San Donà di Piave, 11 aprile 2025
1. Un Giubileo dedicato alla virtù della speranza
Tutta la Chiesa è in cammino lungo l’anno santo giubilare e si stanno moltiplicando sia nelle basiliche romane che nelle chiese, indicate dai vescovi come “giubilari”, iniziative spirituali (in particolare i pellegrinaggi) per celebrare l’anno santo.
È importante che non perdiamo di vista tema che Papa Francesco ha scelto per questo Giubileo: la virtù della speranza.
Quando ho letto il tema che il Papa aveva scelto per l’anno giubilare ho subito pensato che era stato illuminato dallo Spirito Santo perché aveva percepito che viviamo in un tempo in cui si avverte il bisogno di respirare aria di speranza.
Lo scrive lui stesso “incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pes- simismo, come se nulla potesse offrire loro felicità” (n. 1). E ha un pensiero particolare per i giovani: “Ma è triste vedere giovani privi di speranza; d’altronde il futuro è incerto e impermeabile ai sogni” (n.12).
Qualcuno potrebbe accusare il Papa di avere uno sguardo troppo negativo sulla nostra società perché l’espres- sione che usa è effettivamente pesante: “guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo… impermeabile ai sogni”. Invece è solo realista.
Serpeggia nel profondo dell’animo di molte persone un sentimento di disincanto e di scetticismo verso il futuro. I grandi ideali e le grandi speranza sono come soffocati perché sembrano illusioni che saranno smentite dalla realtà.
Nasce, così, la tentazione di tornare alla filosofia di vita espressa dal poeta romano Orazio nell’espressione: “Carpe diem quam minimum credula postero”, “afferra quello che ti può dare questo giorno confidando il meno possibile nel domani”; tanto quando arriva la morte tutto sarà finito nel nulla.
Pero, questo modo di vivere non può soddisfare la sete di avere una grande speranza che rimane, magari un po’ soffocata, nel profondo dell’animo di ogni uomo. C’è bisogno, però, di testimoni convincenti che mostrino che esiste una speranza che “non illude e non delude” come ricorda sempre il Papa nel titolo della sua Bolla di indizione dell’anno giubilare: “Spes non confundit” (la speranza non delude).
2. La missione dei cristiani: essere testimoni della speranza che non delude
Abbiamo ascoltato della Prima Lettera di San Pietro un brano dove l’apostolo presenta ai primi cristiani quale debba essere la loro missione tra gli uomini: “Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”.
Dalle parole dell’apostolo si capisce che quei primi cristiani attiravano l’interesse delle persone in mezzo alle quali vivevano per la speranza che manifestavano dopo essersi convertiti a Gesù e aver ricevuto il battesimo. Mentre i pagani erano intristiti dagli affanni di una vita sempre incerta ed esposta a tante sorprese negative, chi era diventato cristiano faceva trasparire una serenità e una forza d’animo sorprendenti anche quando la loro esistenza era colpita da prove molto pesanti, che arrivavano fino alla persecuzione. Nella società del tempo erano diventati testimoni di una nuova e incrollabile speranza.
C’erano così persone che, sorprese da tale speranza e si rivolgevano ai cristiani per sapere da quale sorgente venisse, dove l’avessero trovata. Quello era il momento per “renderne ragione”. Per diventare testimoni della speranza che non delude.
3. I più convincenti testimoni della speranza
Nella Chiesa di ogni epoca, i più convincenti testimoni- della speranza cristiana sono stati i martiri (che signi- fica testimoni). Sono stati quei cristiani coloro che hanno preso sul serio l’invito di Gesù: Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 10,39.
Hanno mostrato in concreto di essere sostenuti da una speranza così forte da poter rinunciare anche alla vita che è l’estremo tesoro che l’uomo istintivamente cerca di difendere.
Accenniamo, appena, ai due principali modello che la Chiesa ha proclamato santi.
◆ I martiri della fede
Scrive il Papa: “La testimonianza più convincente di tale speranza ci viene offerta dai martiri che, saldi nella fede in Cristo risorto, hanno saputo rinunciare alla vita stessa di quaggiù pur di non tradire il loro Signore” (n. 20).
Essi hanno continuato la missione di Gesù di far risplendere tra le tenebre del male e della morte la Luce dell’Amore di Dio che Gesù aveva acceso. Hanno rinunciato anche alla difesa della loro vita fisica per restare fedeli a Colui che è la Luce, sostenuti dalla speranza che la Luce avrebbe vinto su qualunque tenebra di male. Si sono sentiti chiamati a partecipare alla vittoria della Luce sulle tenebre che era iniziata con la risurrezione di Gesù. Questa vittoria sarebbe continuata con il sacrificio anche della loro vita fisica per restare fedeli alla fede in Lui.
◆ I martiri della carità
Oltre ai martiri per la fede ci sono stati e ci sono i cristiani che possiamo chiamare “martiri della carità” perché si sono ugualmente consumati nel dono eroico di se stessi ai fratelli, a volte anche a prezzo della vita.
L’elenco sarebbe interminabile e tra di essi ce ne è certamente qualcuno che abbiamo anche conosciuto di persona; qualche santo della carità che possiamo definire “della porta accanto”, secondo una felice espressione di Papa Francesco. Spesso il loro amore straordinario è stato vissuto in silenzio e nella fedeltà quotidiana ed era sostenuto dalla speranza in Gesù Cristo e nella sua vita eterna.
Probabilmente per noi non si sarà posto tra i martiri della fede. Possiamo, invece, trovare posto tra i martiri della carità perché ogni cristiano può donare con grande fedeltà la sua vita nella sua vocazione concreta e in modo sempre più totale.
4. La sorgente della speranza cristiana
Ci poniamo la domanda fondamentale: da quale sorgente tutti i martiri-testimoni che abbiamo ricordato at- tingevano la loro speranza? La risposta è unica per tutti e l’abbiamo ascoltata nel brano della prima lettera ai Corinti. Sottolineo i due passaggi principali
◆ Il grande annuncio che San Paolo portava era: “Gesù Cristo morì per i nostri peccati, fu sepolto ed è risorto il terzo giorno secondo le Scritture. E apparve a Cefa e ai dodici”.
Queste poche parole contengono il cuore del vangelo, della “bella notizia” che hanno predicato gli apostoli e i loro successori. In altre parole, San Paolo annuncia che Gesù ha aperto la porta di una speranza che era inim- maginabile per noi uomini. Animato da un Amore infinitamente misericordioso, che custodiva dentro di sé e condivideva con il Padre che lo aveva inviato tra gli uomini, liberamente accettò sul suo corpo e nel cuore tutte le ferite inferte da tutti i peccati di tutti gli uomini, anche dai i nostri. Satana, il tentatore che trascina noi uomini al peccato, aveva il perverso intento di spegnere quell’Amore per sempre torturando il corpo di Gesù fino alla morte. Ma il suo Amore fu più potente di tutti peccati e di satana e vinse la morte risorgendo con il suo corpo.
All’incredulo Tommaso Gesù risorto fece toccare le ferite dei chiodi e del suo Cuore trafitto. E Tommaso reagì cadendo in ginocchio in adorazione e proclamando la sua fede in Gesù; “Mio Signore e mio Dio (Gv 20,24-29). Aveva capito che gli era venuto incontro, tornato dai morti, proprio il suo Gesù con il suo vero corpo che portava le ferite mortali subite nella crocifissione. Quelle ferite sprigionavano ora la luce di una nuova e speranza, umanamente impensabile. Gesù risorto con il suo corpo crocifisso aveva inaugurato una nuova vita dove non c’era più peccato e morte ma il trionfo dell’Amore.
◆ Nella seconda metà del brano, San Paolo da risposta ad un’altra fondamentale domanda: “la risurrezione di Gesù riguarda solo lui o interessa anche coloro che hanno creduto in lui e in lui sono stati battezzati?
I cristiani di Corinto accettavano che Gesù fosse risorto ma non riuscivano a sperare che anche i loro morti, che si consumavano sotto terra fino a tornare polvere, sarebbero risorti con il loro corpo con Gesù e come lui.
L’apostolo fa un’affermazione molto forte: se i morti non risorgono neppure Cristo è risorto e ogni nostra speranza continuerebbe ad essere spenta inesorabilmente dalla morte lasciando impunite tutte le ingiustizie e le sofferenze fatte o subite.
La fede cristiana invece annuncia che Gesù ha vinto il male e la morte non solo per se stesso ma anche per coloro che credono in lui. Egli con il battesimo li ha uniti a sé con un legame tale che neppure la morte può rompere. Li ha fatti membra del suo Corpo e Lui è risorto da morte con tutto il suo Corpo, Capo e membra. Li rende partecipi alla vita nuova ed eterna che ha inaugurato il giorno di Pasqua perché sono sue membra.
I martiri e i santi della carità hanno donando tutti se stessi come Gesù sostenuti dalla speranza che, dopo aver seguito le orme del loro Signore, dove è Lui sarebbero stati anche loro per l’eternità anche con il loro corpo trasfigurato dall’amore.
Dedicando questo anno giubilare alla virtù della speranza il Papa ci invita a soffermarci per rinnovare in noi questa speranza che è l’unica che “non illude e non delude”. La settimana santa e, in particolare il triduo pa- squale, tornano ogni anno come occasione per contemplare Gesù crocifisso e risorto e rinnovare la nostra spe- ranza per esserne testimoni nella nostra vita.
+ A. Bruno Mazzocato
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