La Casa del clero compie trent’anni di attività
Dal 1981 al servizio della diocesi
La Casa del clero compie trent’anni di attività. Una storia nata nel 1981, che ha radici molto più antiche, con le prime intuizioni che risalgono a metà Ottocento e si concretizzano poi nella società di Mutuo soccorso nota come la “Mariana”. Nel 1913 aprì a San Trovaso una prima casa, poi chiusa nel 1932. La questione fu per molti anni presente all’attenzione dei Vescovi e del Consiglio presbiterale, finché, alla fine degli anni Settanta, su impulso del vescovo Antonio Mistrorigo e di mons. Pietro Guarnier, allora vicario generale, fu trovata la soluzione acquistando l’ex istituto Don Mazza, in via Scarpa a Treviso. Dopo i lavori di ristrutturazione, l’inaugurazione il 1° giugno 1981. Primo direttore fu mons. Raffaele Crosato, che diede un grande impulso alla casa, arricchendola e rendendola funzionale agli ospiti. Si preoccupò anche di far venire da Como le Suore Infermiere dell’Addolorata. A lui succedette mons. Luigi Zamperoni, che guidò la casa per un breve periodo, proprio durante la malattia che lo aveva colpito; fu poi la volta di mons. Carlo Artuso, che tenne le redini della struttura fino alla fine del 2003; a lui succedette l’attuale direttore, don Giovanni Semenzato. Un’intuizione e un’opera, quella della Casa del clero, che si sono rivelate davvero provvidenziali.
Testimonianze
Il clima di famiglia, di comunità che si respira all’interno della Casa del clero è merito, oltre che della direzione e di tutto il personale, anche di alcuni sacerdoti che, vuoi per il carattere, vuoi per l’età ancora “giovanile”, portano vivacità e sostegno ai più anziani, anche con battute e racconti. Seduti vicino al piccolo bar, con i quotidiani in mano, stanno commentando le notizie del giorno don Pietro Confortin, don Mario Carniel e don Angelo Jarca degli Uberti. Si capisce subito che il clima è famigliare.
Confortin, 82 anni, già parroco del Sacro Cuore di Mogliano, è ospite della Casa da tre anni, da quattro, invece, sia Carniel, 81 anni, già parroco di Briana; Jarca, 88 anni, già parroco di Musastrelle, da sette. Confortin, che durante la settimana segue gli ospiti della Casa di riposo di S. Bona e di Casa Albergo, dice con una battuta che “qui dentro non possiamo farla franca”, intendendo che il tempo a disposizione per riflettere e “fare i conti” con se stessi e con Dio non manca. Si avvicina don Gelindo Campagnaro, 81 anni, già arciprete di Santa Bona, che è entrato nella casa nel 2004. “Qui, dopo tanti anni di intensa attività pastorale – concorda tutto il gruppo – bisogna dare una direzione alla nostra vita ancora più precisa, di preghiera e dialogo con il Signore. Siamo preti anche qui dentro pur con maggiore discrezione e lentezza”. “Recuperiamo tempo pure per la lettura e lo studio – aggiunge don Angelo – cose che potevamo fare poco quando avevamo tanti impegni”. Insomma, come sottolinea don Gelindo, “c’è il tempo per dare un senso non solo alle giornate, ma a tutta la vita”. ” Ci troviamo bene in questa casa che è diventata la nostra casa – sottolinea don Mario – se non ci fosse bisognerebbe inventarla”. Don Giovanni Volpato, 83 anni, vive a Monastier dopo aver lasciato la guida della parrocchia, ma è ospite della casa da alcuni mesi, per una convalescenza. Missionario “mancato” (“Mi avevano preparato per partire per il Cile, poi invece il Vescovo mi ha mandato a Bologna!”), ha avviato la nuova parrocchia di San Bartolomeo di Treviso con don Giovanni Gemin, per poi passare a Monastier. “Per fortuna c’è questa casa per noi sacerdoti anziani e con qualche problema. E’ umano non entrare qui volentieri – ammette – ma poi si scopre che si sta bene. Le persone vengono a trovarci: parenti, parrocchiani. E spesso vengono a prenderci per qualche occasione particolare. Io vado a visitare gli ammalti in Casa di cura a Monastier o in ospedale, oppure celebro qualche funerale. Si capisce che le nostre comunità tengono ancora a noi, hanno amore per il sacerdote, anche anziano, per il suo valore, ma siamo consapevoli che hanno bisogno di forze nuove e giovani”. (…).
Fonte: “Ti saluto fratello” 30 ottobre 2011