14 Febbraio 2025

Duomo di San Donà

S. Maria delle Grazie – Diocesi di Treviso

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Collaborazione

L’intervento di don Mario Salviato all’Assemblea dei Consigli pastorali.

Collaborazione PastoraleMartedì 21 ottobre 2014  alle ore 20.30 presso l’Oratorio don Bosco si sono incontrati in Assemblea i consigli pastorali della futura Collaborazione Pastorale di San Donà di Piave. Era presente don Mario Salviato, vicario per la pastorale.

Pubblichiamo il suo intervento:

 

PREMESSA

Nell’incontro di stasera mi è stato chiesto di riportare l’attenzione sull’obiettivo verso il quale tutte le parrocchie della diocesi sono invitate ad incamminarsi, quella della Co.Pas., che nel vostro caso riguarderà le 5 parrocchie di S. Donà (con l’eccezione di Passarella e Chiesanuova, già coinvolte nella Co.Pas. di Musile, una delle prime istituite in diocesi). Si tratta di una Co.Pas. cittadina, visto il significativo numero di abitanti e il loro riferimento cittadino. Già mons. Bonomo si era incontrato con i sacerdoti e, nell’aprile 2013 con i CPP e i CPAE per sostenere e motivare il cammino verso la collaborazione. Qualche CPP ha pure ascoltato testimonianze di collaborazioni già avviate. A tutt’oggi sono 24 le Collaborazioni ufficialmente istituite (riguardano 118 parrocchie) sulle 50 previste.

LA COLLABORAZIONE PASTORALE

 

Ma andiamo alla domanda di fondo: perché la CoPas? Non si tratta semplicemente di ottimizzare la presenza dei sacerdoti nella diocesi, in virtù del loro evidente calo di numero. Una ottimizzazione che preveda di mantenere comunque il loro servizio e la vita delle parrocchie a livello del “si è sempre fatto così” (si tratta però di una pastorale di “contenimento delle perdite”, come si esprimeva un sacerdote nei giorni scorsi). L’obiettivo, invece, è quello di dar vita a comunità cristiane che, in una progettazione pastorale condivisa e nella reciproca collaborazione, sappiano rispondere alle sfide che la Chiesa di oggi è chiamata ad affrontare. Leggiamo infatti negli ON per le CoPas p. 15:

“I mutamenti demografici e le veloci trasformazioni culturali, sociali e di costume richiedono un rinnovamento di tutte le presenze ecclesiali. Insieme si potrà individuare ciò che può rendere le comunità cristiane vitali anche nelle nuove e differenti condizioni”.

Che sia avvenuto un mutamento radicale in questi ultimi anni non ci vuol molto a capirlo; il rischio è che si continui “come sempre si è fatto” come comunità cristiane, non volendo renderci conto che ci troviamo in un contesto dove la fede sembra subire parecchi contraccolpi e riserve. Ci ricorda il Vescovo: “Oggi la fede e a partecipazione alla vita ecclesiale non sorgono più spontaneamente né sono favorite e sostenute – come avveniva un tempo – dal contesto sociale e culturale”.

COLLABORAZIONE E MISSIONE

Ciò richiede una ben più viva “azione missionaria” verso quanti abitano tra noi, nel nostro territorio, accanto alle nostre case, anche dentro le nostre stesse famiglie, azione che ha necessità pure di una comunione maggiormente vissuta. Sono due realtà che hanno bisogno l’una dell’altra. Non c’è missione senza comunione (altrimenti è missione non credibile, perché il Vangelo ha bisogno della comunione per mostrare la sua credibilità); ma non c’è comunione senza missione: la Chiesa è per la missione, non semplicemente per chiudersi a riccio nel suo interno, divenendo una sorta di circolo per eletti. Dio ha mandato il Figlio suo per ristabilire la comunione con l’umanità, e il dono dello Spirito Santo è dono per la comunione. La stessa “preghiera sacerdotale di Gesù del cap. 17di Giovanni è preghiera per l’unità, la comunione e la missione: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato(17,20-21). Come poi non richiamare quanto la forza della predicazione della prima Chiesa, così come leggiamo negli Atti e nelle lettere di Paolo, fosse accompagnata dalla credibilità di una comunità fraterna, che viveva la comunione. La Collaborazione è a servizio di questa comunione e un segno importante.

FINE DELLA PARROCCHIA AUTOSUFFICIENTE

Ora comunione e missione sono chiamate a viverle queste vostre 5 parrocchie.  Qualcuno potrebbe dire: ma noi cerchiamo già di viverla dentro la nostra parrocchia la comunione! Abbiamo i nostri gruppi, le iniziative, le associazioni. Vero: la Collaborazione non intende affatto distruggere tutto questo, impoverire le comunità parrocchiali, ma aiutare questa missione e comunione proprio nell’aprirsi alle altre parrocchie (già questo è un primo passo missionario!), senza che ci sia da parte di qualcuna l’idea che “stare tra noi può bastare”, “non abbiamo bisogno degli altri”. Urge, invece, una pastorale d’insieme che riguardi non solo le piccole parrocchie ma anche quelle più grandi, «tutt’altro che esenti dal rischio del ripiegamento su se stesse. Tutte devono acquisire la consapevolezza che è finito il tempo della parrocchia autosufficiente» (n. 11 della Nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia). Probabilmente il calo di numero dei sacerdoti diventa il modo con cui lo Spirito Santo si serve oggi (visto che non siamo così facili e disposti a capirlo!) per dirci che dobbiamo imboccare una strada nuova. Non perché quella di prima non andasse bene; è che oggi mostra tanti limiti all’opera di evangelizzazione e missionaria che la realtà umana e culturale del nostro tempo richiede.

Non ci deve meravigliare questo, perché potrà diventare occasione per far emergere risorse, doni , carismi, servizi, progetti… che finora sono stati poco o affatto considerati. E’ successo così anche altre volte per le nostre comunità, dove l’emergenza ha portato non a perdite, a sconfitte, a fallimenti, ma anche a novità e a valorizzare doni che pensavano di non avere. Penso a quando nelle nostre Scuole Materne o nelle nostre parrocchie non ci sono più state le comunità di suore di un tempo. Una perdita? Sono apparse figure straordinarie di catechistee catechisti laici, ai quali le nostre parrocchie devono molto; comitati dei genitori, diverse forme di volontariato, compiti di responsabilità che fino ad allora erano stati ad appannaggio delle religiose o dei due-tre cappellani che anche parrocchie numericamente poco consistenti potevano avere.

LE COPAS: NUOVE OPPORTUNITA’

Oggi la scelta della Collaborazione pastorale, cammino avviato in tutta la diocesi e non semplicemente lasciato alla discrezione di qualcuno, sul quale tutti siamo chiamati a convergere, dove “Le Collaborazioni pastorali sono una forma stabile di collaborazione tra parrocchie, chiamate a vivere un cammino condiviso e coordinato di comunione, attraverso la realizzazione di un preciso progetto pastorale” (ON per le CoPas) Questi obiettivi vanno riconosciuti e accolti da tutte le comunità che formano la Chiesa diocesana. Si tratta certamente di un cammino che richiede pazienza, ma con essa pure della determinazione. Il principio che deve guidare è certamente quello della gradualità, accettando con realismo che la Collaborazione non si attui dall’oggi al domani; è un modello diverso che subentra ad uno che ha 500 anni di storia.

Certamente ci sono dei problemi, degli interrogativi che si aprono… e le 24 Co.Pas. già istituite li stanno manifestando, ma pazienza e determinazione. Per questo l’ON, scritto quasi a tavolino nel 2010, tra pochi mesi verrà ripreso per essere riscritto, adesso però con l’esperienza che è venuta maturandosi, ma anche con la convinzione, sempre più chiara delle grandi opportunità che questa scelta sta mostrando.

Negli ON 1 si legge
“ Grazie alle Collaborazioni Pastorali, le comunità parrocchiali, in un dono reciproco, potranno mettere in comune la ricchezza di persone, tradizioni, spiritualità e strutture di cui dispongono. Nelle Collaborazioni Pastorali le singole parrocchie troveranno nuova linfa per esprimere la propria vitalità spirituale ed energie nuove per attuare l’azione pastorale”.

Ai primi di ottobre, nella Visita Pastorale alla Co.Pas. di Trevignano, mi ha colpito come alcune opportunità siano state messe ben in evidenza, pur riconoscendo che si è soltanto ai primi passi. Ne accenno alcune:

1.L’arricchimento che ne viene ad ogni singola parrocchia nel cammino assieme alle altre (come si esprimono gli ON);

2.Il positivo cammino comune soprattutto nell’ambito della formazione (dei catechisti, degli adulti, dei gruppi giovanili);

3.La valorizzazione del laicato: “I laici sono stati più coinvolti e responsabilizzati da quando le parrocchie camminano più a stretto contatto tar di loro”;

4.  Il dialogo comune con la realtà civile e sociale, per azioni condivise e servizi coordinati;

5.  (addirittura!) il coordinamento e l’amministrazione delle scuole dell’infanzia parrocchiali.

Certo, già alcune proposte si sono fatte in questi anni assieme tra alcune delle vostre 5 parrocchie, in ambito di pastorale giovanile, l’équipe della Caritas cittadina, l’avvio di percorsi comuni di catechesi con inizio di una comune programmazione fra catechiste della stessa classe e uguali età per i sacramenti dei ragazzi, alcuni momenti liturgici condivisi…  Altre inziative sono programmate per quest’anno. Quindi non si è all’anno zero, soltanto si tratta ora di andare più decisamente verso la vera e propria istituzione.

Perché la Co.Pas. non è semplicemente una questione organizzativa, fare in modo che tutto funzioni al meglio, tutto proceda pur in presenza di un calo numerico dei sacerdoti, ma di “pensare e progettare insieme, per poi assieme procedere”, nella corresponsabilità, nella valorizzazione dei doni presenti in ogni parrocchia perché diventino doni per tutti, nel mettere a fuoco assieme ciò che è essenziale alla missione delle comunità richiesta oggi in questo territorio.

Diciamocelo: è assumere un modo nuovo di Chiesa, un cambio di mentalità, superando alcuni pregiudizi e campanilismi, passare – così mi pare di dover dire – dalla parrocchia alla Chiesa, al sentirci non solo membri di una parrocchia ma della Chiesa, pur salvaguardando l’identità delle singole parrocchie. Su questo, ritornando alla Visita Pastorale di Trevignano mi colpiva l’osservazione: “nel costruire la Collaborazione stiamo capendo che collaborare significa individuare insieme linee pastorali comuni accettando di essere a volte diversi nelle concretizzazioni”. Non si tratta di dar vita, dunque, ad una super-parrocchia, ma ad una comunione che valorizzi ciascuno, finalizzata al servizio della fede e della missione oggi.

LE RISERVE DA AFFRONTARE

So bene che molte persone avranno da ridire su questa scelta, soprattutto quando ci saranno scelte da compiere che modificheranno ciò sempre si è fatto. Soprattutto coloro che non sono così vicini alla vita delle parrocchie talvolta pretendono rimangano come sempre e quelle di sempre (emblematico il “come mai hanno cambiato l’orario della messa. Qui la si è sempre fatta a quest’ora! – Ma tu ci vai a messa? – Io no, ma voglio ci sia!”). E’ bene avvertirci che ci vorrà del tempo per far entrare non solo la parola Collaborazione, ma l’esperienza della Collaborazione. E’ un prezzo da pagare, che domanda però l’impegno di tutti voi, collaboratori parrocchiali!

Poi potranno nascere gelosie (perché lì e non qui!), sospetti, contrapposizioni. Sarà necessario superare complessi di superiorità (o inferiorità!), voglia di autonomia perché “da soli facevamo meglio e più numerosi”… tutti atteggiamenti che remano contro la Collaborazione e la comunione, tanto lontani dall’idea di Chiesa come ci chiede il Signore, ma che purtroppo si sono nel tempo tanto cristallizzati. I passi li dobbiamo fare tutti, nessuno escluso, ogni parrocchia verso le altre.

Segnalo, infine, un tranello su cui non dobbiamo cadere: ritenere che questo sia soltanto un problema dei preti, mentre coinvolge anche i laici e il cammino della Collaborazione sarà possibile proprio grazie al fattivo e responsabile apporto dei laici, convinti che dobbiamo uscire da una certa forma di clericalismo delle nostre comunità dove il prete deve essere su tutto e il promotore di tutti, pure in difesa della Collaborazione! Non lasciamo solo i sacerdoti in questo cammino!. Scrive il Vescovo: “Penso a cristiani che assumano seriamente nella comunità la loro responsabilità di battezzati, aiutando a superare un certo clericalismo sempre in agguato. Proprio in quest’ultimo aspetto assume un ruolo importante la Collaborazione pastorale, perché essa presuppone un pieno coinvolgimento dei laici fin dalle prime fasi del progetto”.

Il CONSIGLIO COPAS

C’è bisogno di un “mi ci metto” da parte di ciascuno di voi, qui presenti! Momento qualificante della Collaborazione sarà l’istituzione del Consiglio di CoPas (qui c’è già un’équipe della Co.Pas che ha iniziato a lavorare nel giugno 2012, composta dai parroci e vicari, due laici per parrocchia, il direttore dell’Oratorio e un rappresentante delle religiose), presieduto da un sacerdote con il compito di coordinatore, il cui compito sarà quello di:

– leggere l’attuale situazione delle parrocchie,
-verificare quanto si sta facendo,
-promuovere opportune iniziative pastorali, avendo primariamente a cuore ciò che è utile al cammino di fede dei cristiani e alla missione verso tutti
-il coinvolgimento nelle scelte dei CPP, che devono permanere, pur magari ridimensionando il ritmo dei loro incontri, e il raccordo con essi

Si è dunque in pieno cantiere, per giungere in tempi ragionevoli, non biblici, alla vera e propria istituzione della Collaborazione di San Donà (magari, come chiedeva il vescovo ad una cena dei vostri sacerdoti, in coincidenza con la visita pastorale prevista nella primavera 2016 . Per la quale invito pure a pregare, perché non sia solo opera umana ma che nasce per l’aiuto del Signore e l’apporto del suo Spirito, Spirito di comunione e di missione, Spirito che è l’anima della Chiesa e la chiama ad essere fedele al suo compito in risposta all’oggi del nostro tempo.