Il messaggio del Vescovo per le ordinazioni di 4 nuovi sacerdoti
“Sabato prossimo [un] grande “grazie” lo diremo, con affetto, a don Michele, don Matteo, don Mauro e don Simone. Grazie, carissimi nuovi presbiteri! La vostra disponibilità ci riempie il cuore; il vostro dono arricchisce la nostra chiesa. Il vostro sacerdozio sia una ventata di aria fresca per le comunità cristiane a cui sarete destinati.”
L’ordinazione di nuovi presbiteri costituisce sempre uno dei momenti di più viva emozione e di più intensa gioia per la vita di una chiesa diocesana. E non solo perché si aggiungono forze giovani ad un presbiterio che procede verso un progressivo invecchiamento. Ciò che rende questa circostanza particolarmente lieta è, soprattutto, il riconoscere – come ricorda il Papa nel suo Messaggio per la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni di quest’anno – che il Signore «chiama sempre nuovi operai per la sua messe». È vero che noi vorremmo che ne chiamasse in misura più consistente; ma forse siamo noi che dovremmo impegnarci di più a creare le condizioni perché ogni chiamata possa essere percepita, accolta, coltivata, accompagnata. In ogni caso, se continua a stupirci e a farci gioire la provvidente bontà di Colui che chiama, è pur sempre meravigliosa anche la disponibilità di coloro che sanno rispondere, ponendo la loro fiducia nel “Padrone della messe”. Si tratta, infatti, di una chiamata esigente.
Nel già citato Messaggio il Papa definisce “impegnativa” sia la proposta di Gesù, sia la risposta di chi accetta di seguirlo. Scrive: «È una proposta, impegnativa ed esaltante, quella che Gesù fa a coloro a cui dice “Seguimi!”»; e poi: «Anche oggi, la sequela di Cristo è impegnativa; vuol dire imparare a tenere lo sguardo su Gesù, a conoscerlo intimamente, ad ascoltarlo nella Parola e a incontrarlo nei Sacramenti; vuol dire imparare a conformare la propria volontà alla Sua».
Vorrei far notare che, tra i vari momenti del rito dell’ordinazione presbiterale – tutti assai densi di significato –, ce n’è uno che mi pare colpisca particolarmente l’assemblea che vi partecipa: è quando il vescovo invita gli ordinandi ad esprimere la propria volontà di vivere in piena fedeltà e con totale dedizione il ministero che sta per essere loro affidato. Le domande del vescovo si fanno sempre più esigenti, “impegnative”, appunto: «Volete adempiere degnamente il ministero della Parola…? Volete celebrare con devozione e fedeltà i misteri di Cristo…? Volete dedicarvi assiduamente alla preghiera…? Volete essere sempre più strettamente uniti a Cristo, consacrando voi stessi a Dio insieme a lui per la salvezza di tutti gli uomini?». E i candidati rispondono – di solito con voce, insieme, ferma e trepidante –: «Sì, lo voglio… sì, lo voglio, … sì, con l’aiuto di Dio, lo voglio».
Questo ripetuto “lo voglio” non è l’affermazione di una propria volontà, ma un accettare di fare propria la volontà di Cristo, di identificarsi con il suo progetto. Il Papa descrive questo atteggiamento come un «uscire dalla propria volontà chiusa, dalla propria idea di autorealizzazione, per immergersi in un’altra volontà, quella di Dio, e lasciarsi guidare da essa».
Confesso che anche per me è sempre un momento emozionante sentir dichiarare dagli ordinandi la piena disponibilità a mettere la propria vita a totale servizio della chiesa, in una conformità piena a quella del Maestro che li ha chiamati. E sento nascere per loro un sentimento di autentica gratitudine. Se mai vi è un “grazie” sincero, spontaneo, privo di qualunque retorica, un grazie che si vorrebbe, insieme, sussurrare e gridare, è quello che affiora sulle labbra in questa circostanza. Lo si percepisce anche nello sguardo e nel sorriso, perfino nelle lacrime, di molti che partecipano alla liturgia dell’ordinazione e gremiscono la cattedrale.
Sabato prossimo questo grande “grazie” lo diremo, con affetto, a don Michele, don Matteo, don Mauro e don Simone. Grazie, carissimi nuovi presbiteri! La vostra disponibilità ci riempie il cuore; il vostro dono arricchisce la nostra chiesa. Il vostro sacerdozio sia una ventata di aria fresca per le comunità cristiane a cui sarete destinati.
mons. Gianfranco Agostino Gardin