima frequentava a Padova un corso speciale di formazione religiosa e poi arrivava in due anni al diploma di maestra elementare.
Nel 1974 veniva mandata a Roma a frequentare la scuola superiore di servizio sociale, per prepararsi professionalmente ad assumere il compito di assistente sociale, nel contesto di un programma pastorale elaborato dalla parrocchia di San Donà di Piave.
Per la strada della vita di questa donna è passato Dio per compiere un suo disegno di straordinario amore e di grazia. Disegno segnato da tre tappe fondamentali: donazione a Dio – servizio di amore – letizia e speranza.
Un generoso servizio di amore, l’amore per ogni fratello diventa per lei una grande passione. Un amore che ha delle predilezioni che così lei esprime: “voglio mettermi dalla parte del più debole, del più povero, non voglio aver paura di incontrarmi con gli ultimi.”
A San Donà diventano suo campo di lavoro i disabili e le loro famiglie, gli orfani, i figli di famiglie dissestate, i carcerati e gli ex carcerati. Uno di questi le scrive dal carcere: “io non ho nessuno che mi venga a trovare, vieni tu suor Giovanna, ti aspetto”.
Le povere donne del mondo della prostituzione, i dimessi dagli ospedali psichiatrici, i giovani dediti alla droga… quanti giovani provenienti da diverse regioni d’Italia, con viaggi avventurosi, sono arrivati a San Donà per sentire una parola di questa suora. Li aveva incontrati durante il suo soggiorno a Roma per lo studio. Uno di questi giovani è rimasto inginocchiato accanto alla salma della suora per quasi due giorni e diceva: “ho perso una mamma”.
Una serena letizia segno di totale donazione a Dio.
Suor Giovanna scoppiava dalla gioia, era sempre lieta, riempiva di letizia anche gli altri, eppure i motivi di sofferenza non mancavano per chi passava gran parte del suo tempo fra i dolori e la miseria di una povera umanità. Era in lei la serena letizia di chi sa di poter contare sull’amore di Dio che è sempre Padre.
Perché a Lui aveva consacrato la sua libertà, tutte le sue scelte, ogni forma di donazione; per Lui aveva rinunciato ad ogni bene terreno. Voleva essere il chicco di grano posto sotto terra per morire e poi portare frutto, come scrive in una lettera. Voleva essere un messaggio di bontà per ogni persona che incontrava, un segno dell’amore di Dio che predilige chi dona gioia (2 Cor. 9,7).
Il dolore di una città
La testimonianza di suor Giovanna a San Donà fu breve, quattro anni, ma si può affermare che la sua morte fu un lutto per la città intera, al suo funerale parteciparono migliaia di persone, una lunghissima processione accompagnò la salma da Casa Saretta al Duomo.
Le preghiere e i canti che accompagnavano la celebrazione eucaristica invitavano alla gioia della speranza, ma molti in quel funerale piansero, anche se tutte le nostre campane hanno suonato a festa.
A distanza di venticinque anni dalla morte abbiamo ritenuto doveroso ricordare suor Giovanna perché fu un segno speciale della presenza del regno di Dio tra noi, uno dei tanti con i quali Dio nel suo amore di padre ha accompagnato la vita e la storia della comunità sandonatese.
Sul tavolo della stanza occupata da suor Giovanna a Casa Saretta si è trovata una povera croce in legno con questa scritta: “se il Signore vorrà darti il centuplo, noi protesteremo, perché ti deve dare il mille”. Firmato i ragazzi di Roma – piazza Navona.
Don Bruno