Don Davide Giabardo

don Davide GiabardoDon Giabardo è uno dei due Davide (l’altro è don Menegon) freschi d’arrivo nella nostra Parrocchia.
Per il parroco don Gino è un motivo di gioia in più il fatto che don Davide è suo coetaneo (essendo nato a Ponte di Piave il 3 gennaio 1935), nonché compagno di studi e di messa.
Entrambi furono infatti ordinati sacerdoti nella Cattedrale di Treviso nel 1960, per mano di mons. Mistrorigo, assieme ad altri quindici diaconi.
I genitori di don Davide, e degli altri suoi quattro fratelli, erano persone di fede e, in particolare la mamma, aveva molta sensibilità cristiana. Egli frequentò le scuole medie dai padri Giuseppini del Brandolini di Oderzo. Allora, la casa dei religiosi del Murialdo a Ponte di Piave era un seminario. I chierici tenevano le lezioni di formazione cristiana e proiettavano diapositive sulle loro missioni in Sud America, appassionando così il giovane Davide alla vocazione alla vita consacrata. Dopo le medie, egli entrò in seminario. Nei primi anni di sacerdozio don Giabardo è stato a Maerne, a Casale sul Sile e quindi a Mirano. Intanto, in seguito alla Lettera Enciclica “Fidei Donum” di Pio XII, anche la Diocesi di Treviso aveva avviato gemellaggi con le missioni estere, inviando sacerdoti che rispondevano all’invito di andare in tutto il mondo ad evangelizzare (uno dei primi fu il compianto don Luigi Barbiero).
Durante il Concilio, mons. Mistrorigo incontrò un giovane Vescovo del Camerun che gli chiese un aiuto di personale ecclesiastico. Così, dal 1967 al 1995 la diocesi trevisana ha inviato propri presbiteri in quella nazione. Tra questi, dal 1971 al 1982, c’è stato anche don Davide Giabardo. Egli ha operato ad Ambam, assieme ad altri sacerdoti della nostra Diocesi ed a padri del PIME.
Il lavoro pastorale riguardava l’evangelizzazione e la promozione umana, sempre necessaria dove i servizi sociali sono praticamente inesistenti. L’impegno si concretizzava nell’educazione sanitaria, nella scuola e nel sostegno ai più bisognosi. In particolare, don Davide seguì i poliomielitici. Queste persone venivano seguite nella rieducazione degli arti, fornendo loro le protesi e gli ausili necessari, nonché assicurando la possibilità di studiare, in modo da offrire pari dignità ed opportunità, nonostante la menomazione fisica.
Terminato questo servizio missionario, don Davide è rientrato in Italia, dove gli è stato affidato l’incarico di Parroco a Ca’ Rainati, frazione di San Zenone. L’affetto dei nuovi parrocchiani lo hanno aiutato a superare il “mal d’Africa”, potendo manifestare la paternità sacerdotale nei Sacramenti del Battesimo, nelle Prime Comunioni, nei numerosi incontri.
Si arriva così alla fine degli anni ’80 quando mons. Pavanello, presidente della Caritas, gli ha proposto di vivere stabilmente all’Istituto Gris di Mogliano Veneto. Il centro fu fondato nella seconda metà del 1800 dal sindaco Gris per aiutare le persone affette da pellagra che, fino ai primi anni del secolo scorso, colpiva la popolazione rurale del territorio; furono poi accolte persone con handicap gravi.
Don Davide (assieme alle Suore Dorotee) è rimasto quale assistente ecclesiastico del Gris per vent’anni, dal 1988 a quest’anno. Al suo arrivo, lì c’erano seicento ospiti, provenienti dalla zona, ma anche da varie altre parti d’Italia. La sua casa è divenuta così il luogo per incontri di gruppi ed associazioni, dei ragazzi della Cresima, da lui seguiti, di giovani, di cappellani, chierici, seminaristi e volontari vari, nonché degli stessi genitori degli ospiti, tutti legati in un dialogo di fraternità, amicizia, riflessione, comprensione. Soprattutto alla domenica, durante l’Eucarestia si poteva vivere la festa dell’incontro e della familiarità, nel nome del Signore.
Il Gris è divenuto così un punto di riferimento per creare opinione, per creare una rete di fraterni rapporti umani, in un clima di vera gioia. Con la riorganizzazione dell’Istituto e la decentralizzazione in piccole comunità, per don Davide è arrivata la nuova ed attuale destinazione per San Donà.
Qui il suo impegno pastorale si sta concretizzando nel servizio alla Casa di Cura, precedentemente svolto per quasi cinquant’anni da don Marcello Cecchetto, nella celebrazione della Messa domenicale e visita agli ammalati a Palazzetto, nell’incontro ed accompagnamento di persone, come già fece don Luigi Barbiero, nel quadro dell’iniziativa del punto famiglia.
La Comunità di San Donà è vicina a Don Davide in questo suo nuovo apostolato, occasione per creare e rinsaldare nuovi rapporti nella fede ed ampliare ancor di più la paternità che è specchio di quella del Padre Celeste, conservando nel cuore quanto finora ha costruito nel suo Nome.

(Da un’intervista realizzata con don Davide Giabardo a poco più di un mese dal suo arrivo tra noi)

M. F.

Chi desidera contattare don Davide Giabardo può telefonare al suo numero cellulare: 346.7834766

La bella testimonianza di un amico
“Quella di don Davide è stata veramente la vicenda fantastica di un prete che ha rappresentato un significativo punto di riferimento per innumerevoli persone. Innanzitutto per gli ospiti del Gris, molti dei quali, privati degli affetti primari, in don Davide vedevano il papà, la mamma o il fratello maggiore. Per i chierici e i seminaristi di Treviso che, nel corso di molte estati, hanno scelto quel luogo come formidabile palestra formativa per imparare a conoscere, ad ascoltare e a servire i deboli della società. Per molti scouts e molti gruppi giovanili, che hanno organizzato svariati campi di lavoro dentro quella realtà di esclusione sociale fortemente marcata. Per molti familiari degli ospiti, magari delusi dalle istituzioni pubbliche, che, non sapendo dove andare, bussavano alla casa di don Davide per un sostegno
morale nelle loro richieste. Per i numerosi operatori sociosanitari dell’Istituto che a lui si rivolgevano e gli confidavano situazioni personali o familiari problematiche, trovando in lui sempre accoglienza e ascolto. Intessendo una fitta rete di volontariato diffuso, nato e cresciuto attorno al Gris dal 1988 al 2008, don Davide Giabardo ha rappresentato, anche sul piano culturale e civile, un riferimento esemplare da non dimenticare”
(da un articolo di d. Giorgio Morlin, in ‘L’eco di Mogliano’, ottobre 2008).