Amore nella Verità, una via per la società del futuro?
La carità nella verità è la principale forza per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera.
– Difendere la verità,
– proporla con umiltà e convinzione e
– testimoniarla nella vita
sono forme esigenti e insostituibili di carità.
Tutti gli uomini avvertono impulso ad amare in modo autentico: è la vocazione posta da Dio nel cuore e nella mente di ogni uomo.
La carità dà vera sostanza alla relazione personale con Dio e con il prossimo; è il principio non solo delle micro-relazioni, ma anche delle macro-relazioni.
Attenzione agli sviamenti e agli svuotamenti di senso della carità con il rischio di fraintenderla, di estrometterla dal vissuto etico e, in ogni caso, di impedirne la corretta valorizzazione.
In ambito sociale, giuridico, culturale, politico, economico, ossia nei contesti più esposti a tale pericolo, ne viene dichiarata facilmente l’irrilevanza a interpretare e a dirigere le responsabilità morali.
La verità va cercata, trovata ed espressa nell’« economia » della carità, ma la carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità.
Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità.
La verità, è “lógos” che crea “diá–logos“ e quindi comunicazione e comunione.
La verità, facendo uscire gli uomini dalle opinioni e dalle sensazioni soggettive, consente loro di portarsi al di là delle determinazioni culturali e storiche e di incontrarsi nella valutazione del valore e della sostanza delle cose.
La verità apre e unisce le intelligenze nel lógos dell’amore: è, questo, l’annuncio e la testimonianza cristiana della carità.
La carità è amore ricevuto e donato. Essa è « grazia » (cháris).
Destinatari dell’amore di Dio, gli uomini sono costituiti soggetti di carità, chiamati a farsi essi stessi strumenti della grazia, per effondere la carità di Dio e per tessere reti di carità.
Lo sviluppo, il benessere sociale, un’adeguata soluzione dei gravi problemi che affliggono l’umanità, hanno bisogno di questa verità. Ancor più hanno bisogno che tale verità sia amata e testimoniata.
Senza verità, senza fiducia e amore per il vero, non c’è coscienza e responsabilità sociale, e l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere.
« Caritas in veritate » è principio che prende forma operativa in criteri orientativi dell’azione morale.
La giustizia.
Ubi societas, ibi ius. La carità eccede la giustizia, perché amare è donare, offrire del “mio” all’altro; ma non è mai senza la giustizia, la quale induce a dare all’altro ciò che è “suo”, ciò che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare.
Non posso « donare » all’altro del mio, senza avergli dato in primo luogo ciò che gli compete secondo giustizia. Chi ama con carità gli altri è anzitutto giusto verso di loro.
Il bene comune.
Amare qualcuno è volere il suo bene e adoperarsi efficacemente per esso.
Accanto al bene individuale, c’è un bene legato al vivere sociale delle persone: il bene comune.
È il bene di quel “noi-tutti”, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale. Quando la carità lo anima, l’impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico.
L’azione dell’uomo sulla terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità, contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana
L’amore nella verità è una grande sfida. Il rischio del nostro tempo è che all’interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l’interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umano.
Una delle più profonde povertà che l’uomo può sperimentare è la solitudine. Anche le altre povertà, comprese quelle materiali, nascono dall’isolamento, dal non essere amati o dalla difficoltà di amare.
Paolo VI notava che « il mondo soffre per mancanza di pensiero »: serve un nuovo slancio del pensiero per comprendere meglio le implicazioni del nostro essere una famiglia; l’interazione tra i popoli del pianeta ci sollecita a questo slancio, affinché l’integrazione avvenga nel segno della solidarietà piuttosto che della marginalizzazione.
Un simile pensiero obbliga ad un approfondimento critico e valoriale della categoria della relazione.
La creatura umana, in quanto di natura spirituale, si realizza nelle relazioni interpersonali.
Più le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale.
Non è isolandosi che l’uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio. L’importanza di tali relazioni diventa quindi fondamentale.
Il tema dello sviluppo coincide con quello dell’inclusione relazionale di tutte le persone e di tutti i popoli nell’unica comunità della famiglia umana.
La rivelazione cristiana sull’unità del genere umano presuppone un’interpretazione metafisica dell’humanum in cui la relazionalità è elemento essenziale. Anche altre culture e altre religioni insegnano la fratellanza e la pace. Il mondo di oggi è attraversato da alcune culture a sfondo religioso, che non impegnano l’uomo alla comunione, ma lo isolano nella ricerca del benessere individuale, limitandosi a gratificarne le attese psicologiche.
« Tutto l’uomo e tutti gli uomini » è criterio per valutare le culture e le religioni.
Il Cristianesimo, religione del « Dio dal volto umano », porta in se stesso un simile criterio.
Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l’amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l’autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato.
Perciò anche nei momenti più difficili e complessi, oltre a reagire con consapevolezza, dobbiamo soprattutto riferirci al suo amore.
Lo sviluppo implica attenzione alla vita spirituale, seria considerazione delle esperienze di fiducia in Dio, di fraternità spirituale in Cristo, di affidamento alla Provvidenza e alla Misericordia divine, di amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace.
Le armi del cristiano (Ef 6, 1-20)
Infine, prendete forza dal Signore, dalla sua grande potenza. Prendete le armi che Dio vi dà, per poter resistere contro le manovre del diavolo. Infatti noi non dobbiamo lottare contro creature umane, ma contro spiriti maligni del mondo invisibile, contro autorità e potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso.
Prendete allora le armi che Dio vi dà, per combattere, nel giorno della lotta, le forze del male e per saper resistere fino alla fine. Preparatevi dunque! Vostra cintura sia la verità, vostra corazza siano le opere giuste e sandali ai vostri piedi sia la prontezza per annunziare il messaggio di pace del vangelo. Sempre tenete in mano lo scudo della fede con cui potete spegnere le frecce infuocate del Maligno.
Prendete anche il vostro elmo, cioè la salvezza, e la spada dello Spirito Santo, cioè la parola di Dio.
‘Pregate sempre: chiedete a Dio il suo aiuto in ogni occasione e in tutti i modi, guidati dallo Spirito Santo. Perciò state svegli e non stancatevi mai di pregare per tutto il popolo di Dio e anche per me. Pregate perché Dio mi faccia trovare parole decise con cui far conoscere la verità del suo messaggio. Benché sia in prigione, io sono ambasciatore di questo messaggio del vangelo.
Pregate perché io possa parlare coraggiosamente, come è mio, dovere.