Le cose oggi non sono semplici

Abbiamo raccolto alcune riflessioni di cristiani e cristiane che vivono nella nostra comunità, come documentazione della grande avventura che in quanto “figli nel Figlio” già viviamo sulla terra, in attesa di raggiungere quello che ancora ci manca per raggiungere la “gloria”.

Mentre mi accingo a condividere queste mie riflessioni, da poco si sono conclusi i festeggiamenti per il 150° anniversario dell’unità d’ Italia, riecheggia ancora l’inno di Mameli ed il tricolore sventola dalle finestre delle case della nostra città.

Tra tutti i messaggi di buon auspicio per festeggiare il meglio dei nostri anni da italiani uniti, uno in particolare ha fatto breccia nei miei pensieri: non per campanilismo, ma le parole del fondatore del movimento Scout (AGESCI) di cui faccio parte come capo-educatore, Lord Baden Powell, mi hanno particolarmente e nuovamente affascinato: “Nel formarti un carattere e una capacità di agire fai sempre in modo che il tuo scopo non sia di raggiungere una posizione o di realizzare ambizioni per te solo, ma anche dì metterti in grado di fare del bene agli altri, alla comunità. Una volta giunto ad una posizione che ti permette di rendere servizio agli altri, sei arrivato al gradino più alto della scala che porta al vero successo, cioè alla Felicità. Il servizio non comprende solo le piccole azioni di cortesia e gentilezza nei confronti degli altri: cose buone e bene, che lo scout compie ogni giorno. Qui per servizio intendo qualcosa di più nobile ed impegnativo: il servizio come cittadino del tuo Paese. Ciò non significa necessariamente primeggiare negli affari pubblici o imporre agli altri le proprie particolari idee politiche, ma essere uno su cui tutti possono contare, un cittadino disponibile dello Stato, un solido mattone della costruzione comune.” (Baden Powell – La Strada verso il Successo).

Nell’esperienza associativa, che ancor oggi sento coerente con i miei principi e valori, ho maturato il mio essere buon cristiano e onesto cittadino, ma per essere sincero le cose oggi non sono semplici. Il contesto storico in cui vivo mi sta mettendo a dura prova, il degrado civile a cui si è arrivati, il partitismo, il centralismo, l’incontrollata e sconsiderata crescita della spesa pubblica, le difficoltà economiche ed imprenditoriali, interroga molto il mio senso di appartenenza nazionale e civile. Immagino che altrettanto hanno fatto certe esperienze di Chiesa, per ciò che riguarda l’appartenenza ecclesiale.

Ma di fronte a questa complessità c’è ancora Qualcuno che mi chiede ugualmente di essere non cristiano di nome, ma vero “apostolo”, in grado di riscrivere il Vangelo ogni giorno. Le cose non sono così semplici, ma saper vivere la complessità è oggi, più che mai, un compito inderogabile per un cristiano. Tutti siamo chiamati, in una prospettiva di educazione permanente, ad aiutarci reciprocamente, nell’imparare a sapere, a saper fare, a saper stare con gli altri, a sapere essere. Nella chiesa e nella società civile, allo stesso tempo.

Da qui l’impegno educativo che vivo e propongo esige che come lavoratori, genitori, educatori, formatori, si faccia riferimento ad una ispirazione cristiana non solo a parole o ideologicamente. Occorre veramente che la fede cristiana diventi il cuore di una profonda spiritualità di chi educa, istruisce, forma, anima, lavora. Infatti, da sempre, l’educazione si gioca soprattutto sulla testimonianza personale e comunitaria.

Operando, in particolar modo, per il bene comune nel rispetto della libertà e della dignità di ogni persona, non solo vivremo il nostro essere Christifideles nella Chiesa, ma daremo il nostro apporto alla vita del paese, collaborando allo sviluppo materiale e culturale di esso, partecipando a realizzare una società democratica, solidale con tutti i popoli che ricercano la prosperità e la pace.

Perciò : “Ask not what your country can do for you, ask what you can do for your country”, (domandati non che cosa può fare per te la tua città, ma che cosa puoi fare tu per la tua città). Questa esortazione di kennediana memoria, consegnatami da un caro capo a cui sono affezionato, è sempre uno sprone per chiedermi cosa io posso fare per questa società, e non cosa questa società può fare per me. I limiti, che ci sono e sono tanti, non possono giustificare il “farsi i fatti propri”, perché “così fan tutti”. Il Signore mi ha insegnato che non è proprio questa la vita del cristiano! I.D.B.