L’età di abbassa e il consumo coinvolge la metà dei giovani nei weekend. Ma per il 7% il consumo è quotidiano.
L’alcol è una vera e propria piaga sociale. Da sempre. Insieme all’abuso delle sostanze stupefacenti, rappresenta il motivo principe delle stragi del ‘sabato sera’ – anzi, della ‘settimana’- e da solo è ritenuto fra le principali cause in Europa di mortalità evitabile, di disabilità e malattie croniche.
Se n’è parlato diffusamente all’interessantissimo convegno “Educare per prevenire”, organizzato qualche tempo fa dal Rotary club Treviso, in collaborazione con l’Ulss 9 di Treviso.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) inserisce l’alcol tra i quattro fattori che maggiormente mettono a rischio la salute assieme a fumo, scorretta alimentazione e scarsa attività motoria. Eppure, nonostante questi dati allarmanti e le gravi conseguenze sulla salute, il consumo dell’alcol continua a essere sostenuto e promosso dalla cultura generale, come ha evidenziato anche un’indagine recente dell’Istituto Statistica della Regione. Oggi in Veneto, il consumo occasionale di alcol sta aumentando e riguarda oltre il 55% della popolazione tra i 14 e i 34 anni, mentre per la stessa fascia di età ne fa un uso giornaliero il 13,7%. Tre bicchieri di vino, di superalcolico o di birra o un ‘binge drinking’ (cinque e più bicchieri) assunti in una singola occasione sono un rischio potentissimo per la salute.
O bevi o non sei nessuno
Come per il fumo o per qualsiasi altra dipendenza consumata in gruppo, anche per l’alcol vale la stessa cosa: si beve per socializzare, per stare in compagnia. Darsi appuntamento per bere qualcosa aiuta le relazioni, aiuta a distrarsi e a ‘sballare’ verso mondi inesistenti. I giovani ne sono consapevoli. Basta girare anche per la città di Treviso e vedere verso le 19 tutti i bar di grido assiepati come alveari da giovani vestiti bene e dai grandi sorrisi. Girano calici enormi, pieni di spritz e qualche stuzzichino e tutti sembrano felici. Ma non è così.
Questa idea di socializzazione e di accettazione nel gruppo ha fatto abbassare di molto l’età in cui si comincia a bere, sovvertendo anche il vecchio modello del bicchiere di vino a pranzo e a cena: ora i più giovani consumano l’alcol il fine settimana o in occasioni fuori dei pasti – a volte anche al posto dei pasti stessi – in concentrazioni decisamente elevate.
In Veneto, come nelle altre regioni del Nord, si beve di più che nel resto di Italia, a tutte le età ma in particolare tra i più giovani.
Secondo i dati del sistema di sorveglianza Passi del Ministero della Salute, nel 2011 il 41% dei ragazzi di età 18-34 anni (27% in Italia) è tra i consumatori di alcol a maggior rischio, perché consumatore fuori pasto (33%) e/o consumatore ‘binge’ (19%) e/o consumatore abituale elevato (2%). I più assidui sono i giovani tra i 18 e i 24 anni, maschi.
Cambiano allora gli stili, ma cambiano anche i gusti. Negli ultimi dieci anni, tra i più giovani, accanto al vino, è diminuito anche il consumo delle birre mentre è aumentato il consumo di apertivi e superalcolici. Molto preoccupante è la tendenza a consumare più unità alcoliche nello stesso momento (appunto il binge drinking): 19 giovani su 100 hanno comportamenti binge (13% in Italia), più frequenti tra i fumatori e tra i più giovani, senza difficoltà economiche e con alto livello di istruzione. Consumano alcol fuori pasto 33 giovani su 100 (19% in Italia). Oltre i 24 anni le cifre si abbassano, ma per gli uomini rimangono ancora elevate.
L’età si abbassa
Nonostante precise disposizioni internazionali che sconsigliano l’uso di bevande alcoliche nell’infanzia e nell’adolescenza, per l’incapacità del corpo umano di metabolizzare la sostanza e per evitare un’esperienza troppo precoce che poi rimarrà indelebile, sempre più giovanissimi cadono in questa tela del ragno, in cui ci si avviluppa per sempre.
Un consumo prematuro di alcol crea gravi problemi alla salute del ragazzo, peggiora le relazioni con familiari e amici e incide negativamente sui risultati scolastici.
Tra i ragazzi italiani di 15-16 anni, 63 su 100 dichiarano di aver consumato alcol nell’ultimo mese, cifra preoccupante seppur in Italia più contenuta che nel Nord ed Est Europa. Alte anche le cifre del Veneto: il 34% dei maschi quindicenni dichiara addirittura un consumo di alcol settimanale, il 7% perfino giornaliero. Se si guarda al fine settimana, la percentuale sale al 49%, simile al dato delle ragazze. Molti giovani associano il consumo di alcol al divertimento e all’occasione per dimenticare i problemi. Rispetto ai coetanei europei, sono però più consapevoli di alcune conseguenze negative, come i danni alla salute propria e degli altri. Lo spritz rimane la bevanda alcolica più amata, non solo per il prezzo contenuto ma anche come moda che fa sentire ‘grandi’, ‘accolti nel gruppo’. Un quindicenne su quattro in Veneto ne fa un uso regolare, con scarsa differenza tra maschi e femmine. Il consumo però aumenta tra i 13 e i 15 anni, quando i ragazzi passano dalle scuole medie alle scuole superiori. Ma i rischi non finiscono qui: tra il 2008 e il 2011, l’11% dei giovani tra i 18 e i 25 anni ha dichiarato di aver guidato sotto l’effetto dell’alcol, il 9% tra i 18 e i 21 anni. Nell’ambito dell’attività ‘Stragi del sabato sera’ della Polizia Stradale del Veneto, nell’ultimo anno sono stati effettuati oltre sei mila controlli a giovani tra i 18 e i 32 anni durante la notte, specie nella fascia oraria più a rischio, cioè tra le 2 e le 4 del mattino. Il 4.5% dei conducenti è risultato positivo al controllo del tasso alcolemico, in diminuzione rispetto agli ultimi tre anni. I giovani più ‘pericolosi’ in strada sono risultati quelli tra i 23 e i 27 anni.
Serve prevenzione
Importanti, allora, i progetti di prevenzione. Che, per essere efficace, deve coinvolgere tutta la società, con progetti ben mirati soprattutto nelle scuole, come da alcuni anni sta facendo il Rotary club di Treviso: “L’idea è nata circa tre anni fa – ha raccontato Andrea Bellieni, presidente del Rotary Club trevigiano – prima con un convegno dedicato all’alcol e ai giovani, poi l’anno dopo con l’incontro ‘Giocare d’anticipo contro le dipendenze’, quest’anno su di una prevenzione che miri a stimolare l’autoconsapevolezza nei giovani”. Un impegno che si è concretizzato nel sostegno al progetto Tangram promosso dall’Ulss 9, con interventi diretti nelle classi delle scuole medie di quattro Istituti Comprensivi di Treviso e Provincia, dove sono stati realizzati degli incontri con i ragazzi.
Famiglie da coinvolgere
Di fronte a un panorama così sconfortante e rischioso per i nostri ragazzi, la prevenzione rimane la sola via d’uscita: “L’alcol prima dei 16 anni arriva direttamente al cervello – spiega Germano Zanusso, direttore del Dipartimento Dipendenze Ulss 9 -, deteriorando le funzioni della memoria, l’attenzione e rendendo difficile la crescita psicologica. Nei ragazzi, a quell’età, non ci sono sufficienti enzimi per metabolizzarlo”. L’alcol diventa una dipendenza per tutta la vita, ma non è la sola: esiste anche il poker on line, per esempio, e la dipendenza da Internet, che stanno destando sempre più preoccupazioni tra gli operatori. La propensione alla dipendenza però, oltre a essere stimolata dal contesto sociale e ambientale, può essere anche frutto del percorso di dipendenze avute in passato dai propri avi: “Molte persone – ha sottolinea Zanusso – non sanno che la dipendenza può essere nella loro famiglia già da molto prima di loro. Bisogna dunque lavorare strettamente con le famiglie. Poi, dobbiamo tener conto che c’è anche un determinismo ambientale, per cui la bevanda alcolica è legale e facilmente accessibile, e un determinismo sociale per cui tanti giovani, disorientati dalla vita, da quello che devono fare, non sanno più dove andare e ‘bruciano’ le proprie giornate senza progettualità, bruciano i sentimenti, ingoiano le relazioni. Meno serviamo e adoriamo i nostri figli, meglio è. Dobbiamo aiutarli a costruire invece stabilità, autostima e autoefficacia”.
Senza l’aiuto della famiglia poco si può fare: “Abbiamo difficoltà a lasciare andare questi nostri figli – spiega Paola Cosolo Marangon, direttore scientifico del progetto ‘Diventare Grandi’-. Non ci sono neppure più i riti sociali, che un tempo scandivano le tappe della vita, come l’esame di quinta elementare. L’adulto continua a tenere il proprio figlio come un bambino o al contrario come un bambino ‘iperadultizzato’, perché così piace ai genitori. Un eccesso di cure e di regali impedisce al bimbo di ‘desiderare’. Il ragazzo che non desidera più brucia le tappe. Non gli viene lasciato il tempo di ‘essere’ ma solo di ‘diventare’. Entro in una quinta elementare e scopro che tre quarti dei bambini hanno il profilo facebook. Dici che prima dei 13 anni non dovrebbero averlo e i genitori minimizzano. Serve un utilizzo dei ‘no’ consapevoli. A 13 anni le potenzialità sono grandissime, dobbiamo aiutare i ragazzi ad avere un cervello e a usarlo con il giusto senso critico”.
Ma come fare? “Innanzitutto non dobbiamo essere giudicanti, ma semplicemente sottolineare i comportamenti che non vengono accettati. Se il bimbo ha una bassa autostima non puoi essere giudicante – continua la Marangon -. Poi negoziare le regole, essere coerenti e credibili. Infine essere anche capaci di litigare. Il litigio è una modalità di confronto, con regole precise però che non prevedono la denigrazione dell’altro ma saper stare nella relazione e reggerla”.
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