A 50 anni dalla costituzione liturgica “Sacrosanctum Concilium”
Il 4 dicembre, si è celebrato il 50° anniversario della promulgazione della costituzione sulla liturgia “Sacrosanctum Concilium”. Ha dettato i principi generali e i criteri orientativi e operativi della grande riforma liturgica seguita al Concilio.
Il vero nodo della questione liturgica emerge principalmente nel primo capitolo: il rapporto tra il rito – che si svolge con parole e gesti umani – e l’avvenimento storico di cui il rito fa memoria (= rende presente). Il legame vitale che esiste tra l’avvenimento storico originario e il rito che permette di entrare in contatto con quell’avvenimento, prende il nome di “celebrazione”.
“La liturgia infatti, mediante la quale, specialmente nel divino sacrificio dell’eucaristia, «si attua l’opera della nostra redenzione», contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa.”
Guarda caso, è proprio l’elenco dei temi delle quattro costituzioni Conciliari: la liturgia (S.C.), la Chiesa (Lumen Gentium), la Rivelazione del mistero di Cristo (Dei Verbum), il rapporto della Chiesa con il mondo (Gaudium et spes).
Il vero cuore pulsante di S.C., però, è il Primo Capitolo: raccoglie i Principi Generali per la riforma della liturgia. Da qui, come da uno scrigno, proviamo a tirare fuori i tesori più preziosi della costituzione.
Secondo Tesoro: questo avviene perché Cristo è presente nella celebrazione liturgica. I segni esteriori del rito, quindi, non rappresentano realtà e significati “come se” quella realtà fosse lì presente, ma sono realmente “pieni della realtà che significano”, sono cioè mediazione trasparente (“simbolica”) del mistero di Cristo e della Chiesa.
Terzo Tesoro: la liturgia viene compresa in relazione al resto della vita cristiana. Quindi sia l’apostolato, sia la formazione e la spiritualità dei fedeli trovano nella liturgia la loro sorgente primaria, e ogni altra espressione di spiritualità (devozioni e pietà popolare) sono sempre da tenere in relazione con l’azione liturgica.
Quarto Tesoro: la partecipazione attiva alle celebrazioni è richiesta dalla natura stessa della liturgia (quindi non dalla sensibilità o mania di quel parroco o direttore di coro, ecc..) e «alla quale il popolo cristiano… ha diritto e dovere in forza del battesimo»! Come dire che “partecipare” è questione di DNA, non di buona volontà. Non c’è altro modo di vivere la liturgia se non partecipando, cioè prendendo parte alla vita divina e all’opera della salvezza che viene realizzata.
Quinto Tesoro: ri-forma e form-azione hanno lo stesso riferimento al concetto di “forma”. Il Concilio ribadisce con insistenza che lo scopo della vita cristiana è lasciarsi tras-formare in Cristo stesso, principio, senso e fine dell’esistenza. Per farlo indica anzitutto la partecipazione liturgica come percorso educativo e di graduale con-formazione a Cristo, in vista di quel “culto spirituale” (Rom 12,1) che consiste nell’offerta della propria vita per amore, compimento supremo della liturgia.
COME “FAR FRUTTARE” questi tesori?
Con questi primi due passi sarà possibile cominciare a camminare insieme, perché si condivide la meta e la stessa strumentazione di orientamento. Su questo terreno le sensibilità diverse diventano un arricchimento armonico e smettono di essere un motivo di competizione. Ne deriverà così la possibilità di curare meglio la programmazione e la “regia” delle celebrazioni, che non avrà bisogno di troppe didascalie o dei “si è sempre fatto così”. Sarà invece un’esperienza vivace di “adattamento” liturgico alla storia e al vissuto della propria comunità.