Da trent’anni un monastero a Marango
A Pentecoste ricorrono trent’anni dall’inizio della comunità monastica “Piccola Famiglia della Risurrezione” a Marango (Caorle, Venezia).
La lettera di ringraziamento della Comunità.
CARISSIMI AMICI,
Grazie a Dio, il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha fatto conoscere , nella luminosa profondità del cuore, “a quale speranza ci ha chiamati, qual è la ricchezza della sua eredità, qual è l’immensità della sua potenza verso di noi che crediamo” (Ef 1,18-19).
Grazie alla nostra Chiesa diocesana, che ha accolto questo piccolo seme di vita spirituale come una grazia che le appartiene, affinché l’intero corpo potesse crescere nella pienezza dei doni necessari alla sua edificazione. Grazie alla paternità, dolce e forte, del patriarca Marco, il padre che non dimenticheremo mai, per tutto l’amore che ci ha dato, dapprima permettendo la nascita di questa piccola famiglia nella Chiesa, e poi incoraggiandoci ad essere semplicemente fedeli alla vocazione ricevuta, in obbedienza alla Parola e nella comunione con tutta la nostra Chiesa.
Grazie ai tanti amici che, insieme a noi, hanno immaginato “spazi di preghiera e di comunione con caratteristiche innovative, più attraenti e significative”, in un mondo in profonda trasformazione, che chiede anche alla Chiesa un improrogabile rinnovamento (cfr. Evangelii Gaudium 73 e 27). Con questi amici siamo partiti da lontano, fin dagli inizi del mio ministero, cercando luoghi e spazi di preghiera e di dialogo, nei giorni tristi di un drammatico esodo dalla Chiesa, e dell’evolversi nella violenza di movimenti che avevano suscitato anche molte speranze di cambiamento e aperto strade di nuovi impegni e di nuove responsabilità.
Grazie a don Giuseppe Dossetti, e a tutte le piccole comunità oranti che sono nate dalla sua paternità spirituale, lucida e coraggiosa; una paternità che non legava a sé, alla sua straordinaria esperienza e personalità, ma orientava al Padre, all’ascolto perseverante della sua Parola fatta carne in Gesù, al Pane vivo e vivificante dell’Eucaristia, come reale partecipazione del mistero della vita trinitaria, alla lettura severa dei segni dei tempi e della presenza del Regno di Dio nella storia. Avere avuto la possibilità di vivere con lui e con la sua comunità, per un anno intero, a Gerusalemme, accolto nella amicizia di un’altra famiglia, quella di don Giovanni Nicolini, è stata davvero una grazia grande. Lì ho conosciuto la ‘Piccola Regola’, ho iniziato a camminare in essa, a verificarne la grande portata spirituale. A Gerusalemme ho ricevuto questa regola monastica dalle mani di don Giuseppe, durante una celebrazione eucaristica con tutta la sua comunità. Questo per significare che la vita spirituale, come ogni altra vita, non la si inventa ma semplicemente la si riceve. Il dono ricevuto e accolto ha avuto poi la sua autorevole conferma con la professione monastica, il 24 novembre 1987, nelle mani del patriarca Marco.
Grazie alla gente, semplice e buona, che abita questa terra di confine. Qui non è facile abitare, e non è facile rimanere a lungo. Le persone e le famiglie di qui mi hanno accolto dentro il loro cuore, fin dai primi giorni, permettendo così il nascere di una particolare esperienza di vita cristiana, fortemente caratterizzata dalla prossimità e dalla reciproca amicizia. Quando, a poco a poco, si è andata formando la mia famiglia monastica, essa aveva nei ritmi di lavoro e nello stile di vita della nostra gente un esempio concreto di fedeltà alla terra e di relazioni segnate dalla solidarietà e dalla sobria amicizia, propria della gente dei campi. Permangono da noi valori e attenzioni che altrove sono scomparse già da tempo. E anche di questo vogliamo ringraziare il Signore.
Grazie agli sposi, che il Signore ci ha donato per tutta la durata del cammino compiuto, dall’inizio fino ad oggi, arricchendo la esigente vita di preghiera e di lavoro della vita monacale con la dimensione dell’affetto, delle relazioni attente ai bisogni e alle situazioni reali delle persone. Pur nelle differenti risposte all’unica vocazione cristiana, come sono il matrimonio e la verginità, ci possiamo definire a ragione “una famiglia di famiglie”. L’Eucaristia della domenica è il segno più eloquente del costituirsi di questa famiglia attorno all’unico Signore.
Grazie a tutti gli ospiti che abbiamo accolto in questi trent’anni. Moltissimi sono venuti da noi per la preghiera, altri per un dialogo sofferto, in un tempo di difficoltà, altri ancora per un cammino con la Parola di Dio. Abbiamo accolto santi e peccatori, e siamo stati accolti da loro. Mi piace ricordare, tra tutti quelli che hanno varcato la nostra soglia, i malati psichici e gli stranieri, i ladri e le prostitute, i pentiti di mafia e gli ex ergastolani, così che mi verrebbe da dire, a tutte le persone pie: “State lontano, perché questo luogo è poco raccomandabile, non è certo tra i migliori. Se cercate luoghi edificanti, dove risuona soltanto il canto gregoriano, andate altrove!”. Per noi, definiti simpaticamente da qualcuno ‘diversamente monaci’, ogni ospite è invece una visita di Dio. E anche di questo rendiamo grazie.
Infine, chiedendo a tutti perdono anche per le nostre infedeltà, le numerose compromissioni, la perdita talvolta del necessario entusiasmo e vigore, io personalmente voglio ringraziare il Signore per il dono stesso della vita comune.
Giorgio Scatto, con le sorelle e i fratelli della comunità.
Marango, Pentecoste 2014 .