Intervento del Vescovo alla conclusione dell’anno pastorale
Essere consapevoli del dono del Battesimo, ritrovare e riconoscere gli “inizi che ci sono stati dati” non è superfluo. Anzi, ci pare di comprendere sempre meglio che, se tale consapevolezza non si fa punto fermo, convinzione profonda capace di orientarci nell’individuare l’autentica “vita buona”, noi rischiamo di perdere quella libertà che Cristo ci ha conquistato e donato nel Battesimo. «Cristo ci ha liberati per la libertà!», esclama Paolo nella lettera ai Galati. Del resto, senza perdere quello sguardo positivo sul mondo già richiamato, e senza «dimenticare di riconoscere ciò che semina lo Spirito Santo» anche al di fuori della cerchia dei cristiani assidui alla vita comunitaria, dobbiamo registrare, con sano realismo, che la vita di molti sembra non trovare più un riferimento forte e decisivo nella fede, nella persona di Gesù e nel Dio che Egli ci ha racconto, mentre cresce la sensazione che irrinunciabili princìpi morali, che molti ancora tenevano per fermi, vengano considerati irrilevanti nel vivere insieme. Anche fatti di questi giorni che colpiscono la nostra regione, ancorché bisognosi di accertamenti, ci lasciano smarriti e, nello stesso tempo, ci interpellano come discepoli del Vangelo. […]
La nostra diocesi è ancora custode di tradizioni religiose e di una certa pratica cristiana ereditata dal passato. Non sappiamo però fino a che punto tutto ciò esprima una fede genuina, alimentata alla Parola, e fino a quando questo durerà. I segni del secolarismo, il distacco tra fede e cultura, la scarsa incidenza del Vangelo sulla vita, ecc., sono ben visibili, al di là della vivacità di varie comunità parrocchiali, della presenza di associazioni e aggregazioni ecclesiali. Di quali mutamenti è indispensabile prendere atto con realismo, per essere davvero “Chiesa nella storia”? In quali direzioni e con quali attenzioni deve muoverci la nostra evangelizzazione?
Altri fatti che non possono non colpire un pastore che visita le comunità cristiane. Per esempio: la partecipazione dei bambini-ragazzi al catechismo è ancora quasi totale, ma le famiglie sono solo parzialmente coinvolte, e la frequenza all’Eucarestia domenicale di chi partecipa al catechismo è spesso assai scarsa, tanto che qualcuno chiede fino a che punto abbia ancora senso l’accesso “automatico” ai sacramenti in relazione alle classi di scuola. E ancora, il fenomeno dell’allontanamento di un consistente numero di adolescenti dalla formazione e dalla pratica cristiana a partire dal dopo-Cresima in alcune comunità parrocchiali è particolarmente vistoso.
Abbiamo ancora, anche se non dappertutto, un considerevole numero di giovani che gravitano attorno alle parrocchie e nelle due grandi associazioni dell’Azione cattolica e degli Scout; alcuni appuntamenti diocesani per i giovani registrano una buona partecipazione. Si evidenzia però anche una certa fatica nel coinvolgere giovani in iniziative comunitarie e formative. Il progressivo assottigliarsi del mondo giovanile in varie nostre parrocchie, nonostante le molte energie e le iniziative qualificate messe in campo a livello diocesano, vicariale ecc., ci preoccupa.
Altri interrogativi sorgono circa l’effettiva capacità di offrire un’efficace formazione cristiana agli adulti, volendo perseguire seriamente il nostro obiettivo di “formare cristiani adulti in un Chiesa adulta”. Il nostro tentativo di allargare il numero di adulti che evangelizzano altri adulti, che motiva tra l’altro l’iniziativa relativa ai preparatori al Battesimo dei figli, ha davanti a sé prospettive interessanti? Si possono, per esempio, immaginare adulti che, in piccoli gruppi, animino il cammino di fede di altri adulti?
Vi è poi il grande tema della famiglia, dell’aiuto al suo compito educativo, delle coppie in difficoltà, delle nuove unioni; su questo dovremo saper aprire spazi di riflessione in occasione del Sinodo dei Vescovi 2014-2015.
Questo sguardo ad alcuni aspetti preoccupanti nell’oggi della nostra Chiesa, che nulla tolgono alle numerose realizzazioni e ai molti doni, non ci scoraggia. Ma nemmeno ci fa ritenere così sicuri di noi stessi da pensare di elaborare strategie pastorali che saranno sicuramente vincenti. Colpisce in Evangelii gaudium la parte dedicata alle «tentazioni degli operatori pastorali». Descrivendo la tentazione della “mondanità spirituale”, il Papa scrive: «Quante volte sogniamo piani apostolici espansionisti, meticolosi e ben disegnati, tipici dei generali sconfitti! Così neghiamo la nostra storia di Chiesa, che è gloriosa in quanto storia di sacrifici, di speranza, di lotta quotidiana, di vita consumata nel servizio, di costanza nel lavoro faticoso, perché ogni lavoro è “sudore della nostra fronte”. Invece ci intratteniamo vanitosi parlando a proposito di “quello che si dovrebbe fare” – il peccato del “si dovrebbe fare” – come maestri spirituali ed esperti di pastorale che danno istruzioni rimanendo all’esterno. Dio ci liberi da una Chiesa mondana sotto drappeggi spirituali o pastorali! Questa mondanità asfissiante si sana assaporando l’aria pura dello Spirito Santo, che ci libera dal rimanere centrati in noi stessi, nascosti in un’apparenza religiosa vuota di Dio».
Noi desideriamo, e riaffermiamo la volontà di essere, come ci chiede il Papa, “Chiesa in uscita”, senza rimanere mai troppo tranquilli e soddisfatti di quanto facciamo, ma, nello stesso tempo, riponendo la nostra fiducia nello Spirito del Signore.
«Non c’è maggior libertà – cito ancora il Papa – che quella di lasciarsi portare dallo Spirito, rinunciando a calcolare e a controllare tutto, e permettere che Egli ci illumini, ci guidi, ci orienti, ci spinga dove Lui desidera. Egli sa bene ciò di cui c’è bisogno in ogni epoca e in ogni momento. Questo si chiama essere misteriosamente fecondi!» Mentre chiediamo al Signore il dono di aprirci a questa fecondità dello Spirito, lo ringraziamo per il dono di quest’anno pastorale, con tutto ciò che Egli ci ha consentito di operare, come umili e gioiosi servi del Vangelo.»
Tempio di S. Nicolò – Treviso, 11 giugno 2014
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