Duomo di San Donà
22 Ottobre 2025

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Duomo di San Donà

S. Maria delle Grazie – Diocesi di Treviso

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Guida ai mosaici nella Cappella dell’Eucaristia

Entrando nella cappella, alla sinistra c’è la scena della manna nel deserto.

Il popolo ebraico per intervento di Dio esce dall’Egitto e si incammina attraverso il deserto fino a quando non maturerà, anzi, come dicevano i padri, fino a quando non solo avrà lasciato l’Egitto, ma fino a quando l’Egitto non avrà lasciato il suo cuore, quando sarà libero veramente. Tanto tempo dovrà camminare, fino a quando non sarà libero. Nel deserto non è così semplice sopravvivere. Infatti gli ebrei dopo un po’ si sono ribellati a Mosè. Hanno minacciato di ucciderlo, perché non ce la facevano più.

Il popolo mormorava: “Ma come? In Egitto abbiamo mangiato carne, cipolle, questo e quest’altro, e tu ci hai portato qua!”. Ebbene, Dio manda la manna, che appariva la mattina insieme alla rugiada. Il popolo ebraico nell’esodo la raccoglieva e mangiava, ma poteva raccoglierla solo per un giorno. Questo ricorda il verso del Padre nostro: Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Se avessero voluto conservarla, la manna si sarebbe rovinata. Si doveva raccogliere solo quella che bastava per un giorno. Gli esegeti moderni sono andati a studiare questo fenomeno. E ci dicono che se invece di mangiare manna avessero mangiato carne, quella carne di cui avevano tanta voglia, sarebbero tutti morti nel deserto.

Questo cosa significa? Che per il cammino verso la libertà, verso l’essere liberi da noi stessi, dalla preoccupazione di salvare e affermare se stessi, Dio procura un cibo che ti fa camminare verso questa libertà. Nel mosaico c’è un ebreo in atteggiamento orante, non si sa se ringrazia Dio per la manna o prega per la manna di domani, mentre la moglie e il bambino stanno raccogliendo la manna per mangiare. Ma il volto di questo ebreo è rivolto verso il tabernacolo, verso dove sarà la Gerusalemme celeste, verso il regno del Padre.
Il movimento raffigurato dalle tessere del mosaico fa vedere che, dalle sue mani in preghiera, si va verso la Gerusalemme celeste.
Tutto ciò che Dio ha fatto nell’Antico Testamento è una prefigurazione della vera liberazione, del vero trasloco dell’uomo da questa creazione alla nuova creazione e l’unico cibo necessario è quello della vita di Cristo, dell’umanità di Cristo, di quella comunione che ci fa vivere.

Per questo dalla parete di sinistra noi passiamo alla parete centrale, dove nel cuore c’è il tabernacolo, che è la porta di ingresso alla Gerusalemme celeste.

Cristo fu crocifisso presso la porta di Gerusalemme proprio come se lui fosse il passaggio. Infatti quando fu crocifisso, il velo del tempio si è squarciato e si è aperto l’accesso al santuario, dove c’è il Padre.
Ora noi abbiamo il passaggio per andare alla presenza del Padre perché siamo figli: davanti al Padre si presenta solo chi sta nel suo figlio, quando siamo figli nel figlio.
L’eucaristia ci fa figli, realizza in noi la vita battesimale in pianezza. L’Eucaristia è quel viatico che ci fa passare. Però nella Gerusalemme celeste non si arriva come individui, ma come persone. Persona e individuo: che differenza c’è? L’Individuo presenta se stesso e la sua natura, bada a se stesso, cerca di salvare se stesso ed essere perfetto in se stesso.
La persona invece teologicamente nasce delle relazioni. Dire uomo o dire marito, è differente. Come dire donna o dire moglie. Moglie indica una relazione perché, se c’è la moglie, c’è il marito. Per i cristiani l’essere umano dopo il battesimo è così, come dire moglie, marito, figlio, padre. Sono caratterizzati da una relazione. Nella Gerusalemme celeste non si sta da soli.
Noi siamo abituati nelle nostre chiese post barocche e barocche ad avere una statua qua, una statua là, tutte isolate. Nel regno dei cieli non è così, lì c’è una comunione. Ecco che nel mosaico noi troviamo, nella Gerusalemme celeste, il trono da quale Dio gestisce il mondo.
Il trono del potere. L’unico punto del potere della storia è il trono di Dio. Sul trono di Dio sta seduto l’antico dei giorni (Daniele 7 o Apocalisse 4-5). Sulla sua aureola sta scritto O-on in greco, colui che è, l’Eterno, l’antico dei giorni, il Padre. È l’antico dei giorni secondo l’immagine del figlio. Il Figlio è perfetta immagine del padre, raffigurato un po’ più anziano. Sul trono si è seduto lui, ma nel centro del trono, come dice l’Apocalisse, sta in piedi, dritto, l’agnello immolato, sgozzato, ma vivo. Questo agnello è il figlio di Dio, e il verbo sta sulla parola di Dio che il padre ha aperto. Il figlio è sgozzato come un agnello, ma è tutto rivolto al Padre. La testa dell’agnello nel mosaico è molto più grande in proporzione al corpo. La testa è Cristo, è compiuto. Il suo corpo siamo noi, la Chiesa, siamo nel divenire. il corpo di questo agnello, che è la chiesa nel divenire, alla fine del mondo arriverà alla proporzione perfetta perché, quando il corpo sarà corrispondente alla testa, tutto sarà compiuto.

Quando si parla di trono, si pensa al potere… “il Dio onnipotente”.
No, non è così. Dio governa il mondo secondo il modo dell’agnello, offrendo se stesso e non comandando.
Intorno vediamo quattro esseri viventi: selvaggi, domestici, l’uomo, l’angelo. Tutto il creato è coinvolto in questa esistenza comunionale di Dio. San Girolamo vede nelle quattro immagini gli evangelisti. E poi ci sono: la Madre di Dio, sempre vergine, che lo ha partorito come uomo sulla terra. Dall’altro lato Giovanni Battista, colui che è il più grande dei profeti, perché lo ha riconosciuto, lo ha indicato.

Poi vediamo un bambino che sta nell’abbraccio di Maria santissima: è Carlo Acutis. Sta nelle braccia della Madre di Dio, perché morendo, profetizzava a sua madre che sarebbe stata di nuovo madre.
Più su c’è una coppia di sposi, sono i coniugi Quattrocchi, marito e moglie, i primi sposi ad essere beatificati come coppia.
Dall’altro lato c’è il vescovo di Treviso, il beato Andrea Giacinto Longhin, che ha consacrato questo Duomo nel 1925, dopo la distruzione della Prima guerra mondiale.
Accanto a lui c’è la serva di Dio, Lucia Schiavinato, fondatrice dei Piccoli Rifugi.
Poi due personaggi anonimi, che rappresentano molti nomi sotto la mascherina: sono un medico e una infermiera o viceversa.
È impossibile fare un Regno dei cieli senza una rappresentanza di persone del tempo che viviamo ora.
Credenti o non credenti, non importa. saremo giudicati se adesso abbiamo amato, se abbiamo donato la vita.
Quante persone hanno dato tutto e sono anche morti e certamente, come dice Cristo, ci precederanno nel regno.

Guardiamo il tabernacolo. Perché è su sfondo nero?
Lo sfondo è oro e nero. Nero è l’assenza della luce, è la presenza della notte, cioè del male. Dove incontriamo Dio? Siamo stati generati sulla porta di Gerusalemme, dove Cristo è morto e ha consegnato lo spirito, il costato aperto ha versato il contenuto di Dio nell’umanità. Noi conosciamo Dio non sulle cime della nostra perfezione presunta, religiosa, ma lo incontriamo nel peccato come misericordia di Dio che ci viene incontro.
Quando Mosè esce dall’Egitto, era notte. A metà del percorso della notte la parola scende, dice il libro della sapienza. Quando Gesù nacque era notte, quando fu tradito era notte, quando morì si fece notte. Quando è risorto era ancora notte. Per questo l’ingresso di Gerusalemme è segno di quel luogo dove Dio ci ha incontrato, dove Dio ci ha redenti, dove ci ha fatto figli. Perciò su questo nero si impone l’oro, che già Giovanni Damasceno diceva che è il colore e la materia privilegiata per dire la misericordia e santità di Dio.
Se in una stanza buia c’è un po’ di oro, quando accendi una candela, immediatamente l’oro brilla.
Gli antichi monaci dicevano: “Se un peccatore una sola volta invoca la misericordia di Dio, tutto il cielo si apre su di lui.

Il mosaico della Gerusalemme celeste poggia su 12 pilastri, che sono i 12 apostoli. Davvero l’Eucaristia è la Chiesa, è il corpo di Cristo, è la nuova creazione, i cieli nuovi e la terra nuova, è il corpo risorto di Cristo, dimora che Dio Padre ha preparato per noi uomini nuovi, rigenerati in lui.
Dio ha preparato questa terra e questo cielo come dimora nostra. Il peccato ha distrutto questi e noi stessi. Adesso c’è il suo corpo risorto, cieli nuovi e terra nuova.

Guardando la parete di destra, vediamo la scena della lavanda dei piedi.

Se partecipiamo alla vita di Cristo e abbiamo ricevuto il dono, questo desidera manifestarsi. Il senso della Chiesa è la manifestazione.
Quando Cristo lava i piedi, dice: “Vi ho dato questo esempio, fate lo stesso anche voi”. Può dirlo perché prima ci ha amato fino in fondo, e con questo gesto potrà dire: “Rimanete nel mio amore. con l’amore con cui il Padre mi ha amato, io ho amato voi, affinché voi possiate donare la vita come l’ho donata io.

Ciò che è avvolto nell’amore passa nella vita eterna, perché l’amore dura in eterno. Voi salverete i vostri corpi attraverso il gesto d’amore e io vi do questo amore affinché voi possiate amare e i vostri corpi siano avvolti nell’amore, cioè nella vita eterna. L’Imitazione di Cristo è assurda se non hai la vita di Cristo. Se c’è la vita di Cristo, l’imitazione di Cristo significa manifestazione di Cristo. Galati 5,13 dice: “Siate servi gli uni gli altri”. la libertà è solo nell’amore, perché solo amore è libero e si diventa tanto liberi da poter servire gli uni gli altri”.
Lavare i piedi era un gesto così umiliante che gli schiavi non potevano farlo se erano di nazionalità ebraica. Solo gli schiavi stranieri potevano lavare i piedi. Cristo invece va a lavare i piedi.

Si esce dalla cappella con ciò che Giovanni presenta come eucaristia: grembiule e servizio agli altri, è così che manifestiamo Cristo. Uscendo incontriamo i due discepoli di Emmaus che, mentre andavano, discutevano e non erano d’accordo. Ognuno aveva una visione diversa delle cose. Però hanno incontrato Cristo nel donarsi, nello spezzare del pane. Adesso stanno tornando dopo l’incontro con lui e ognuno ha metà della pagnotta. I due occhi coincidono come un occhio solo. Ora hanno una visione condivisa, hanno trovato la comunione, si sono riconosciuti in quel pane di cui fanno parte. E vanno a Gerusalemme, nella comunità.

Allora si va a pregare, si va a nutrirsi della vita di Cristo, della vita della Chiesa, della comunione. E si esce per manifestare questo amore che è servizio in una comunione ecclesiale. Noi andiamo in questo mondo lacerato, pieno di individualismi, separatismi, come comunione, non cercando una chiesa parastatale e paraimperiale, ma come lievito e sale di una umanità, perché abbiamo una vita che possiamo dare agli altri attraverso un gesto d’amore.

In fine qui c’è un altare di legno quadrato. Perché è quadrato? Germano di Costantinopoli, grande commentatore dei luoghi liturgici, nel VIII secolo scriveva: “L’altare deve essere quadrato perché deve essere visibile che tutti i quattro lati del mondo si cibano dal sacrificio del figlio che il padre ha mandato a noi quando eravamo ancora nemici suoi. C’è la mensa a cui tutti hanno lo stesso accesso, non c’è nessuna dogana, come dice papa Francesco. C’è un accesso uguale per tutti, per cibarsi di questa vita, dono del Padre che ha mandato il Figlio.

L’altare ha una corona d’oro intorno fatta di mosaico e frontalmente c’è una croce a vela, gonfia, è la croce dello Spirito Santo. L’umanità gonfia dello Spirito perché lo Spirito soffia. La croce ha una ferita perché proprio lì si è versato il contenuto di Dio, la sua vita, sull’umanità.

La stessa forma della croce si trova sul tabernacolo in modo che chiunque prega nella cappella non possa separare l’Eucaristia liturgica, evento della Chiesa, dall’Eucaristia custodita: è la stessa eucaristia.

Sull’ambone ci sono sette fiamme dello Spirito, perché la Parola è intrisa di Spirito Santo. Quando nella liturgia colui che è all’ambone guarderà i discepoli di Emmaus, ricorderà che Cristo li rimproverava perché non avevano ancora capito le Scritture. Il mosaico con i discepoli di Emmaus diventa un richiamo per ricordarsi che il vero esegeta delle Sacre scritture è il Cristo risorto.

Le foto dei mosaici (click sulla foto per ingrandire)
Parete sinistra: la manna nel deserto

 

Parete centrale e Tabernacolo

Parete destra: Gesù lava i piedi a Pietro nell’ultima cena

Altare e ambone

Uscita: i discepoli di Emmaus

 

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