Suor Giovanna, un’eredità da non perdere

suor Giovanna (Antonietta) Fregonese

Un cippo sul ciglio del Canale Navigabile ricorda suor Giovanna (Antonietta) Fregonese nel punto in cui precipitò con la sua auto, annegando, mentre ritornava verso l’allora Istituto Saretta. In quel mattino del 16 luglio 1981 aveva appena accompagnato a casa una ragazzina che frequentava la “scuola di lavoro” (con il nuovo millennio, è diventata l’attività estiva di “Ago e filo”).

Sabato mattina 21 gennaio 2023 la lapide a ricordo di suor Giovanna è stata trovata vandalizzata e la statua della Madonna decapitata.
Il sindaco, Andrea Cereser, ha commentato:  “Come si può arrivare a tanto? […] suor Giovanna, ha perso la vita diversi anni fa nel Canale Navigabile mentre operava il bene nella nostra città. Veramente fatico a comprendere e ad accettare come si possa mancare di rispetto sino a questo punto.”

Il cippo dopo l’atto vandalico

Davvero Suor Giovanna ci ha lasciato un’eredità da non dimenticare.

Uno scritto di don Bruno Gumiero, parroco della Parrocchia Santa Maria delle Grazie di San Donà dal 1974 al 1998, ha tracciato la figura di questa religiosa.

Aveva 37 anni ed apparteneva alla Congregazione delle Suore di Maria Bambina (o Suore di Carità). Era nata a Fossalta di Piave il 18 settembre 1943, nella famiglia patriarcale dei Fregonese. Il papà non vide mai il suo volto, perché morì per causa di guerra prima che nascesse Antonietta, questo il suo nome al Battesimo. A dodici anni si trasferì a Musile di Piave, assieme alla mamma ed al fratello e si impegnò attivamente nella vita parrocchiale, sino ad assumere l’incarico di presidente della Gioventù Femminile di Azione Cattolica.

Giovanissima, Antonietta aveva iniziato a lavorare nella sartoria Cella di San Donà di Piave. Un mattino disse al suo principale: “Le dò gli otto giorni, mi licenzio.” “Ma perché? Ti aumento lo stipendio” – rispose il signor Cella. “Non è per i soldi che mi licenzio.” “Ma allora perché? Ti sposi?” “No, no, non mi sposo…” “Ma allora?” “… allora mi faccio suora!

Quella della giovane non era una decisione improvvisa, era maturata a lungo nella preghiera, con la diligente ricerca della volontà di Dio e con la guida di un saggio direttore spirituale. Così Antonietta Fregonese il 23 settembre 1965 entrava come religiosa nell’Istituto delle Suore di Maria Bambina ed il 25 marzo 1968 emetteva la professione religiosa assumendo il nome di Giovanna.

Le notevoli doti di intelligenza consigliarono i suoi superiori di farle completare la formazione culturale, quando faceva parte delle comunità di Sacile e Pieve di Soligo. Così, dapprima frequentò a Padova un corso speciale di formazione religiosa e poi in due anni prese il diploma di  maestra elementare.

Nel 1974 frequentò a Roma la Scuola Superiore di Servizio Sociale per prepararsi professionalmente ad assumere il compito di assistente sociale nel contesto di un programma pastorale elaborato dalla parrocchia Santa Maria delle Grazie di San Donà di Piave, dove giunse nel settembre 1977.

Per la strada della vita di questa donna è passato Dio per compiere un suo disegno di straordinario amore e di grazia, segnato da tre tappe fondamentali: Donazione a Dio – Servizio di amore – Letizia e Speranza. Un generoso servizio di amore, l’amore per ogni fratello diventa per lei una grande passione. Un amore che ha delle predilezioni che così esprime: “Voglio mettermi dalla parte del più debole, del più povero, non voglio aver paura di incontrarmi con gli ultimi.”

Il cippo di suor Giovanna come era

A San Donà di Piave diventano suo campo di lavoro le persone disabili e le loro famiglie, gli orfani i figli di famiglie dissestate, le povere donne del mondo della prostituzione, i dimessi dagli ospedali psichiatrici, i giovani dediti alla droga, i carcerati e gli ex carcerati.  Uno di questi gli scrisse dal carcere: “Io non ho nessuno che mi venga a trovare, vieni tu suor Giovanna, ti aspetto.

Quanti giovani provenienti da diverse regioni d’Italia, dopo viaggi avventurosi, sono arrivati a San Donà per sentire una parola di questa religiosa! Li aveva incontrati durante il suo soggiorno a Roma per lo studio. Uno di questi è rimasto inginocchiato accanto alla salma della suora per quasi due giorni e diceva: “Ho perso una mamma”.

Suor Giovanna era una persona gioiosa, era sempre lieta e contagiava anche gli altri; eppure i motivi di sofferenza non mancavano per chi passava gran parte del suo tempo fra i dolori e le miseria di una povera umanità. Vi era in lei la serena letizia di chi sa di poter contare sull’amore di Dio che è sempre Padre.

Perché a Lui aveva consacrato la sua libertà, tutte le sue scelte, ogni forma di donazione, per Lui aveva rinunciato ad ogni bene terreno. Voleva essere il chicco di grano posto sotto terra per morire e poi portare frutto, come scrive in una sua lettera. Voleva essere un messaggio di bontà per ogni persona che incontrava, un segno dell’amore di Dio che predilige chi dona gioia (2 Cor. 9,7).

La testimonianza di suor Giovanna a San Donà fu breve, di soli quattro anni, ma la sua morte fu un lutto per la città intera: al suo funerale parteciparono migliaia di persone, una lunghissima processione accompagnò la salma da Casa Saretta al Duomo.

Le preghiere e i canti della celebrazione eucaristica in Duomo invitavano alla gioia della speranza, ma molti piansero, anche se tutte le campane hanno suonato a festa.

Suor Giovanna fu un segno speciale della presenza del regno di Dio tra noi, uno dei tanti con i quali Dio nel suo amore di Padre ha accompagnato la vita e la storia della comunità sandonatese (cfr. don Bruno Gumiero in F.P. 24 settembre 2006).