Viaggio attraverso due mondi
Dall’8 al 15 agosto noi ragazzi di III e IV superiore del vicariato di San Donà siamo entrati in un mondo parallelo al nostro, che vive accanto a noi, nella realtà di tutti i giorni, ma che non si riesce a percepire se non sanno usare bene gli occhi. Per fortuna, però, c’è chi sa come usarli. Infatti don Oreste Benzi ha visto questo mondo intorno a lui, una realtà famigerata ma tenuta nascosta ed evitata da tutti, la realtà degli emarginati sociali, della ragazze di strada, dei drogati, degli alcolizzati, dei portatori di handicap. È per questo che nel secondo dopoguerra, precisamente nel 1973, ha fondato la prima casa famiglia di quella che sarà la comunità papa Giovanni XXIII, attualmente diffusa in 25 paesi in tutto il mondo.
Così, siamo partiti un po’ allo sbaraglio per questa esperienza particolare di servizio, senza sapere bene a che cosa andavamo incontro, con gli animatori che davano risposte vaghe alle nostre domande (sapevano meno di noi!), ma con tanta voglia di divertirci e stare insieme.
Già il primo giorno, appena arrivati, le persone della comunità ci hanno accolto…con una messa. È stata bellissima! La gente era trascinata dalla messa, nonostante il caldo “esagerato”… è durata più di due ore eppure non ci è pesata neanche un po’!
Così è iniziata l’esperienza di questo “mondo parallelo”, così diverso dal nostro eppure così vicino. Per noi sono state otto giornate passate dormendo a San Marino nella casa per gruppi San Michele e lavorando nelle comunità di Rimini, la cooperativa ‘Biancospino’ e la ‘Capanna di Betlemme’, che ospita senzatetto per la notte.
Domenica pomeriggio siamo andati ad ascoltare la testimonianza di Cinzia. Questa signora ci ha spiegato come era divisa la comunità e la sua famiglia, infatti lei era una donna consacrata che ospitava nella sua casa ragazze madri con i loro bambini e ragazzi presi da lei stessa in affido. Poi abbiamo conosciuto un missionario che ci ha parlato di alcune sue esperienze. Questa è stata la nostra prima chiacchierata con alcuni membri della comunità e abbiamo capito che non sarebbe stata una piacevole passeggiata, ma una divertentissima salita che si può affrontare solo tenendosi tutti per mano.
Lunedì è iniziato il vero servizio. La settimana era strutturata con uno schema a scambio così ci siamo divisi in due gruppi, uno è andato alla Capanna per i primi due giorni mentre l’altro era al Biancospino, mercoledì sono rimasti tutti in casa per il deserto mentre giovedì e venerdì si sono invertiti.
L’esperienza alla Capanna è stata quella che ci ha colpito di più. Era un posto fuori dal mondo, lì convivevano senza tetto, ex tossico-dipendenti, ex carcerati, persone agli arresti domiciliari, portatori di handicap. Tutti coloro che non sarebbero stati accettati dalla nostra realtà, ma che invece erano benvoluti da don Benzi. Lavorare lì per noi era come lavorare in una grande ed affollata casa. Abbiamo pulito un furgone, rastrellato il giardino, dato da mangiare alle galline, piegato i vestiti, pulito i vetri, preparato da mangiare, raccolto l’uva e molto altro. In quei giorni noi abbiamo osservato loro tanto quanto loro hanno osservato noi e i momenti più belli sono stati quelli in cui tutti eravamo seduti allo stesso tavolo, tutti affamati, tutti felici della compagnia.
Uscendo da lì ci siamo resi conto che erano persone normali con vizi e difetti, non potevano permettersi il lusso e di sicuro c’erano molti dissapori tra gente così diversa, ma almeno lì avevano ritrovato la loro dignità.
Alla cooperativa Biancospino invece abbiamo eseguito piccoli lavori manuali come decorare mollette e addobbi natalizi. Inoltre abbiamo aiutato a fascicolare il mensile della comunità che comunica le attività e gli impegni a cui i volontari possono partecipare, consigli per chi vive l’esperienza dell’affidamento familiare o altri casi di disagi in cui ci si trova a vivere con persone che hanno un forte bisogno di affetto e di ritrovare un posto che possano sentire come una vera casa.
In questo luogo le persone vengono a trascorrere la giornata che viene scandita dalla pausa caffè, dalla pausa mensa, dalla pausa per la partita a carte, da altre pause caffè e ogni tanto lavorano. Qui la gente è più socievole e disposta a raccontarti la loro storia, la maggior parte di loro cerca di riabituarsi al lavoro per poi rientrare nella società.
Il nostro viaggio purtroppo aveva una scadenza e siamo dovuti tornare alla nostra realtà quotidiana, ma siamo sicuri che ognuno di noi ha portato con sé un pezzetto di quel mondo distante, parole, sguardi, abbracci, tutto con un affetto a cui non eravamo abituati, così con coraggio possiamo cambiare e mantenere vivo il fuoco che aveva acceso don Benzi che basava la sua opera sul “non fare per carità ciò che si deve fare per giustizia”.
Sara B. e Sara V.